Maternità e carriera: l’ideale sono le super-donne?

È recente la notizia, che ha fatto decisamente scalpore, della decisione dei colossi di Facebook e Apple di finanziare alle loro dipendenti il congelamento dei propri ovuli per consentire loro di avere figli anche in tarda età senza rinunciarvi per la carriera. Maternità e carriera sono realmente due libere scelte per le donne?

Maternità e carriera: l’ideale sono le super-donne?

La notizia ha fatto il giro del web: le aziende di Facebook e Apple, che già vantano politiche di sostegno alla maternità delle proprie dipendenti, sembrano aver trovato un’idea che vorrebbe metter d’accordo tutti: sì perché se è vero che spesso le donne, per dedicarsi e investire nel lavoro e nella carriera, vedono posticipare a e volte sfumare la maternità, oggi la soluzione è offerta da questi due colossi della modernità “liquida”: le loro dipendenti devono dare la precedenza alla carriera?

Non c’è problema, verrà loro finanziata la procedura di congelamento degli ovuli in modo da consentire loro di avere figli anche in tarda età. Siete perplessi? Speriamo che lo siano anche le dipendenti in questione!

 

Maternità e carriera ai tempi di Wonder Woman

Negli ultimi anni tanto si è detto e tanto si è scritto su quella che potremmo sintetizzare come la sindrome di Wonder Woman, ovvero quel modello di super-donna che sembra ormai imporsi mediaticamente come unica e irrealistica icona di successo in “rosa” che forse di “rosa” e di umano ha ben poco.

È il modello perfezionistico e irrealistico a cui, probabilmente, molte donne implicitamente si sentono obbligate ad adeguarsi nel cercare di conciliare maternità e carriera.

Già, perché se le “quote rosa” vogliono pari diritti e stesse opportunità nel mondo del lavoro e negli avanzamenti di carriera, rispetto ai loro tradizionali ruoli di mogli e madri la società sembra non essere disposta a concedere loro alcuno sconto.

Se è vero che la suddivisione dei compiti domestici e genitoriali si è molto ridistribuita fra i membri della coppia è anche vero che la donna resta in qualche modo obbligata ad essere fedele allo svolgimento di questi ruoli mentre sul lavoro, se vuole opportunità di carriera, sembra chiamata a competere con gli uomini allo stesso modo degli uomini senza deroghe o compromessi dovuti alla maternità.

La proposta di Facebook e Apple inquieta: ringraziamo per le “buone intenzioni” che non ci permettiamo di mettere in dubbio ma, a conti fatti, non è così scontato che sia una proposta realmente a vantaggio delle donne.

 

"Donna" vuol dire sempre "mamma"?

 

 

La maternità del futuro: una scelta che non obbliga a scegliere?

Il corpo di una donna è biologicamente costituito per consentirle di abbracciare la scelta della maternità fino ad una determinata età della vita, età che la scienza sta procrastinando sempre di più in accordo sia con le esigenze della vita lavorativa, sia col fatto che l’età media di vita e la qualità della vita stessa si sta progressivamente allungando

Ecco che quindi, specie fra le star, non stupisce sentire di chi diventa mamma a cinquant’anni di una o due coppie di gemelli.

La maternità sembra configurarsi, almeno nelle prospettive aperte dalla medicina, sempre più una scelta che non obbliga a scegliere: la si può procrastinare sempre di più dovendo rinunciare sempre meno ad altre dimensioni come la carriera e il lavoro.

 

Confrontarsi col limite, fare scelte e dare un valore alle cose

Sul piano sociologico, un’incognita interessante da studiare e monitorare è senz’altro come questa maternità programmata e posticipata sempre più in là nel tempo potrebbe rivoluzionare i parametri socio antropologici della famiglia, della società e del mondo del lavoro e della carriera. Meglio o peggio? Chi può dirlo.

A voler guardare al tutto anche con categorie psicologiche, tuttavia, alcuni elementi di riflessione balzano agli occhi. Anzitutto il concetto del limite: il limite del corpo e delle proprie possibilità generative, il limite della natura umana e dell’esercizio della propria volontà decisionale rispetto ai cicli e alle leggi della Natura, il limite di un tempo finito – quello di una giornata, di un anno, di un decennio ma anche di un’intera vita per quanto lunga – che impone di fare delle scelte, di stabilire delle priorità sulla base del valore che si dà alle cose.

Scrive Jean Bolen nel suo celebre libro Le dee dentro la donna (Astrolabio, 1991), che il valore che diamo a qualcosa è determinato da ciò a cui siamo disposti a rinunciare per ottenerla.

In una prospettiva “futurista” – ma non così irrealistica – dove potremmo essere sempre meno costretti a fare delle scelte e a confrontarci col concetto del limite, che valore daremo alle cose, alle nostre scelte, a noi stessi e a noi stesse?

 

Atena e Demetra possono dialogare dentro la donna?

Per quanto si sia fatto molto per promuovere e tutelare parità di diritti e opportunità per le donne, viviamo tutt’ora in una società di stampo maschile.

Maschile non tanto, si badi bene, per la riproduzione di stereotipi sessisti appartenenti in larga parte ad un lontano passato, ma maschile in riferimento al modello di successo univoco imposto sia agli uomini che alle donne.

È unicamente l’individualismo, la competitività, la razionalità a discapito di altre qualità della psiche ad essere incentivato. La carriera e il profitto al di sopra di tutti quindi costringendo le donne a impersonare modelli maschili di carriera in un mondo che non investe nella maternità come valore aggiunto, ma si limita a considerarla solo un costo sociale ed economico.  

La scelta del congelamento degli ovuli lascia perplessi e piuttosto che fornire risposte apre interrogativi: sarà realmente una soluzione per permettere alle donne di vivere e integrare più pienamente diverse dimensioni del loro essere?

Oppure, per dirla con la Bolen, sarà un modo per privilegiare unicamente ancora una volta una dimensione della donna Atena, tutta lavoro, calcolo e carriera, relegando la capacità generative di Demetra agli ultimi anni della propria vita attiva e quindi all’ultimo posto?

La super-donna è davvero una donna più completa? O rischia di essere una donna appiattita su un’unica dimensione che subordina tutto quello che fa e come lo fa alla logica della produttività, dell’efficienza e della carriera?

E gli uomini, potremmo chiederci, che tipo di donne, mogli e colleghe avranno accanto?

 

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