101 motivi per cui le donne sono più intelligenti degli uomini: intervista a Federica Morrone
Le donne si distinguono dagli uomini per intuito, competenza, capacità di risolvere problemi: perché allora sono ancora discriminate professionalmente? Abbiamo intervistato Federica Morrone, autrice del libro "101 motivi per cui le donne sono più intelligenti degli uomini ma non sono al potere" per saperne di più
È in libreria, edito da Newton Compton, 101 motivi per cui le donne sono più intelligenti degli uomini ma non sono al potere, un libro che indaga i motivi per cui le donne, pur essendo più intuitive, sensibili e capaci di regionare fuori dagli schemi rispetto agli uomini, subiscono ancora discriminazioni e non riescono a raggiungere con facilità posizioni di potere. L'autrice, Federica Morrone, conduce Alleniamoci al piacere!, workshop al femminile mirato allo sviluppo di una relazione armonica con il proprio corpo. Insegna yoga e meditazione e organizza seminari di yoga e letteratura, e corsi nelle aziende per la gestione dello stress. L'abbiamo intervistata per saperne di più sulla condizione femminile.
Qual è secondo lei la condizione attuale della donna? Perché le donne sono più intelligenti degli uomini?
Molti pensano che la parità sia ormai pienamente raggiunta, non è così. Esistono ancora una lunga serie di discriminazioni e ancora troppi diritti vengono violati. Le forme di violenza sono diffuse più di quanto non si creda, soprattutto all’interno delle famiglie, per fortuna sta aumentando l’impegno della società civile e delle associazioni che operano per difendere le donne. Non c’è parità sociale, privata, economica, sanitaria, umana. Persino la ricerca scientifica ci discrimina, i farmaci vengono sperimentati soprattutto sugli uomini, e le donne per tutta una serie di ragioni – tra cui l’assetto ormonale – necessiterebbero di approfonditi studi di genere. Molte sono ancora costrette al momento dell’assunzione a firmare la tristemente nota “lettera di dimissioni in bianco”, la lettera viene tirata fuori dal datore di lavoro in caso di matrimonio o di maternità. Non sono casi isolati, è una prassi in uso in note aziende italiane.
Le donne possiedono una lunga serie di caratteristiche, anche genetiche, che dimostrano una potenzialità che ancora non ha avuto la possibilità di esprimersi appieno. Sono più intuitive, hanno una maggiore capacità di concentrazione e di attenzione ai particolari, hanno più memoria. Non solo il lato destro del loro cervello è più sviluppato (quindi viaggiano agilmente nel firmamento della creatività e della fantasia); ma il corpo calloso, vale a dire il fascio di fibre nervose che mette in comunicazione i due emisferi arricchendo lo sviluppo dei diversi settori, è più consistente e anche capace di contenere una percentuale di connessioni maggiori rispetto a quello degli uomini. Quindi i due emisferi comunicano meglio tra di loro e i processi mentali sono più veloci. Le donne sopportano meglio il dolore, sono più resistenti, più preparate ad affrontare le difficoltà e i cambiamenti fisiologici, sociali, biologici. Hanno un comportamento più conservativo e si adattano meglio. Sono più autonome, socievoli e solidali. Da bambine sviluppano prima la moralità, in generale sono più precoci. Sono pienamente in contatto con l’essenza della vita.
Nel libro cita questa frase di Gandhi: “Le donne costituiscono la metà migliore dell’umanità”. Perché secondo lei la società non se n’è ancora accorta?
La società cerca volutamente di ignorarlo. Un sistema basato sullo sfruttamento delle risorse economiche e ambientali, sulla guerra, sulla dominanza, è normale che non voglia lasciare spazio all’energia femminile naturalmente volta alla pace e alla tutela della vita. Le donne poi sono geneticamente meno competitive, spesso possiedono poca autostima e si sentono inadeguate, non è facile liberarsi di retaggi atavici, ma insieme potremmo farcela.
Quanto incide l’assenza di coesione femminile sulle problematiche relative all’affermazione della donna?
Troppo. Credo che non esista ancora una vera solidarietà femminile, spesso noi rischiamo di essere le prime nemiche di noi stesse, invece dovremmo imparare a fare squadra, in questo gli uomini sono dei maestri.
Da dove partire per ribaltare la marginalità del ruolo femminile nel mondo del lavoro?
Da leggi più eque, dall’affermarsi di una società meritocratica che non guarda a quale genere sessuale si appartiene, ma alle reali capacità delle persone. È un cambiamento necessario, ositivo, non sono soltanto le donne a desideralo ma anche molti uomini, quelli più evoluti che non si sentono minacciati, quelli consapevoli che il ruolo femminile nel mondo del lavoro è fondamentale.
Quanto è importante per una donna essere consapevole dei propri punti di forza? Che consiglio darebbe a chi vuole imparare a vivere con equilibrio il proprio percorso di crescita personale e i differenti ruoli di figlia-moglie-madre-lavoratrice?
La questione della consapevolezza dei propri punti di forza è centrale, da qui dobbiamo partire, se noi per prime non siamo in grado di darci valore non possiamo aspettarci nessun cambiamento. Impariamo a dirci ogni tanto che siamo brave, che ce la stiamo facendo, cerchiamo di non considerare gli uomini nemici, ma potenziali complici che ancora non sono del tutto coscienti delle grandi opportunità offerte dalla partnership. L’equilibrio presuppone l’armonia tra i ruoli, che quindi non dovrebbero essere in conflitto ma coesistere, non siamo fatte a compartimenti stagni; in un concerto non cerchiamo di distinguere i diversi strumenti, ci godiamo la completezza che sa regalarci la musica, così dobbiamo fare con noi stesse, ascoltandoci.