Rabbia e vergogna: che connessione c'è?
Rabbia e vergogna sono due emozioni distanti o due facce della stessa medaglia? Spesso, come in un gioco di specchi, risultano molto più vicine di quanto non sembra, … vediamo di capire meglio perché.
Che cosa hanno a che fare rabbia e vergogna l’una con l’altra? A prima vista può sembrare controintuitivo pensare che fra queste due emozioni ci sia un legame. Le rappresentazioni stereotipali alludono di solito alla vergogna come ad un’emozione che rende la persona timida, ritirata e quasi un po’ schiva, certo ben lontana dall’aggressività estroversa di chi è preda di un sentimento di collerica rabbia. La rabbia porta ad avvicinarsi all’altro, ad andare verso (e contro) di esso, la vergogna spinge a nascondersi, a sottrarsi dallo sguardo dell’altro e quindi ad allontanarsi… Eppure rabbia e vergogna possono essere anche due facce della stessa medaglia: un’espressione di forte rabbia, di “cieca” aggressività può nascondere un penoso sentimento di vergogna e svalutazione di sé: si tratta di quel fenomeno che gli psicologi definiscono “rabbia narcisistica”.
Rabbia e vergogna: Tuco Salamanca in Breaking Bad
Per capire il legame fra rabbia e vergogna non è necessario ricorrere per forza alla psicopatologia, alcuni di questi meccanismi possono essere presenti, in termini sfumati, nella vita di tutti. Tuttavia, la psicopatologia come dicevano già i padri fondatori, permette di cogliere meglio l’essenza di un fenomeno mentale perché lo rende per così dire amplificato nelle sue manifestazioni e quindi più facile da osservare. Ecco perché, per trovare un perfetto esempio di che cosa si intenda per rabbia narcisistica, consiglio di guardare i pochi istanti della “scena dello sfasciacarrozze” tratta dall’ultimo episodio della prima stagione di Breaking Bad. Tuco Salamanca, un famigerato esponente della malavita messicana legata al traffico di droga, durante una conversazione per una “trattativa di affari” viene contraddetto da uno dei suoi uomini. Un passaggio conversazionale apparentemente banale da cui si scatena l’inferno: Tuco prende a pungi il suo uomo e continua a inveire rabbiosamente contro di lui in un’escalation di violenza che si amplifica finché il corpo del malcapitato giace esanime senza vita. La scena appare di una violenza inaudita in virtù non solo dell’aggressione in sé, quanto della sua apparente irragionevolezza narrativa: la rabbia e la violenza sembrano esplodere improvvisamente, sproporzionatamente, senza un giustificato motivo.
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La rabbia che “copre” una vergogna intollerabile
Ripercorriamo un attimo l’episodio a ritroso per quelli che sono i tratti essenziali ai fini della nostra questione. Tuco Salamanca è il capo indiscusso. Quello che risulta intollerabile non è il contenuto, la sostanza di quello che gli viene detto, quanto il fatto che un suo uomo lo abbia contraddetto e quindi messo in discussione in pubblico, davanti ad altre persone (i Nostri Jesse Pinkman e Walter White), a prescindere dalla ragionevolezza o meno dell’obiezione sollevata. Questo equivale per Tuco non soltanto a mettere in discussione la sua autorità (cosa che forse già basterebbe in quel contesto per rischiare la pelle) ma il valore estensivo della sua intera persona. Le evidenti vulnerabilità narcisistiche del personaggio sono, fra gli altri, gli aspetti che ne caratterizzano il profilo psicopatologico. Una critica equivale emotivamente alla radicale messa in discussione di sé stesso – non importa quanto questa percezione sia distante dalle reali intenzioni dell’interlocutore – a causa della profonda insicurezza che si cela dietro il suo comportamento apparentemente spavaldo. Sentirsi smascherato, colto in fallo rischia di esporlo ad un sentimento di vergogna intollerabile. La rabbia è una reazione “di copertura”: allontana Tuco dal sentimento di vergogna e cerca di riequilibrare emotivamente la sua autostima distruggendo colui che lo ha messo in imbarazzo.
Rabbia e vergogna: questioni di vita o di morte
La rabbia narcisistica di Tuco dicevamo è cieca, totalmente istintiva, non lascia alcun margine al pensiero e al ragionamento; non c’è ragionamento che tenga perché si tratta di una reazione immediata, attivata dai circuiti cerebrali più arcaici – distinti dalle zone della corteccia cerebrale dove risiede il ragionamento logico - quei circuiti attraverso i quali passano i comandi per le reazioni di attacco/fuga messe in atto in situazioni “di vita o di morte”. E questa per Tuco Salamanca lo è, almeno sul piano psicologico.
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