Le fragilità dell’identità digitale
Le notizie sull’identità digitale in cronaca sono spesso negative e per metterci in guarda dal furto delle informazioni. Anche a livello psicologico i primi studi sull’identità in rete hanno messo in luce svariati problemi. Oggi, psicologi in tutta Italia propongono una visione positiva che sottolinea la capacità di creare un’identità (digitale e non) stabili nel tempo e tra le molteplici situazioni
Parlando di identità digitale si può fare riferimento a due concetti importanti. Da un lato c’è l’identità creata dai dati personali che circolano in rete a insaputa o meno del ‘proprietario’, mentre dall’altro c’è la presentazione di se stessi su Internet e la capacità di comunicarsi in modo più o meno efficace. I problemi che il primo tipo di identità digitale può causare sono legati all’appropriazione di questi dati per rubare proprietà, soldi o la stessa identità. A livello psicologico, gli studiosi si sono interrogati e si interrogano tutt’ora sui possibili problemi che la creazione di vari profili online e il moltiplicarsi delle relazioni mediate possa causare all’individuo.
Identità digitale: i primi studi
La psicologia sociale che si è interessata alle relazioni sociali su Internet si è sempre dovuta interrogare, anche solo indirettamente, sugli effetti della navigazione sull’identità. Le prime teorie forti sull’argomento risalgono agli anni ’80 ed erano caratterizzati da una valutazione negativa: la Rete crea un ambiente socialmente povero e vuoto in cui mancano i normali riferimenti per poter interagire efficacemente. In particolare, questi autori sottolineavano la facilità con cui si potevano assumere false identità e ingannare gli interlocutori. A partire dagli anni ’90 in avanti questa visione mutò, passando dalla mitigazione degli aspetti negativi verso una visione decisamente più realistica che metteva al centro le capacità adattive dell’essere umano. Un nuovo medium comunicativo poneva delle sfide cui gli utenti nel tempo hanno risposte con delle nuove pratiche comunicative che ricreavano in rete un ambiente sociale con dei ruoli (ad es., webmaster), delle regole (ad es. le FAQ) e anche un linguaggio proprio (ad es. acronimi e ‘faccine’).
Identità digitale: il pericolo della frammentazione
Risolta la questione della ricchezza sociale della Rete e quindi la possibilità di presentare la propria identità al suo interno, un nuovo pericolo si è affacciato. Gli ambienti che un individuo frequenta online possono essere molteplici e molto diversi tra di loro. Spesso viene richiesta la registrazione e la creazione di un profilo che ovviamente, viene modellato a seconda del tipo di contesto e di interlocutori e che può essere più o meno specifico. L’allarme è stato lanciato proprio a causa di questi profili che, a detta di alcuni, avrebbero l’effetto di frammentare l’identità individuale causando la perdita dell’unità del Sé. Anche questa visione si è rivelata eccessivamente pessimistica, molti ricercatori in tutta Italia (Carlo Galimberti, Beatrice Ligorio, Alessandra Talamo) sottolineano la natura molteplice delle identità e la capacità dell’individuo di creare il senso di unicità e di stabilità nel tempo nonostante i tanti ruoli (e profili) che sia online, sia offline, ogni giorno indossa abilmente.
Fonte immagine: ** Inuko ARASHI **