Il filo di porpora di Vanessa Criconia, recensione

Il Filo di Porpora è il primo romanzo di Vanessa Criconia, una storia dove si intrecciano destini e vite di donne, ma anche di uomini, protagonisti inaspettati di quel grido che esige che l’amore sia salvaguardato dalla violenza.

Il filo di porpora di Vanessa Criconia, recensione

La violenza è un diverso modo di manifestare la paura… scrive Vanessa Criconia in questo suo primo romanzo Il filo di porpora” dove la scelta del colore può alludere al tempo stesso alla passione amorosa e al sangue…

E tale è il filo che a volte silenziosamente, altre volte più bruscamente lega le vite delle donne di questo romanzo, donne diverse per età, constesto sociale o stile di vita, ma tutte in qualche modo legate da una ferita che esige di essere sanata, per poter essere in grado di aprirsi all’amore e voltare le spalle a una vita condizionata dalla violenza.

La violenza imposta dalle percosse di un marito forse a sua volta segnato in passato allo stesso modo… La violenza fatta di silenzi, rinunce, anestesia emotiva… La violenza fatta di paura e rimpianti che possono colmare una vita non vissuta. Inaspettatamente, e in modi apparentemente minoritari, sono anche gli uomini a farsi protagonisti di questo romanzo che potremmo pensare rivolto anche a loro.

 

Il filo di porpora: di madre in figlia

Cristina lavora nella redazione di un giornale, decide di pubblicare un pezzo che raccolga le testimonianze delle donne che hanno subito violenza dai propri mariti, fidanzati, compagni. Inizia quindi a intervistarle e la prima è Sofia, un’amica a cui è molto legata e che cercherà in ogni modo di salvare dal matrimonio autodistruttivo in cui è prigioniera: ma nessuno può essere salvato contro la sua volontà, nessuno può essere cambiato se non trova in sé il motore del cambiamento.

Cristina è dipendente dalla sofferenza di Sofia, dalla volontà di salvarla. Ma non è Sofia che Cristina ha bisogno di salvare, quanto se stessa: attraverso la sofferenza e la vulnerabilità della sua amica, Cristina si confronta con le proprie parti vulnerabili e bisognose d’amore.

Quell’amore primario, assoluto, che una madre depressa e un padre anaffettivo non hanno potuto darle nella misura in cui lei ne avrebbe avuto bisogno… Cristina ha Beatrice, sua madre, a cui fare domande taciute da tutta una vita; Sofia ha una figlia, Noemi, lei domande non ha bisogno di farne, ma la sua presenza è già una risposta, scomoda, bruciante.

 

Leggi anche Mariti violenti >>

 

il filo di porpora: da uomo a donna

Il filo di porpora è un romanzo che parla anche di uomini. È un romanzo scritto da una donna, con una protagonista donna che a tratti si racconta in prima persona attraverso le pagine del suo diario. Eppure, gli occhi di questa caleidoscopica sequenza del femminile sanno catturare l’essenza di personaggi maschili finalmente variegati, diversi fra loro come indole, storia personale, capacità di amare e interloquire col femminile fuori (e dentro) di loro.

È questa la sfida che si troverà davanti Cristina: poter guardare al di là della sofferenza che si ripete lungo le generazioni, al di là della paura di un destino già segnato per scegliere finalmente sé stessa.

“Se non hai sentito le farfalle Cristina, non significa che tu non abbia mai amato (…) hai amato in molti modi diversi che forse messi assieme fanno un amore più grande di quello che si vede al cinema” (p. 81).

 

 

Leggi anche Il doppio legame tra violenza e potere >>