La relazione intrauterina
Relazione intrauterina: esiste per davvero? Possiamo parlare di relazione intrauterina o questa è solo simbiosi, dipendenza e pseudo relazione? E quando comincia la relazione intrauterina? Dal Big Bang o prima dei tre mesi non c’è vita e, quindi, non c’è relazione? E la teoria dei campi energetici? Cosa c’entra con la relazione intrauterina? Proviamo a sviluppare questi elementi e proviamo a definire la relazione intrauterina
La relazione intrauterina: qualcuno la mette ancora in dubbio. E pure la storia comincia da lì. Ci avete mai pensato? XY incontra XX e voilà, danze spiraleggianti di eliche di DNA cominciano a volteggiare e a dare forma ad un nuovo essere che è già vita e già individuo. Parole grosse? Vita, individuo… mah! Nell'utero accade una magia meravigliosa che la donna accoglie e l'uomo permette: il miracolo della vita si compie e inizia davvero una storia, la storia della propria vita, del proprio essere ed esistere nel mondo. Fino a non molto tempo fa si diceva che la vita cominciava dal parto ed anche oggi, se osserviamo bene il mondo in cui viviamo, ci possiamo rendere conto che questa idea, intellettualmente superata, in realtà non lo è di fatto: pensate a quanta poca attenzione viene data al feto, considerato non vita fino al terzo mese, considerata quanta poca attenzione viene data alla relazione, al modo in cui un padre e una madre dovranno accogliere la vita che si sta formando. E che dire poi del parto e di come avviene la nascita. Ma non corriamo. Dicevamo: esiste una relazione intrauterina? E cosa significa relazione intrauterina? Relazione feto-madre? Relazione feto-utero? Simbiosi? Pseudo relazione? E il padre? Possiamo dire che esiste una relazione intrauterina con il padre?
La relazione intrauterina: definiamola
Tutti noi, oggi, possiamo immaginare un qualche tipo di relazione intrauterina, giusto? Ne abbiamo le prove. Sappiamo dagli studi sullo sviluppo dei sensi nel feto che il piccolo sa utilizzare tutti i sensi nella pancia della mamma, sappiamo tante belle cose su quanto lo stato emotivo, affettivo, ormonale della mamma può influenzare il feto, sappiamo, e vediamo dalle ecografie, che il piccolo si adatta ai movimenti della pancia e risponde a tutta una serie di stimoli. Bene. Ci basta tutto questo per dire che esiste una relazione intrauterina? No. Potrebbero essere semplici meccanismi di azioni e reazioni che il feto è in grado di compiere. La relazione, perché sia vera, presuppone l'esistenza di individui separati, non simbiotici, ognuno con il proprio campo energetico, in grado di comunicare tra loro. E la relazione, lo scambio, la relazione intrauterina, avviene tra il feto, comprensivo di cordone e placenta, e la madre, tra il feto e il padre, tra il feto e il mondo.
La relazione con questi campi incide così profondamente il campo del piccolo da generare tutta una serie di informazioni che, poi, contribuiranno alla formazione del carattere (si parla di carattere facendo riferimento alla teoria di Wilhelm Reich). Questo pensiero si ritrova alla base della teoria del funzionalismo energetico di Francesco Dragotto. Genovino Ferri, invece, preferisce definire la relazione intrauterina come una relazione tra il feto e l’oggetto parziale utero, in quanto è la qualità energetica dell’utero ad entrare in relazione con il feto e a definire i come della relazione. Ma quando comincia la relazione intrauterina?
La relazione intrauterina: quando comincia?
Big Bang, concepimento, luminazione, ognuno chiama la fecondazione come più gli appartiene. Francesco Dragotto, poeticamente così la descrive: "Attratto da un campo di irresistibile forza l'unico superstite risponde ad un messaggio senza tempo, la corsa tra le onde una tempesta. Il dolce risucchio asseconda il desiderio dell'incontro; al contatto, una esplosione illumina anni luce. E uno più uno non fa né l'uno né l'altro e soprattutto non fa due" (Partorire e nascere: una unità funzionale, Energia Carattere e Società N°2/83, Ed. Riza libri). Il momento in cui avviene l'incontro tra un ovulo e lo spermatozoo è il momento in cui comincia la relazione intrauterina tra quell’ovulo fecondato, non più ovulo, non più spermatozoo e non ancora embrione: il come della fecondazione, il come dell’annidamento, il calore dell’utero e la disponibilità di un padre e di una madre e il patrimonio energetico del padre, della madre e del piccolo, detteranno il come della relazione presente e della relazione futura. Il feto è capace di interagire con tutto il suo mondo dentro e con tutto il suo mondo fuori e il padre fa parte di entrambi.
La relazione intrauterina: non è simbiosi
Quando parliamo di relazione intrauterina, immediatamente l’accettiamo se inseriamo in essa il concetto di simbiosi, particolarmente quando parliamo di relazione con la madre pre e post natale. Ma perché dovrebbe esserci simbiosi? Perché si sente continuamente dire: fusione con il materno, simbiosi, indifferenziazione mamma-feto? Chiariamo: nella relazione intrauterina, così come nella relazione madre figlio, la simbiosi non è una tappa evolutiva ma una possibile conseguenza di una relazione priva di confini. E poi, perché dovrebbe esserci simbiosi in ambiente intrauterino, dato che la placenta è del bambino, il cordone è quell’appendice che collega il feto alla placenta, che con la madre non c’entra proprio nulla, e che ciò che mette in relazione la madre e il piccolo è il punto di annidamento con la placenta?
Se ci pensate bene, nella relazione intrauterina la natura ha fatto in modo che la donna sia in grado di ospitare senza simbiosi: lo scambio che avviene tra la mamma e il bimbo è funzionale ma non totale; nemmeno il sangue si scambiano e il bimbo non entra in contatto con il sangue della mamma se non al momento del parto e non perché improvvisamente decidano di vampirizzarsi a vicenda, ma a causa delle eventuali, e ripeto eventuali, lacerazioni. Dice Francesco Dragotto: “Non è già abbastanza chiedere ad una donna di farsi navicella spaziale e trasportare in sé una nuova vita?”. Se in ognuno di noi esiste una funzione paterna, ed esiste perché siamo tutti frutto di un XX e un XY, e se facciamo vivere in noi questa funzione e siamo in grado di attivarla, alla simbiosi non dovremmo proprio arrivarci con il pensiero. Certo, nella relazione intrauterina, ma anche nel fuori che lo attende, il piccolo è dipendente, perché il suo nutrimento, il calore di cui necessita per crescere, le cure e le attenzioni dipendono generalmente dalla madre e dal padre, ma dipendenza non è simbiosi. La relazione intrauterina è un incontro tra campi che può essere meraviglioso.
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