Psicologia del complotto: chi decide della nostra vita?
Psicologia del complotto: chi crede più facilmente che esistano menti in grado di occultare le verità più importanti? Secondo recenti studi psicologici questa tendenza risiede internamente ad ognuno di noi
Il complotto non è qualcosa di lontano dalle nostre vite. Su Internet spopolano coloro che sono stati in grado di smascherare torbidi intrighi a danno della società, ma anche nella vita di tutti giorni ad ognuno di noi è capitato di pensare che un gruppo di persone stessero tramando a nostro danno.
Eppure ci sono persone più sensibili a questo tipo di ragionamento. La psicologia del complotto cerca di comprendere non la veridicità di queste circostanze, ma come sia possibile innescare la convinzione dell'esistenza del complotto stesso.
Complotti: bugie o realtà?
Il fenomeno del complotto per come lo studia la psicologia ha poco a che vedere con la realtà degli eventi che esso descrive. Di complotti "famosi" ne esistono moltissimi, di seri e meno seri e tutti hanno una caratteristica comune (parliamo di complotti internazionali che coinvolgono la popolazione mondiale): esiste un potere forte che cerca di nascondere una verità scomoda.
Vediamo qualche esempio famoso:
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Nel 1947 un pallone sonda della United States Air Force si schianta a Roswell, secondo gli ufologi si tratta di una navicella spaziale al cui interno si trovano i corpi senza vita di alcuni alieni che vengono trasportati nella celeberrima Area 51.
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Le scie di condensazione degli aerei non sarebbero solo di vapore acqueo, ma conterrebbero sostanze chimiche di varia natura. Il complotto è ordito da potenti i cui scopi sono molteplici: l'ipotesi più accreditata sarebbe che le scie chimiche servono a controllare il clima.
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11/09/2001 due aerei si schiantano sulle Torri Gemelle di New York: la versione ufficiale parla di un attentato terroristico islamico, ma qualcuno sostiene che sia stato architettato ad arte dal governo statunitense.
Gli esempi sono davvero sterminati: lo sbarco sulla luna, l'esistenza di gola profonda, la morte di Elvis; alcuni possono essere studiati, altri si basano su credenze che non possono essere smentite e diventano oggetto di fede. A livello psicologico sono fenomeni reali.
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Nella mente del complottista
Secondo la psicologia del complotto esiste una certa predisposizione personale a credere al complotto; una teoria convincente è quella proposta in un articolo del 2011 da Karen Douglas e Robbie Sutton.
Secondo i due autori l'opinione pubblica quando si trova ad affrontare un evento di grande rilevanza si trova a che fare con una molteplicità di fonti di informazioni; ciò non facilita il crearsi di un'opinione.
Lo strumento socio-cognitivo che si usa per aiutarsi è la proiezione: proiettiamo sugli altri le nostre convinzioni o predisposizioni e quindi riteniamo veritieri quelle azioni più affini a noi.
Chi crede alle molteplici cospirazioni non sarebbe (come per molte tempo si è creduto) un individuo con un deficit, ma qualcuno che messo nella posizione di un personaggio potente nasconderebbe l'esistenza degli ufo, controllerebbe il clima o inscenerebbe la propria morte!
Più complotti e più internet
Questa teoria ha apportato una visione innovativa in campo psicologico e ben si coniuga con altri due fenomeni affini. Il primo è che chi crede ad un complotto ne crede a molti altri. Se siamo predisposti a pensare che chi ha il potere decide e nasconde, ciò ovviamente vale per molti campi.
Il secondo aspetto è il moltiplicarsi di storie con l'avvento dei media moderni e soprattutto di Internet. La diffusione di tante notizie e voci contrastanti senza avere la possibilità di accedere a fonti di prima mano porta le persone ad affidarsi a meccanismi "interni".
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