La tecnica dell’immaginazione attiva di Jung
Durante l’allontanamento da Freud, Jung propone la tecnica dell’immaginazione attiva come via d’accesso alla mente. Si tratta di una pratica solitaria che permette di coniugare conscio e inconscio. Dopo di lui anche le sue allieve più famose hanno delineato il processo dell’immaginazione attiva: vediamo insieme quali sono le sue caratteristiche e teorizzazioni
L’immaginazione attiva è, secondo Carl Gustav Jung, un processo attraverso il quale conscio e inconscio si incontrano e dialogano pervenendo ad un’integrazione. L’immaginazione attiva si avvale della fantasia e dei suoi meccanismi, senza alcun limite, per favorire l’espressione di conflitti e significati nuovi. Sempre secondo Jung si tratterebbe di una forma avanzata del funzionamento della coscienza perché “In essa infatti la personalità conscia con quella inconscia del soggetto confluiscono in un prodotto che è comune ad ambedue e che le unifica ” (Jung, 1921).
L’immaginazione attiva come metodo terapeutico
L’immaginazione attiva nasce principalmente come metodo terapeutico e il suo sviluppo accompagnerà l’allontanamento di Jung dal suo mentore Sigmund Freud. Secondo Freud, il sogno rappresenta un punto d’accesso privilegiato all’inconscio. Jung si contrappone a quest’idea, proponendo l’immaginazione attiva che non appartiene solo alle dinamiche profonde della mente, ma alla funzione trascendente. Questa proprietà della mente costituisce una sorta di ponte tra conscio e inconscio grazie ad un lavoro di sintesi che unisce e trascende entrambe attraverso l’uso di simboli bivalenti. Jung sostiene l’importanza della fantasia nell’osservazione di questi simboli, sebbene sia consapevole dei rischi di una manipolazione che viri maggiormente verso l’uno o l’altro polo.
Il ruolo dell’analista nell’immaginazione attiva
L’immaginazione attiva è una pratica individuale e solitaria, non è prevista la presenza dell’analista che costituisce in ogni caso una sorta di intromissione. Dato che l’obiettivo è quello di arrivare a costruire e recuperare dei simboli che abbiano un preciso significato per l’individuo, ogni fattore esterno costituisce una fonte di ‘inquinamento’ del materiale prodotto. Jung suggerisce di non praticare l’immaginazione attiva durante l’ora di analisi, ma di riportare all’analista quanto si è vissuto. L’analista deve evitare forme drastiche di interpretazione con cui si sovrappone un diverso sistema simbolico al materiale pervenuto.
L’immaginazione attiva secondo Marie-Louise von Franz
Il concetto di immaginazione attiva è stato ripreso e approfondito nel tempo. Secondo Marie-Louise von Franz, allieva storica di Jung, propone una suddivisione in 4 fasi per promuovere questo procedimento:
1. il primo passo è svuotare la mente, sgombrare i processi coscienti e consapevoli che fanno capo all’Io, questo perché “La coscienza interviene continuamente ad aiutare, correggere e negare, e in ogni caso non è capace di lasciare che il processo psichico si svolga indisturbato” (Jung);
2. dall’inconscio le immagini cominciare ad arrivare e se non ci sono blocchi, si fissa l’attenzione su questa fantasia che spesso è emotivamente connotata. Il compito non è subire passivamente, ma osservare con curiosità e voglia di scoprire per evitare di restare imprigionati nelle dinamiche dell’inconscio;
3. l’osservazione si concentra su come le immagini si modificano nel tempo, prendendo nota con cura in modo tale che le sfumature non vengano perse. Le modalità di raccolta delle informazioni sono diverse: pittura, scultura, musica, danza, scrittura, ecc. senza però trascendere nella creazione di “un’opera d’arte”;
4. il processo raggiunge la sua maturazione quando l’immagine o il materiale inconscio attiva nel soggetto la spinta di porsi il problema di prendere posizione nei suoi confronti. Questo è il momento in cui il soggetto abbandona definitivamente un ruolo passivo per far fronte alle proprie fantasie.
Fonte immagine: jonaycp