Come spiegare il valore dei soldi ai bambini
È giusto parlare di soldi ai bambini, ma come ogni argomento va svelato in modo graduale secondo le necessità e le competenze cognitive dei piccoli.
Il denaro è sicuramente un elemento fondamentale della nostra vita, non che faccia la felicità, ma ci assiste nelle incombenze quotidiane. Per questo motivo è importante spiegare il valore dei soldi ai bambini in modo che:
> Non lo trattino come valore in sé, ma come strumento;
> comprendano che il denaro non “arriva” dal cielo, ma è il frutto di un impegno;
> comincino a dare un senso al concetto di transizione.
Ovviamente occorre sempre considerare quelle che sono le caratteristiche del pensiero del bambino e adattare il tema alla sua comprensione; ciò significa sia “ridurlo” inizialmente alla sua dimensione concreta e pratica, sia usarlo all’interno della sfera domestica, più ridotta e conosciuta al bambino.
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Una spiegazione progressiva
Cos’è il denaro? I bambini si accorgono ben presto del suo potere: quando vogliono qualcosa e vengono accontentati spesso i termini legati ai soldi e al pagare vengono fuori.
Ma oggi i soldi hanno una veste sempre più virtuale e immateriale e quindi come introdurre il denaro quando le prime domande compaiono intorno ai 3-4 anni?
Il denaro è un mezzo, un modo per ottenere dei servizi o degli oggetti, ma arriva grazie all’impegno e al lavoro di mamma e papà.
L’imitazione è sempre la forma di apprendimento più diretta e più sentita dai bambini, allora è importante accompagnare i gesti quotidiani al rispetto del denaro e all’attenzione verso lo spreco: perché spegniamo le luci che non servono, perché chiudiamo l’acqua, perché i genitori pur avendo dei soldi non li spendono per qualcosa che a loro piace.
Il rischio è che i bambini associno al denaro il senso di mezzo per soddisfare ogni bisogno e desiderio e non di una risorsa che va spesa con saggezza.
Tra i 7 e i 10 anni i bambini si appropriano della matematica e il denaro può essere compreso nella sua quantità. Quindi diventa un metro di valutazione del valore materiale degli oggetti, ma che deve essere accompagnato da una riflessione anche sulla qualità: costoso è meglio?
A questa età è utile anche introdurre il concetto del risparmio. Vivere la fatica di aspettare e mettere insieme un gruzzolo per ottenere qualcosa di desiderato ha molteplici effetti:
> Comprendere il valore del guadagno;
> accettare la frustrazione dell’attesa;
> Comprendere per cosa vale la pena risparmiare.
E la paghetta?
È giusto dare la paghetta? E se si, a che età cominciare? Ecco un altro tema su cui si interrogano i genitori. La psicologa psicoterapeuta Manuela Arenella cerca di spiegarci i bisogni legati a questa abitudine.
Spesso a 8/9 anni i bambini cominciano a richiedere una piccola somma di denaro da gestire autonomamente, questa è una spinta verso l’autonomia psicologica più che pratica.
Ci sono delle considerazioni fare: da un lato la somma deve essere adeguata al bambino (cosa si può comprare da solo? Figurine? Caramelle?), dall’altro può essere associato allo svolgimento di un compito a casa, un lavoro.
È importante non cadere nel rischio di monetizzare ogni azione: ci sono compiti che vanno remunerati regolarmente, ma non ogni azioni del bambino comporta un costo (mi comporto bene e mi dai un euro!).
La psicologa sottolinea l’importanza anche del fallimento nella gestione dei soldi: non ci si deve stupire se all’inizio il bambino spenderà tutto immediatamente , è solo con la pratica e l’esempio che capirà il significato di cosa significhi spendere bene i propri soldi.
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