Samurai Lab: intervista a Paolo G. Bianchi
La formazione aziendale si avvale di tecniche diverse per rafforzare il gruppo e promuovere coesione e lealtà. Paolo G. Bianchi, counselor esperto di consulenza manageriale, counseling motivazionale e relazionale e di formazione tradizionale ed esperienziale, dal 2005 propone Samurai Lab, dei corsi per prepararsi psicologicamente e fisicamente alle sfide del mondo del lavoro. L'abbiamo intervistato per saperne di più
Svestire i panni del classico impiegato in giacca e cravatta per tramutarsi, a un tratto, nel più combattivo dei samurai. È possibile con i corsi offerti dal counselor Paolo G. Bianchi, da vent’anni esperto in consulenza manageriale, counseling motivazionale e relazionale e di formazione tradizionale ed esperienziale. Dal 2005 propone il Samurai Lab, secondo la “filosofia” che “il codice dei samurai, la loro preparazione psicologica e fisica alla battaglia sono il punto di partenza e l’ambito di lavoro per perseguire risultati e obiettivi in un mondo sempre più agguerrito e competitivo”.
In che modo la filosofia dei samurai è d’aiuto al mondo aziendale? Quali, insomma, i principi da cui il Samurai Lab trae ispirazione.
C’è una frase che dico sempre quando inizio a fare Samurai Lab: fuori c’è un mercato, un mercato molto aggressivo. È una guerra, e la vince chi è più preparato. E chi più del samurai è preparato ad affrontare l’ignoto tutte le mattine? Il samurai si alzava, recitava mantra e preghiere, faceva meditazione, si lavava, vestiva e poi usciva a svolgere i suoi compiti. Spesso non rientrava. Questo per dire che bisogna essere particolarmente temprati per affrontare il mercato e, secondo me, le arti marziali in genere, in particolare la Via della Spada, aiutano ad acquisire maggior coraggio, tenacia e attenzione per far fronte alle problematiche della vita, per sé o per il proprio gruppo, nel posto in cui si vive o dove si lavora.
Cos’è la Via della Spada?
Quello che posso cominciare col dire è che c’è una diversità tra il kendo, corrispondente un po’ alla nostra scherma moderna, e il kenjutsu, più antico, la cosiddetta arte o Via della Spada. La Via della Spada era la via verso cui tutti i samurai erano comunque avviati. Nel senso che fin da ragazzi venivano preparati ad affrontare le proprie paure con la meditazione e le tecniche di addestramento. Tecniche di addestramento che però potevano differenziarsi tra quelle rivolte alla persona, come le tecniche di estrazione veloce denominate Jaido, e quelle in cui ci si allenava in gruppo. La Via della Spada, insomma, serviva ai samurai per creare lo stato di coraggio utile ad affrontare le sfide, oltre che a imparare a maneggiare la spada insieme agli altri. Poi ciascuno poteva differenziarsi dagli altri facendo ricorso, durante i combattimenti, all’utilizzo di diversificati strumenti: bastone, ventaglio, lotta con le mani, alabarda, ecc. Al Samurai Lab, ovviamente, i partecipanti non utilizzano spade vere ma spade d’allenamento di legno (bokken) che servono loro per imparare a muoversi insieme in maniera coordinata. Cosa che crea anche un effetto coreografico molto bello a vedersi.
Immaginate, infatti, un gruppo di 10-20 persone che a un unico ordine muovono tutti la spada allo stesso modo. Il risultato è chiaramente quello di creare lo spirito di gruppo: ciascuno vede quello che sta facendo, ma sempre insieme agli altri. E, secondo me, così com’è possibile orientarsi nell’utilizzo della spada in gruppo, altrettanto praticabile è riuscire a lavorare bene all’interno di un team sul posto di lavoro o in altri contesti. A questo proposito le cito un pezzo tratto dall’Hagakure, che dice all’incirca così: "La vita è come una spada, se tenuta sempre nel fodero arrugginisce, rendendone di fatto impossibile il suo utilizzo al momento del bisogno. Al contrario, portandola sempre all’esterno tutti ne avranno paura e nessuno si avvicinerà mai. Bisogna quindi sapere quando e come estrarla, e poi va saputa utilizzare molto bene".
Tramite questi esercizi, allora, anche persone che non si conoscono possono sentirsi più vicine, proprio per una sorta di empatia che l’allenamento riesce a stabilire tra i partecipanti…
Cominciamo col dire che di solito è difficile trovare persone che pratichino arti marziali e ancora più difficile trovarne che pratichino nello specifico kendo o kenjutsu. Pertanto quando si dà loro una spada di legno nessuno sa bene come tenerla. Questo rende praticamente tutti uguali all’interno del gruppo, sia che si tratti di gruppi misti, in cui cioè vi sia un capo con i suoi diretti collaboratori, sia che si tratti di gruppi più coesi, come accade per esempio nei dipendenti che svolgono tutti più o meno lo stesso lavoro. Il fatto di non conoscere l’utilizzo della spada, cioè, riporta tutti allo stesso livello, al di là dei singoli ruoli aziendali. Si parte da zero, insieme. E sono io che devo spiegare come si manovra la spada, quali le posizioni base da tenere e come coordinarsi con le braccia, le gambe, il respiro e l’urlo, che va fatto ogni qualvolta ci si prepara ad assestare un colpo.
Ma come si impara? Semplicemente guardando l’altro, oltre che guardando me che mi muovo. Si comincia con posizioni semplici fino ad arrivare a movimenti che si fanno via via sempre più ritmici e veloci, anche per creare quel genere di complessità che poi richiederà un maggiore impegno da parte dei partecipanti per la risoluzione del problema. Dal 2005, anno in cui ho cominciato a proporre al mondo aziendale Samurai Lab, ho sempre avuto richieste per gruppi monoaziendali, da persone cioè provenienti dalla stessa azienda, e che dovevano nella vita di tutti i giorni condividere e risolvere problemi. Ma Samurai Lab può essere proposto anche a gruppi multiaziendali con temi diversi quali il coraggio, la lealtà, l’aumento della concentrazione e il problem solving.
Ci può dire qual è uno dei maggiori benefici che il Samurai Lab riesce a trasmettere nei partecipanti?
Il risultato maggiore che ho notato è che le persone chiamate a lavorare su uno stesso progetto in azienda riescono, grazie proprio all’esperienza vissuta al Samurai Lab, a conoscersi meglio e ad affrontare anche una serie di ostacoli dovuti ad esempio alle antipatie personali, o altro genere di difficoltà relazionali che sicuramente non sono d’aiuto sul posto di lavoro. Del resto i samurai già lo facevano: quando erano chiamati per andare in battaglia, oppure si trovavano a dover risolvere questioni con altri gruppi, si presentavano tutti uniti tra di loro. C’è un detto giapponese che, secondo me, è molto calzante: le mani hanno dieci dita e ogni singolo dito ha una sua funzione, nella mano destra come nella mano sinistra. Lo stesso per i samurai: ciascuno ha la sua funzione, il suo ruolo, ma quando l’imperatore chiama, i samurai si uniscono in un unico corpo come farebbero le dita della mano che, all’improvviso, si chiudono in un pugno per sferrare il colpo.
Il movimento fisico può aiutare il partecipante ad acquisire maggiore scioltezza anche sul piano relazionale?
Gli esercizi fisici che propongo partono innanzitutto dalla respirazione, perché tutti senza saperlo respiriamo molto male. La respirazione è molto utile per mantenere sia la postura che la concentrazione, per essere cioè molto attenti alle cose che facciamo, anche sul lavoro. Il mio maestro di spada diceva sempre: ricordati che il samurai ha un colpo da tirare, e potrebbe non essercene un secondo. Pertanto bisogna essere sempre molto concentrati. Poi ci sono degli esercizi che, come dicevo prima, possono essere anche molto ritmici e ben articolati, ed è qui che spesso si vede chi è più impacciato degli altri. Emerge, insomma, il carattere delle persone ma, con un po’ di pazienza, si riesce sempre a riportare tutti allo stesso livello.
Questo è un aspetto molto importante perché, nel momento in cui si fa Samurai Lab, il maestro è chiamato a frenare l’allievo che vuole correre troppo e ad aiutare invece chi fa più fatica. Una regola, questa, che vale anche nel mondo delle arti marziali: quando l’allievo è troppo ansioso di imparare, il maestro lo frena perché “c’è un tempo per imparare ogni cosa” e, soprattutto, serve anche molta pratica prima di diventare molto sciolti nei movimenti. Io, per esempio, in tutti gli anni di pratica delle arti marziali non mi sono mai concentrato molto sulla velocità quanto sull’armonia, sull’eleganza del gesto che, magari, può anche essere più lento ma molto più coordinato e più bello da vedersi. Alla fine succede che in tanti arrivino persino a stupirsi della facilità con cui, a un certo punto, riescono a fare con una certa scioltezza cose che mai avrebbero pensato di fare. Come si trasferisce questo in un’impresa? Credo semplicemente vincendo la routine, le abitudini che purtroppo ci rendono schiavi di noi stessi tutti i giorni e ricercando invece, con una motivazione diversa, visioni che siano del tutto nuove rispetto al classico modo di pensare.
Dal punto di vista della crescita personale, quanto è utile frequentare il Samurai Lab?
Qualunque percorso io proponga in azienda è sempre un percorso di crescita personale, ancora prima che di tipo professionale. A me interessa innanzitutto l’uomo. Le mie grandi passioni sono sempre state l’antropologia, lo studio delle neuroscienze, le arti marziali e lo studio della regola benedettina. Per me l’uomo si colloca sempre al centro dei processi, qualunque essi siano e per qualunque cosa gli si proponga. Questo perché io posso insegnare a una persona anche le cose tecniche più difficili, ma se non ne avrò la piena partecipazione difficilmente riuscirò anche a ricavarne dei risultati durevoli: la persona, infatti, per un po’ farà ciò che le ho chiesto ma, se dentro di sé non avrà una reale motivazione per continuare, semplicemente smetterà di farlo.
Samurai Lab, così come un po’ tutti gli altri percorsi che propongo, serve soprattutto per permettere alle persone di confrontarsi con se stesse e per identificare quelli che sono i propri punti di forza e di debolezza. A partire da questi ultimi - sembrerà un paradosso - ci si muove in direzione di quel processo di miglioramento che inizia a smuoversi dall’interno dei partecipanti sempre più come una spinta naturale, continua ed autonoma, senza che si renda più necessario l’investimento insistito nel fattore motivazione. E questo anche in tempi di crisi, perché nel momento in cui la crisi finirà - perché prima o poi finirà - le persone saranno nuovamente pronte a fronteggiare con spirito rinnovato i problemi di ogni giorno. A questo si aggiunga che il Samurai Lab contribuisce a predisporre la persona al cambiamento, alle novità che possono verificarsi in azienda e, ancora, a trasmettere quel senso di dedizione e di sacrificio che l’esperienza del Samurai Lab comunque richiede.