Il lutto mediatico per Marco Simoncelli
La recente tragica scomparsa del motociclista Marco Simoncelli ha avuto una risonanza mediatica vastissima, non soltanto per la sua rilevanza per il mondo del motociclismo, ma anche e soprattutto per la partecipazione corale di molti fan ad un lutto da cui evidentemente molti si sono sentiti toccati direttamente. Ma come comprendere il significato di questi “lutti mediatici” dove si piange per la scomparsa di qualcuno che, in realtà, non si conosceva direttamente?
La tragedia e il dolore insiti nella morte del motociclista Marco Simoncelli appena 24enne sono indiscutibili, come altrettanto indiscutibile e naturale è per ognuno di noi sentirsi umanamente addolorati per un incidente che è costato la vita ad un giovane ragazzo nel fiore dei suoi anni e della sua splendida carriera di sportivo. Ma quello a cui si è assistito è stato un vero e proprio lutto mediatico: in cinquantamila ai funerali con tanto di maxischermi sul circuito di Misano, una partecipazione corale quindi di moltissimi fan, come sempre avviene in questi casi, nonostante si tratti di un personaggio che probabilmente nessuno di loro conosceva direttamente.
Il lutto mediatco per Marco Simoncelli e la società moderna
Questi lutti mediatici stridono ad una prima analisi con quella che è diventata nella cultura moderna e postmoderna, la concezione della morte e del lutto. Se in epoche precedenti la morte veniva vissuta e accettata come un evento naturale del corso dell’esistenza e il lutto era un fatto collettivo e precisamente ritualizzato; la cultura moderna, osservano psicologi e sociologi, ha trasformato la morte da fatto pubblico a fatto privato: non più un evento inserito nella comunità ma vissuto privatamente ai margini di un mondo che sembra per certi versi negarla, ostentando ideali e standard di eterna giovinezza ed efficienza. La morte passa alla ribalta solo, purtroppo, quando fa spettacolo, quando è orrore, guerra e sangue ma comunque relegata in un altrove; quando un lutto colpisce la nostra esistenza più difficilmente oggi troviamo rituali e tradizioni collettive a cui appellarci.
Il lutto mediatico per Marco Simoncelli e la dimensione collettiva
Sono sempre di meno quindi le occasioni per condividere il lutto con un “collettivo” che vada oltre la ristretta cerchia di amici e parenti e sempre maggiori invece quelle in cui ci si sente parte di lutti mediatici in cui si condivide con una moltitudine di gente che per la maggior parte neanche si conosce il lutto per la scomparsa di un personaggio che, per quanto famoso e idolatrato, non apparteneva certo alla reale cerchia della proprie relazioni e dei propri affetti. L’evento morte non è opposto alla vita ma fa intrinsecamente parte di essa, è il solo destino che condividiamo con qualunque essere vivente. È per questo che il lutto non può per sua natura essere un fatto solo privato e individuale poiché è la dimensione del collettivo che può conferirgli senso e significato. La società di oggi permette di intessere molteplici contatti in un microsecondo ma spesso, paradossalmente, non è più in grado di soddisfare i bisogni sociali e relazionali fondamentali delle persone. Può il maxischermo dei funerali di Marco Simoncelli colmare il vuoto e la lacuna lasciata da questa globalizzazione individualista? Certo è che è un fenomeno che non può far riflettere…
Fonte immagine: Rithauddin