Giornata mondiale dell’alimentazione, si fa presto a dire fame
Il 16 ottobre ricorre la giornata mondiale dell’alimentazione, un’occasione per parlare di cibo, alimentazione sostenibile e… di fame: sicuri di sapere di cosa si tratta?
Il 16 ottobre ricorre, come ogni anno dal 1981, la Giornata mondiale dell’alimentazione, data alla quale risale, nel 1945, la fondazione della FAO.
A livello generale la giornata ha lo scopo di sensibilizzare al tema della fame nel mondo. Ma cosa significa “fame” in paesi occidentalizzati come il nostro dove l’offerta di cibo è sovrabbondante e problemi come obesità e patologie associate ad una cattiva alimentazione sembrano rappresentare una vera e propria epidemia del terzo millennio?
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La giornata mondiale dell’alimentazione nel mondo occidentale
Michael Pollan nel suo celebre libro “Il dilemma dell’onnivoro” descrive magistralmente le contraddizioni e i paradossi economici e sociali del mondo occidentale e di un sistema alimentare che potremmo definire post-moderno ma non per questo privo di insidie e incertezze.
L’offerta di cibo è talmente ampia, sia quantitativamente che qualitativamente, da rappresentare un vero e proprio rompicapo per il consumatore attuale alle prese con quello che è definito da Pollan il moderno dilemma dell’onnivoro.
Un dilemma che oggi si consuma tra le corsie di un supermarket e le proposte hi-tech della moderna agricoltura biologica, invece che tra le piante e gli animali di una foresta, ma che lascia l’essere umano alle prese con il suo quotidiano problema della fame, non meno interdetto e confuso.
Il cibo è ormai solo un prodotto di commercio?
Diceva Ludwig Feuerbach che “l’uomo è ciò che mangia”. Chi siamo allora noi, mangiatori ipertecnologici e post-moderni? Sembra questa la domanda implicita alla quale si cerca di rispondere orientandosi fra la variegata offerta di cibo: ci piace sentirci consumatori ecologici comprando cibo “bio”? Fintamente tradizionalisti scegliendo un preparato per torte fatte in casa? Irriverentemente cosmopoliti optando per una confezione di spaghetti di soia piuttosto che di riso indiano?
Si tratta pur sempre di un cibo industrializzato, controllato, certificato, trasformato e confezionato ad hoc per essere commercializzato alla stessa stregua dei tanti generi di consumo “non edibili” che affollano il mercato globale: si può commercializzare una confezione di polpette surgelate nello stesso modo in cui si pubblicizzano un tavolo o un complemento d’arredo a buon mercato, perché a quanto pare nel mondo occidentale, quello alle prese con il problema dell’ipernutrizione, tutto è possibile.
Pollan osserva come una delle questioni a cui l’industria alimentare cercherebbe di porre rimedio in modi paradossali è proprio questa: la fame, dove il vero fine non sarebbe quello di estinguerla, quanto di spingere il moderno consumatore a magiare sempre di più.
Mai come in questo caso, dall’ottica di Pollan, il bisogno fisiologico rappresenta un ostacolo al profitto economico, ostacolo che l’industria del cibo cerca continuamente di aggirare.
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Che significa avere fame?
Alla luce di questo scenario sembra piuttosto complesso allora definire cosa rappresenta la fame per noi, soprattutto perché siamo spinti continuamente ad anticiparla e, nel fare questo, ad assegnare tanti di quei significati “non edibili” a quello che mangiamo da perdere con facilità il contatto con i nostri reali stati di fame e sazietà.
Stiamo mangiando perché è il nostro stomaco che, contorcendosi o borbottando, ci sta segnalando che ha fame, o perché da soli davanti al pc o alla tv ci sentiamo tristi e annoiati? Scegliamo la pizza fatta con la farina di kamut perché apparteniamo alla ristretta (e sfortunata) schiera dei celiaci o perché facciamo la dieta del gruppo sanguigno cercando uno stile alimentare “nuovo” che ci faccia sentire in sintonia con noi stessi magari in un momento di transizione della nostra vita? Consumiamo carne rossa perché il nostro organismo ne sente il bisogno e ne abbiamo voglia oppure per seguire l’ennesima dieta iperproteica alla spasmodica ricerca del muscolo ad ogni costo?
Piccole e grandi idiosincrasie che appartengono alle scelte alimentari mutevoli, bizzarre e spesso inconsapevoli, di ognuno di noi.
La prospettiva è allora forse paradossale ma non per questo meno interessante: in un’economia globale e inarrestabilmente votata al profitto economico, dove sono le conseguenze dell’ipernutrizione a mettere a repentaglio la nostra vita, fisica e psicologica, la giornata mondiale dell’alimentazione potrebbe rappresentare un invito a recuperare il contatto con la fame, quella fisica – al di là della fame emotiva e di quella costruita ad hoc dall’industria alimentare – riprendendo il contatto con i segnali del nostro corpo e i nostri reali bisogni di fame e sazietà per essere mangiatori consapevoli e realmente onnivori, cioè in grado di scegliere liberamente.
Recita un famoso aforisma: “Mangia in maniera tale da mangiare ciò che tu mangi, e non in maniera tale da essere divorato dal tuo pasto”.
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