Adozioni gay fra ideologismi mediatici e false credenze
E’ ormai all’ordine del giorno un dibattito sempre più incandescente sull’opportunità e le modalità di riconoscere alle coppie omosessuali gli stessi diritti civili delle coppie etero, compresi il matrimonio e l’adozione. Quello delle adozioni gay è forse l’argomento più spinoso, che suscita le maggiori polemiche nel mondo religioso, sociale e anche scientifico rinvigorendo tristemente schieramenti ideologici che poco hanno a che fare con riflessioni serie e approfondite, che tengano conto della complessità della questione evitando riduzionismi e semplificazioni.
Non è difficile reperire online una notizia “fresca” che riguardi la polemica sulle adozioni gay nel nostro Paese, le ultime battute sono state quelle in occasione del “Bologna Pride” assunto come pretesto per ribadire, da parte della Curia, la propria contrarietà alle adozioni gay chiamando a sostenere la propria tesi uno psicologo, quasi a voler ribadire con un’aura di pretestuosa “scientificità” l’ostacolo che l’omogenitorialità rappresenterebbe per una crescita sana ed equilibrata dei figli.
Le competenze genitoriali prescindono dall’orientamento sessuale
In realtà la presunta scientificità invocata contro le adozioni gay non sembrerebbe affatto confermata dalle ricerche condotte in campo psicologico. Lo illustra Vittorio Lingiardi nella prefazione del bellissimo libro di Chiara Lalli Buoni genitori. Storie di mamme e papà gay (Il Saggiatore, 2011): una ricerca promossa nel 2005 dall’American Academy of Pediatrics sulle condizioni psicosociali e di salute psicologica di bambini con genitori gay evidenzia quanto, ad influire sullo sviluppo emotivo, comportamentale e psicosociale del bambino, non sia l’orientamento sessuale dei genitori, quanto il loro saper essere adulti responsabili in grado di fornire cure e stabilire una sicura relazione di attaccamento con il figlio. A questo seguono altri studi (Tasker, F., e Binger, J., Gay and Lesbian Parenting: New Directions, Taylor & Francis, 2007) in base ai quali, come conferma l’American Psychoanalitic Association, non sarebbe l’orientamento sessuale, ma l’essere fonti di attaccamento responsabili, competenti e accudenti a rendere due persone idonee alla genitorialità.
Coppie gay e mancanza di riconoscimento giuridico
Anzi, secondo lo studio citato, una fonte di malessere e di disagio psicosociale per famiglie omogenitoriali deriverebbe dal mancato riconoscimento giuridico – e quindi simbolico – delle famiglie omosessuali. L’unico accertato fattore di disagio psicosociale legato alle adozioni da parte di coppie gay, in altre parole, non sarebbe intrinseco all’omosessualità dei genitori, quanto al mancato riconoscimento giuridico e sociale da parte della Società di tale omosessualità e del nucleo familiare che ne deriva.
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Non esiste un solo modo di essere genitori
La valutazione dell’idoneità all’adozione deve seguire pertanto gli stessi criteri sia per gay che per eterosessuali. D’altra parte la famiglia nucleare convenzionale, riconosciuta e accettata socialmente, è in un certo senso pura invenzione, non solo perché separazioni e divorzi hanno scompaginato ormai da tempo questo nucleo iconico configurando famiglie variamente allargate, ricomposte o monogenitoriali, ma soprattutto perché non c’è un solo modo di essere buoni genitori, a meno che non ci si voglia difensivamente trincerare dietro pregiudizi e stereotipi rassicuranti quanto ciechi per non riconoscere e affrontare la complessità mutevole del vivere.