Diniego di gravidanza e pseudociesi
La gravidanza non è solo nel corpo ma anche nella mente. Quando questa connessione è dissociata o disturbata, alcune donne possono agire un diniego della gravidanza o, al contrario, nell'aspettare un bambino che non c'è.
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Il diniego della gravidanza e la pseudociesi (dal greco pseudes “falsa” e kyesis “gravidanza”) rappresentano gli “estremi” di due atteggiamenti normalmente compresenti nella psiche di ogni donna che si confronta con il proprio potenziale generativo.
Un insieme di paura e desiderio che, nell’eventualità concreta di una gravidanza, possono variamente alternarsi e guidare un graduale processo di accettazione della nuova condizione, presa di decisione e investimento emotivo-affettivo su di essa.
In condizioni psicologiche disfunzionali questo processo di riconoscimento e accettazione è disturbato, il rapporto corpo-mente risulta scisso o problematico e gli stati emotivo-affettivi somatizzati attraverso il corpo che può rendersi “complice” nel nascondere la gravidanza o mimarne i sintomi là dove essa non è presente.
Diniego della gravidanza: cos’è?
Il diniego della gravidanza fa riferimento ad un insieme di manifestazioni psicologiche e psicosomatiche eterogenee mediante la quali una donna rigetta, più o meno consapevolmente, l’evidenza del proprio stato interessante. In questi casi dunque la gravidanza viene scoperta tardivamente o soltanto in coincidenza del travaglio e del parto mettendo così in serio pericolo sia la salute della donna che quella del nascituro. Questa condizione, come si è accennato, non è uniforme ma può presentarsi con diversi gradi di consapevolezza da parte della donna (Andretto & Grussu, 2016).
A un estremo possiamo collocare quei casi in cui la donna sa del proprio stato, ma decide di nascondere agli altri la propria condizione. I motivi di questo possono essere i più diversi (vergogna, paura di perdere il lavoro, precedenti esperienze abortive traumatiche ecc.).
All’estremo opposto si collocano i casi di diniego psicotico, riscontrabili spesso (ma non solo) in donne con pregressa patologia psichiatrica. In questi casi i sintomi della gravidanza, anche quando si fanno evidenti, vengono attribuiti a cause altre, spesso con convinzioni deliranti.
Al centro del continuum possiamo collocare quelle donne che pur identificando inizialmente i sospetti sintomi di una gravidanza finiscono per attribuirli ad altre cause e ignorarli lungamente o altre che rimangono del tutto inconsapevoli della propria condizione fino al momento del travaglio e del parto. Sono questi ultimi i casi di alcune gravidanze adolescenziali che si protraggono del tutto ignorate dall’ambiente familiare e scolastico.
In tutti questi casi, vi è una sorta di “alleanza” psicosomatica del corpo della donna (Sandoz, 2011) che può non produrre i tipici sintomi/fastidi solitamente comuni nel primo trimestre e neanche mostrare un evidente pronunciamento del ventre, almeno fino a quando la gravidanza non viene diagnosticata e svelata (non è raro che sia soltanto dopo questo passaggio che la pancia della donna diventa più rotonda e visibile all’esterno).
La realtà negata diventa traumatica
Nei casi più gravi, quando la gravidanza rimane ignorata fino alla fine, sia dalla donna che dalle persone che le sono intorno, il parto può risultare un’esperienza gravemente traumatica cui la donna reagisce con veri e propri stati dissociativi (depersonalizzazione, derealizzazione).
Ne conseguono spesso purtroppo gravi situazioni di abuso e trascuratezza verso il bambino fino al neonaticidio per negligenza o, nei casi di diniego della gravidanza psicotico, nella messa in atto di un omicidio attivo (Amore, 2011). Ma non solo. In alcuni casi lei donne con iniziale diniego della gravidanza risultano prestare scarsa attenzione alla contraccezione (Struye et al., 2013) mostrando, quindi, un diniego della propria stessa fertilità insieme a conoscenze spesso parziali e inesatte della sessualità e del funzionamento del proprio corpo. In questi casi può verificarsi una richiesta tardiva di interruzione volontaria di gravidanza con esiti altrettanto traumatici.
È importante che la donna possa essere aiutata a riconoscere il proprio stato gravidico e sottoporsi ai controlli medici di routine evitando di incorrere in rischi per la salute; ma anche iniziare un processo di accettazione dell’essere incinta e poter decidere in piena consapevolezza della propria vita e del proprio corpo.
Pseudociesi o falsa gravidanza
La pseudociesi (anche più comunemente detta “gravidanza isterica”) è una condizione psicosomatica in cui una donna, nonostante non sia incinta, presenta la convinzione di esserlo sostenuta da alcuni sintomi fisici che “mimano” la condizione gravidica (amenorrea, nausee, rigonfiamento del ventre e del seno, percezione riferita di movimenti fetali).
Questo assetto psicosomatico può interessare sia donne che percepiscono un’elevata pressione sociale/familiare ad avere figli o li desiderano fortemente per far fronte a una perdita (perdita della fertilità con la menopausa, isterectomia, perdita di una relazione significativa ecc.).
Sia in coloro che sperimentano una forte ambivalenza nei confronti della maternità e del proprio potenziale generativo, con conflitti riguardo la sessualità, l’identità di genere e la gravidanza stessa (Tarín et al., 2013; Andretto & Grussu, 2016).
Non si tratta di un’intenzionale e deliberata simulazione né di uno stato delirante: la donna sperimenta effettivamente una serie di disturbi e modificazioni fisiche a sostegno della sua convinzione che, solitamente, viene meno non appena le evidenze diagnostiche rivelano inconfutabilmente l’assenza di una gravidanza. Il confronto col dato di realtà può risultare tuttavia piuttosto difficile da accettare e svelare un disagio psicologico prima inespresso e non percepito dalla donna stessa.
Ri-generare la psiche femminile
Disconoscere di essere in uno stato gravidico e precludere alla propria psiche la possibilità di sentirsi incinta pone per la donna dei rischi sulla salute fisica (poiché le impedisce di accedere ai controlli medici e alle precauzioni alimentari e comportamentali appropriate) e emotiva impedendole di riconoscersi pienamente come femminile generativo e sessuato (quale che sia il destino che lo stato di gravidanza avrà per volere della donna) e, nel caso la gravidanza giunga al termine, di predisporre la propria psiche ad accogliere, fisicamente e mentalmente, il nascituro.
Anche somatizzare i sintomi di una gravidanza inesistente può segnalare un’interruzione nel processo identitario della donna e nel riconoscimento delle proprie energie generative (che possono esprimersi non solo nel mettere al mondo un bambino), giacché ella si confronta con un inevitabile disincanto/disillusione che rischia di avallare un vissuto, spesso presente, di “incapacità/sterilità” psichica.
Significati complessi e inerenti la sfera dell’identità femminile, la sessualità e la generatività che richiedono spesso un percorso psicoterapeutico attraverso il quale la donna possa elaborare ambivalenze e conflitti sottesi a tali disturbi e riconoscersi come femminile maturo, consapevole e padrone delle proprie scelte.
Bibliografia
Amore A. (2011). L'infanticidio. Analisi della fattispecie normativa e prospettive di riforma, CEDAM, Milano.
Andretto I. & Grusso P. (2016). Diniego della gravidanza e pseudociesi. In P. Grussu & A. Bramante (a cura di), Manuale di psicopatologia perinatale, Erikson, Trento.
Sandoz P. (2011). Reactive-homeostasis as a cybernetic model of the silhouette effect of denial of pregnancy, Medical Hypotheses, 77(5): 782-5.
Struye A., Zdanowicz N., Ibrahim C., Reynaert C. (2013). Can denial of pregnancy be a denial of fertility? A case discussion, Psychiatria Danubina, 25(2): 113-117.
Tarín J., Hermenegildo C., García-Pérez M.A., Cano A. (2013). Endocrinology and physiology of pseudocyesis, Reprod Biol Endocrinol, 11(1):39.