Il richiamo del vuoto: quando la paura mette paura

Almeno una volta nella vita molti di noi potrebbero aver provato il richiamo del vuoto sporgendosi da un luogo molto alto senza per questo nutrire impulsi suicidari. Sarebbe l’ansia a giocare brutti scherzi facendoci mal interpretare i segnali fisiologici della paura.

Il richiamo del vuoto: quando la paura mette paura

Lo studio proviene dalla Florida State University ad opera della dottoressa Jennifer Hames e colleghi ed esplora le cause di un fenomeno interessante e inquietante a un tempo: quel richiamo del vuoto percepito dalle altezze elevate che molte persone possono aver provato senza che questo avesse nulla a che fare con impulsi o pensieri suicidari.

Tutta colpa dell’ansia a quanto pare che potrebbe far male interpretare i naturali e protettivi segnali fisiologici della paura.

 

Il richiamo del vuoto nelle persone comuni

Lo studio in questione ha coinvolto un gruppo di 431 studenti universitari, ad ognuno di loro sono stati somministrati quattro questionari per valutare quanto spesso avessero provato il richiamo del vuoto (ribattezzato in inglese “High place phenomenon”), la sensibilità all’ansia, depressione e impulsi suicidari.

Almeno la metà di coloro che non avevano alcun impulso suicidario riferivano di aver provato il richiamo del vuoto almeno una volta nella vita.

La frequenza del fenomeno non sarebbe quindi collegata a tendenze autolesive, piuttosto, come emerge dallo studio in questione, ad una maggior sensibilità all’ansia che farebbe mal interpretare i segnali fisiologici della paura.

 

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Il circuito neurale della paura

In altre parole, quando ci trova in un luogo molto alto il nostro corpo attiva segnali fisiologici di paura che dovrebbero indurci automaticamente ad allontanarci e a metterci in sicurezza da una possibile caduta.

Tutto questo avviene in maniera inconsapevole sotto l’azione del circuito neurale della paura che coordina il livello di attivazione fisiologica e comportamentale in base all’istinto di sopravvivenza.

Pertanto, se ci sporgiamo da un luogo molto alto, un segnale di paura e di allerta ci induce istintivamente ad allontanarci o, quanto meno, a mantenerci ad una distanza di sicurezza che ci impedisce di cadere.


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L’ansia e i segnali della paura

Cosa accadrebbe, secondo la James e colleghi, nelle persone ansiose? Se queste persone non sono in grado di controllare la propria vulnerabilità, vivono l’ansia e le sue manifestazioni fisiche e psicologiche come qualcosa che li sovrasta rendendoli impotenti e incapaci di mantenere il controllo sul proprio corpo e sulla propria mente.

Proprio per tale motivo, qualunque segnale o sintomo di attivazione fisiologica è soggetto, nelle persone ansiose, ad essere interpretato in maniera distorta come un impulso che può far “perdere il controllo” di sé.

Ciò significa che, in questi casi, si ha difficoltà a discernere la natura e il significato dei segnali provenienti dal proprio corpo e li si vive indiscriminatamente come potenziali minacce alla propria sicurezza fisica e psicologica.

 

Paura del vuoto o di perdere il controllo?

Coerentemente a quanto detto prima quindi, un soggetto fortemente ansioso può interpretare i segnali fisiologici della paura come una minaccia per sé invece che un utile istinto a mettersi in salvo.

I soggetti ansiosi focalizzano la propria attenzione su tutti questi segnali corporei, invece di lasciarsi inconsapevolmente guidare da essi, interpretandoli in maniera distorta come un oscuro istinto a perdere il controllo e a buttarsi nel vuoto.

Percepire ciò che dovrebbe automaticamente proteggerci, l’attivazione fisiologica in risposta all’istinto di sopravvivenza, come una minaccia per sé sarebbe, secondo questi ricercatori, una possibile spiegazione del perché persone esenti da impulsi suicidari percepiscono soggettivamente un falso impulso a buttarsi nel vuoto quando si trovano in luoghi molto alti. Quando si dice che l’ansia gioca brutti scherzi…

 

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