Psicologia, alchimia e tarocchi
I Tarocchi contengono numerosi simboli di natura alchemica e riferimenti alla ricerca della "Pietra Filosofale". Questi simboli occulti vengono per la prima volta rivelati da Massimiliano Colosimo a partire dagli studi di Jung su "Psicologia e Alchimia".
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Nel suo celebre trattato “Psicologia e Alchimia”, Jung ritrova nell’antica pratica dell’Alchimia numerosi riferimenti al processo psichico dell’Individuazione. L’Alchimia viene da Jung reinterpretata come
Attraverso la raccolta di numerosi sogni, Jung dimostra l’esistenza di simboli onirici di chiara ispirazione “alchemica”, agganciati all’esperienza universale dell’inconscio collettivo. I sogni, citando Freud, sono infatti la “via regale verso l’inconscio”, ove è possibile recuperare la nostra pietra filosofale interiore. Ed il detto ermetico “Visita inferiora terrae rectificandoque invenies occultum lapidem” conferma l’importanza dell’esplorazione degli strati inferiori della nostra psiche (terreno che esploriamo ogni notte grazie al sogno) per rintracciare il nostro Sé.
I simboli alchemici dei tarocchi
I Tarocchi, utilizzando lo stesso linguaggio archetipico dei sogni, sono uno strumento potente per interpretare i sogni, decifrandone le immagini simboliche, secondo una pratica che ho definito “Onirotarologia”.
A sottolineare il legame esistente tra Tarocchi e sogni, ritroviamo negli Arcani Maggiori numerosi simboli dell’individuazione ispirati all’alchimia, anche se tali simboli, occulti ai limiti del subliminale, non sono mai stati investigati a fondo (perlomeno, non ho mai trovato studi in merito, tranne i tradizionali testi di Wirth).
Partiamo da una considerazione preliminare: l’Arcano Senza Nome (XIII), meglio noto come “La Morte”, si trova circa a metà tra gli Arcani Maggiori, seguito da La Temperanza (XIIII). Simbolicamente, i Tarocchi sembrano comunicarci che il percorso verso l’illuminazione (o individuazione del Sé) prevede un superamento del concetto di Morte: essa può essere sconfitta, o meglio, è possibile una rigenerazione eterna grazie ai “vasi” della Temperanza, che sono gli strumenti da lavoro dell’alchimista.
L’Arcano XIII corrisponde secondo il linguaggio degli alchimisti all’inizio del “Nigredo”, la fase che prevede una mortificazione simbolica del corpo, inteso come involucro esteriore nel quale risiede l’Anima. Psichicamente, il Nigredo corrisponde ad un annichilimento della “maschera” che indossiamo, ad uno sbriciolamento di tutte le certezze della nostra coscienza che è propedeutica ad una rinascita salvifica nella totalità del Sé. Spesso l’inizio di questa fase viene raffigurata con l’uccisione di un Re, e sotto la falce dell’Arcano Senza Nome vediamo proprio la testa di un Re e di una Regina, simbolizzando la separazione dell’Anima dal corpo o in termini psichici, la consapevolezza che in noi esiste un lato inconscio e uno conscio. Alternativamente, la morte simbolica di Re (Padre) e Regina (Madre) prefigura la meta dell’individuazione, cioè l’intenzione di affermare una personalità indipendente dalle figure genitoriali.
I vasi alchemici della Temperanza sembrano raccogliere i residui di questa disgregazione, introducendoci alle 7 operazioni successive, dando inizio all’opera vera e propria, che culmina con l’Arcano XXI del Mondo, che simbolizza la totalità del Sé, un mandala della completezza; emblematicamente, erano proprio 7 le operazioni dell’opera alchemica.
Tarocchi e simboli del Nigredo
Incontriamo l’Arcano XV, Il Diavolo, con il quale entriamo nella fase cruciale del Nigredo, che psichicamente corrisponde al confronto con la propria Ombra. È una “discesa agli inferi”, uno stato di afflizione paragonabile ai tormenti del calore infernale.
L’effetto del Nigredo è la disgregazione della materia, corrispondente alla scomposizione della psiche nei suoi opposti e ad un annebbiamento della coscienza.
Il simbolo alchemico che descrive il compimento del Nigredo è la cauda pavonis (coda di pavone), fenomeno descritto anche come un “lampo” (fulminatio). Troviamo esattamente questo fenomeno nell’Arcano XVI, la Maison Dieu, che raffigura una “torre” (simbolo del corpo o della psiche nella sua unità) disgregata da quello che sembra un fulmine e dal quale fuoriescono “gli opposti” (i due esseri precedentemente incatenati al Diavolo). È un’entità multicolore che ricorda graficamente anche la cauda pavonis.
Un’altra conseguenza del Nigredo è la comparsa di “scintille luminose”, che Paracelo descrive con la visione di un “firmamento interiore”, un cielo stellato che, secondo Jung, corrisponde alle idee originarie, agli archetipi dell’inconscio collettivo. Queste scintille, visibili come materiale fuoriuscito dalla Torre, preludono alle Stelle, che è esattamente l’Arcano successivo, il XVII. In questo Arcano vediamo simbolizzato il confronto tra l’individuo, la cui coscienza è stata “disgregata”, e le stelle dell’inconscio collettivo. Jung scrive: “Se la luminosità appare monadica, per esempio come singola stella o sole o occhio, assume spesso forma di mandala e va quindi interpretata come Sé”. Tra le altre Stelle, ne vediamo una più grande sulla testa della donna nuda: è la meta del Sé che guida l’individuo evitando la dissoluzione totale della psiche nelle componenti elementari dell’inconscio collettivo.
Notiamo anche un piccolo uccello nero, un simbolo alchemico corrispondente all’avis hermetis, il corvo che simboleggia il compimento del Nigredo.
Tarocchi e simboli dell’Albedo
L’opera alchemica prosegue con l’Albedo. La Turba Philosophorum recita: “congiungete il secco con l’umido, la terra nera con la sua acqua”. È esattamente l’operazione effettuata dalla donna nuda dell’Arcano XVII, un atto purificatorio che restituisce la “bianchezza” alla materia annerita dal fuoco del Nigredo: è il riemergere dell’Io dalla materia indistinta dell’inconscio.
L’Albedo è contraddistinto dall’intuizione e dalla riflessione ricettiva associata alchemicamente alla Luna, che è proprio il protagonista dell’Arcano XVIII: dalle oscurità del Nigredo inizia a sorgere la luce dell’intuizione lunare. In questa fase gli opposti non sono ancora riunificati, e sono simbolizzati dai due cani o dalle due torri contrapposte (sinistro = inconscio; destro = coscienza).
Rubedo e compimento dell’Opera
È nel Rubedo che i due opposti tornano ad abbracciarsi, alla luce del Sole (Arcano XVIIII) che rappresenta l’illuminazione, il fuoco dell’Amore e della fratellanza. L’essere sulla sinistra sembra spaesato, ha ancora la “coda” dello stato primitivo (quando si ritrovava incatenato al Diavolo) e raffigura dunque l’Ombra, questa volta non più in opposizione ma abbracciata calorosamente dalla coscienza.
La ricongiunzione degli opposti (il Re e la Regina che resuscitano dal terreno dell’Arcano Senza Nome) prelude all’unità ritrovata, con la nascita del "figlio" (la Pietra Filosofale). Il compimento dell’opera alchemica necessità però di un intervento divino, una predisposizione spirituale dell’artefice. È l’oggetto dell’Arcano XX.
Giungiamo così all’individuazione del Sé, alla totalità del Mondo dell’Arcano XXI.