È l’ora dei compiti: intervista a Nadia Damilano Bo e Paola Menzolini
Fare i compiti è un dovere: come si può aiutare un bambino a svolgere questa attività con piacere? Come si può educare senza penalizzare le potenzialità creative, espressive e di svago? Arriva in libreria "È l’ora dei compiti", un libro ricco di consigli per genitori e insegnanti: abbiamo intervistato le autrici, Nadia Damilano Bo e Paola Menzolini, per saperne di più
È arrivato in libreria È l'ora dei compiti, un libro dedicato a consigli, pratiche, strategie e piccoli trucchi per per accompagnare il bambino verso la conquista di un metodo e dell'autonomia nel lavoro scolastico a casa. Le autrici - Nadia Damilano Bo, dottore di ricerca in Chimica e Fisica, e insegnante steineriana di materie scientifiche; Paola Menzolini, insegnante da dodici anni presso la scuola Steiner Waldorf - rivolgono un invito a riflettere su cosa può servire al bambino a vivere positivamente la scuola e le attività a essa connesse, lanciando una provocazione, ossia che anche i genitori devono "imparare" a fare i compiti, non quelli prescritti al figlio, ma quelli che il loro ruolo gli impone. Le abbiamo intervistate per saperne di più.
Nel libro "È l’ora dei compiti" si consiglia ai genitori di non far iniziare la scuola ai propri figli troppo precocemente, ovvero in linea generale non prima dei sei anni. Quali possono essere infatti le conseguenze di una iscrizione precoce per il bambino?
Il bambino prima dei sei anni difficilmente è pronto per un tipo di apprendimento formale che, in quanto tale, prevede un rapporto molto particolare tra insegnante e bambino. Essere maturi per la scuola significa saper ascoltare, stare fermi, riuscire a portare a termine una consegna, aspettare il proprio turno per parlare ovvero avere una percezione che va oltre i propri flussi di bisogni e di pensieri… E tutti gli insegnanti sanno bene che queste caratteristiche difficilmente sono presenti nei bambini anticipati. Questo comporta la nascita nel bambino di un sentimento di inadeguatezza rispetto alle richieste che il mondo gli porta incontro e la conseguente mancanza di autostima. Il bambino prima dei sei anni ha bisogno fondamentalmente di muoversi e giocare! Occorre inoltre ricordare che, se anticipato, probabilmente il bambino ormai diventato ragazzo si troverà immaturo o comunque non completamente pronto nel momento della scelta della scuola superiore o dell’università.
Fare i compiti, si sa, è un dovere che quasi mai si compie con piacere. Quali sono gli stratagemmi che insegnanti e genitori possono adottare affinché i bambini possano farli con responsabilità ma anche con maggiore entusiasmo e coinvolgimento?
Rendere “viventi” i concetti, le nozioni che spesso in modo troppo arido vengono portate incontro ai bambini è sicuramente il modo migliore per risvegliare entusiasmo e partecipazione. Ad esempio lo studio di una regione d’Italia può essere accompagnato dalla preparazione di una cena a base di ricette tipiche, o di una merenda da portare in classe per i compagni. Lo studio di un periodo storico può essere “riscaldato” dalla lettura della biografia di un personaggio particolarmente affascinante nel quale il bambino possa riconoscersi, nelle sue qualità o nelle sue difficoltà.
Oggi l’alimentazione dei bambini è spesso sregolata e senza controllo. Quanto un’alimentazione scorretta può influire sull’attenzione e la concentrazione dei ragazzi nelle attività scolastiche?
Moltissimo. L’eccesso di zucchero rende oltremodo difficile la concentrazione e porta i ragazzi ad oscillare tra stati di estrema agitazione e condizioni di calo di energia e depressione. Pasti troppo pesanti e difficili da assimilare annebbiano la coscienza e rendono difficile dedicarsi allo studio nelle prime ore del pomeriggio. Infine occorre tenere in considerazione l’effetto negativo degli additivi chimici: solo ora si cominciano ad avere a disposizione i dati relativi a ricerche scientifiche che permettono di associare i più svariati disturbi dell’attenzione all’assunzione di coloranti, conservanti e via dicendo.
Dopo una mattinata passata a scuola, quanto tempo il bambino dovrebbe passare a fare i compiti? È sempre richiesta la supervisione di un genitore o solo nel caso in cui si manifesti una difficoltà da parte del figlio?
Naturalmente dipende dalla classe che frequenta. Se non supervisionare, ritengo che sia sempre meglio che il genitore partecipi al lavoro scolastico del figlio. Questo nutre la relazione e il bambino si sente gratificato e riconosciuto nell’importanza del lavoro che sta svolgendo.
Spesso entrambi i genitori affidano, per problemi di tempo, l’intera istruzione dei figli al sistema scolastico, fidandosi completamente dei metodi adottati dagli insegnanti. La mancanza di dialogo e collaborazione tra docenti e genitori quanto influisce sulla crescita personale del bambino e sulla sua formazione?
La fiducia è sicuramente un ingrediente fondamentale ma occorre distinguere tra fidarsi e delegare. Il genitore dove fidarsi ma non può delegare in toto al sistema scolastico l’educazione del proprio figlio. La fiducia deve essere la base di una collaborazione in grado di dare al bambino il sentimento di potersi fidare del mondo degli adulti che lo circonda, di poter contare su di loro e prenderli come esempio per la sua vita futura.