Il significato psicologico dell'Indaco
L’indaco è un colore tra l’azzurro e il viola ed è associato alla spiritualità e alle facoltà intuitive della psiche. Se ben equilibrata questa dimensione può condurci a una comprensione più profonda di noi stessi e del mondo.
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La visione meditativa è quell’affinamento della sensibilità interiore che porta a concentrare l’attenzione all’interno di sé stessi, a trascendere gli stimoli esterni a favore della spiritualità e dell’intuizione. L’indaco – fra tutti i colori del simbolo dell’arcobaleno - è il colore associato a queste caratteristiche.
Blu indaco e visione interiore
Il termine indaco deve la sua etimologia alla parola latina indicum derivata a sua volta dal termina greco indikón che letteralmente significa “proveniente dall’India”.
Era infatti un colore ottenuto dalle foglie dell’oleandro (Nerium oleander) originario dell'India e della Cina, ora ampiamente coltivato in molte parti del mondo a scopo ornamentale. Il blu indaco ha una tonalità mescolata con alcune sfumature violacee che rendono questo colore così caratteristico.
Nella spiritualità orientale l’indaco è il colore del sesto chakra collocato in mezzo alla fronte, fra le sopracciglia e la radice del naso. È associato agli organi situati in prossimità di quest’area: occhi, ipofisi (e sistema endocrino), sistema nervoso centrale. Questo chakra corrisponde al terzo occhio, cioè della visione meditativa, all’intuizione e all’immaginazione creativa.
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Colore indaco e sesto chakra
La simbologia del colore indaco è strettamente connessa con il significato del sesto chakra. Questa tonalità cromatica è infatti da sempre associata alla spiritualità e utilizzata, ad esempio nella cromoterapia, per riequilibrare lo stato psicofisico della persona.
L’indaco è il colore della visione interiore, della capacità di concentrarsi sull’ascolto delle proprie intuizioni e immaginazioni creative e di prenderle a riferimento per prendere decisioni, senza lasciarsi distrarre dai dati sensoriali. Essere in comunicazione con il sesto chakra significa essere in grado di stare nel qui e ora mantenendo una consapevolezza espansa della realtà e una pace interiore.
Come tutti gli aspetti della personalità anche questo deve rivelarsi in equilibrio, se la visione “indaco” della realtà è in eccesso questo può corrispondere a distorsioni percettive, false convinzioni e credenze infondate su sé stessi e gli altri. In questi casi la persona non è realmente in contatto con la propria spiritualità, ma si sta distaccando dal senso condiviso della realtà per rifugiarsi in un mondo ritirato di fantasia e illusione. Ne è un esempio calzante il famoso film Hungry hearts (2014), tratto dal romanzo Il bambino indaco (2012), di Marco Franzoso.
Coloro che invece sono poco in contatto con la propria dimensione intuitiva, e che possono mostrare un’avversione verso il colore indaco (al di là dei meri gusti estetici), rimangono ancorati ai dati concreti, incapaci di sognare e di confidare in valori e ideali trascendenti. Oppure sprofondano del caos delle loro emozioni che finisce per sopraffarli e impedire loro di pensare lucidamente.
Colore indaco e personalità
Essere in connessione con l’energia psichica del sesto chakra, simboleggiata dal colore indaco, non significa essere predestinati a qualcosa di speciale, men che meno essere in connessione con forze o energie soprannaturali che rendono diversi o particolarmente dotati rispetto ad altre persone. Si tratta di un fraintendimento piuttosto diffuso in certa parte della cultura New Age che purtroppo alimenta mistificazioni riguardo al reale significato di queste dimensioni della psiche.
La dimensione intuitiva, come quella spirituale (simboleggiata dal viola del settimo chakra), fa parte di ognuno di noi, essa si esprime anche in una particolare forma di osservazione e ascolto interiori. Si tratta di affinare quelle capacità della nostra psiche di comprendere la realtà e orientarsi in essa non solo sulla base di ragionamenti razionali e concreti. L’intuizione è una delle quattro funzioni della coscienza sistematizzate da Jung insieme a percezione, pensiero e sensazione.
La persona intuitiva interpreta la realtà a partire dal significato globale delle cose, non dai dettagli fattuali, e si fa guidare, nella soluzione di un problema, dalle proprie percezioni inconsce, da una sorta di istinto interiore non ragionato che ha imparato a riconoscere come affidabile e preciso al pari dei dati derivati dalle percezioni sensoriali esterne.
"Le intuizioni arrivano, non le facciamo noi. Ci arrivano come idea improvvisa, giudizio certo, significato colto al volo".
(James Hillman, Il codice dell'anima, 1996)