Dare aiuto ai familiari anziani

Assistere i propri cari ormai anziani presso il loro domicilio per un tempo imprevedibilmente lungo o breve è complesso, è fonte di sentimenti gratificanti e di fatica.
Stabilire relazioni positive con l'anziano è frutto di molti fattori, tra cui i rapporti tra i vari figli, e l'attenzione che chi assiste deve a se stesso per non ammalarsi a sua volta.

Dare aiuto ai familiari anziani

Dare aiuto ai propri anziani: come costruire relazioni efficaci e serene?

E’ sempre più frequente trovarsi nella situazione di dover/voler accudire i propri anziani, che si trovano gradualmente a non essere più completamente autosufficienti, ma che al contempo desiderano fortemente poter continuare a vivere a casa propria. Se l’allungamento del corso della vita ci dà la gioia di goderceli più a lungo, comporta talvolta la necessità di assisterli fisicamente e psicologicamente al loro domicilio per un tempo a volte prolungato.
Costruire relazioni efficaci nelle situazioni di cura e di accudimento dei propri anziani a domicilio non è semplice, giacché la partita si gioca su più piani e non solo nella relazione con l’anziano stesso.

Tre sono gli assi portanti, che emergono dalla nostra esperienza clinica e di ricerca:
1.    
Le relazioni con l’assistito a domicilio
2.    
Le relazioni tra le diverse persone che assistono
3.    
La relazione del caregiver con se stesso  

 

1. Relazioni con l’assistito a domicilio

A domicilio ci sono anziani molto diversi. C’è l’anziano normalmente sano ma solo, il malato cronico fisico, il depresso, l’anziano con iniziale deterioramento cognitivo. Ognuno di essi è un mondo in evoluzione, in involuzione. Non sono tanto la perdita di memoria, il deficit cognitivo, l'incontinenza e la scarsa igiene personale del paziente a determinare il maggiore onere di assistenza, quanto piuttosto i problemi comportamentali.
Elemento unificante da parte di chi assiste: L’ASCOLTO.
L’ascolto non è dialogo, discussione, conversazione, scambio di opinioni. E’ fare posto dentro di sé per l’accoglienza del mondo interiore dell'altro.
Alcuni esempi operativi. Non dimenticare mai che l’assistito è a casa propria, che la vive con possesso, ha le sue abitudini, esige rispetto dei suoi punti di vista sulle cose, anche se a chi assiste sembrano del tutto obsoleti.
Il rispetto delle proprie cose è vissuto come rispetto della sua vita, punto di vista, esperienza.
E' necessario entrare in punta di piedi, non “so io quello che ci vuole qui”,  bensì collocarsi dal suo punto di vista, anche se si è figli.
Essenziale per chi assiste è la consapevolezza di sé. Ci riferiamo alla consapevolezza dei propri limiti e risorse.

 

2. Relazioni tra chi assiste  

Relazioni tra famigliari.

Le figlie femmine sono quelle che più frequentemente assistono e curano; vi rimangono invischiate, sono vittime designate da parte dei fratelli, lo scelgono. In fondo la vita si è allungata, le tappe sono state ridisegnate e, a differenza delle generazioni precedenti, a sessant'anni non si è per nulla vecchie. I figli maschi aiutano se in precedenza avevano stabilito con la madre un rapporto importante.
Talvolta la stessa coppia coniugale viene messa in pericolo: può accadere che l’anziana madre tenti di dare una risposta al proprio problema della solitudine cercando di inserirsi nella famiglia della figlia. Si creano problemi nelle relazioni coniugali e sensi di colpa nella figlia.
Quando il genitore perde la salute, al figlio si presentano domande complesse: Cosa vuol dire prendersi cura? Cosa significa accettare e richiedere cura? Quali contraccolpi avrà sulla propria famiglia? Che immagine abbiamo noi della nostra famiglia? La famiglia infatti è un'organizzazione complessa di relazioni di parentela, perché comprende almeno tre, ma più spesso quattro generazioni, che avanzano insieme nel tempo. E' quindi definita un sistema emozionale plurigenerazionale.
Ma nell'accudimento e nella cura si risente da figli spesso sessantenni della stanchezza e della tensione prolungata.
Ci si trova dunque di fronte al compito di trovare dentro di sé e con gli altri famigliari un nuovo equilibrio tra istanze diverse, di cui fondamentale è il rispetto e l’equilibrio del tempo per sé e il tempo per l’Altro..   

Relazioni tra famigliari e operatori del domicilio

Sono determinate dalla motivazione con la quale è stato chiesto l’aiuto, dal modo di porsi degli operatori stessi, dall’incentivo alla collaborazione reciproca, dai sensi di colpa dei figli/e, l’onnipotenza del famigliare che vorrebbe essere in grado di poter bastare al proprio genitore ormai bisognoso come un bambino.

 

3. Relazioni del caregiver con se stesso

Gli adulti ce li immaginiamo come solidi, generosi, sempre disponibili; e loro ce la mettono tutta per essere all'altezza delle aspettative. Soprattutto le donne, tradizionalmente educate ad essere al servizio degli altri, sempre a disposizione. Ma in realtà anche queste esperienze, così intense, pregnanti e gratificanti possono ospitare forme di disagio, spesso non esplicitato. Non intendo dire che la cura provochi o sia causa inevitabile di malessere, bensì che essa rappresenta un evento in grado di porre in luce e di mettere in crisi l'equilibrio dinamico tra il prendersi cura degli altri e il prendersi cura di sé. È un atteggiamento molto diffuso nel mondo femminile di una certa età considerare il tempo per sé come tempo perso, tempo buttato, tempo rubato; e dunque segno di un egoismo da condannare.

Caregiver - portatore di aiuto - si diventa, ma non è semplice.
Riemergono gli antichi meccanismi di attaccamento che hanno legato il bambino alla madre. Riemergono tutte le ambivalenze che hanno caratterizzato la relazione con i primitivi oggetti d’amore. La figlia prova sensi di colpa nel trattare il genitore talvolta in modo sgarbato; si rende conto che le sue reazioni sono esagerate. Cerca di controllarsi, ma la fatica dell'autocontrollo le impedisce di entrare con generosità nei vissuti del genitore ormai vecchio, di vivere fino in fondo questo rapporto tra persone, di assumere su di sé l'impotenza dell'anziano; ripercorre quel senso d’impotenza e di limite tanto spesso provati nell'infanzia e causati proprio da questo genitore ora così bambino. Talvolta, al contrario, assume i panni di una  madre possessiva e controllante, che impone al genitore - per il suo bene - un tipo di vita al riparo da ogni fatica e da ogni slancio. 
Ottimi caregiver si può diventare!

 

Immagine | Pixabay