Riformare la legge Basaglia?
A quasi 35 anni dalla chiusura dei manicomi in Italia si avanza la necessità di una riforma della legge 180 per l’assistenza psichiatrica, più nota come legge Basaglia. Al centro di accese polemiche la proposta avanzata in tal senso che sarebbe, secondo i professionisti del settore, piuttosto una contro-riforma comportando un possibile ritorno alla restrizione della libertà e della dignità personale dei pazienti psichiatrici.
“La malattia mentale non esiste” è una delle provocatorie affermazioni di Franco Basaglia, sostenitore degli effetti iatrogeni dei sistemi reclusivi manicomiali e autore della legge 180, nota appunto come legge Basaglia. Tale legge dal ‘78 disciplina l’assistenza psichiatrica in Italia avendo portato alla chiusura dei manicomi, al reinserimento dei pazienti psichiatrici entro le famiglie e la società civile e alla territorializzazione dei servizi sanitari per la Salute Mentale. Una legge ritenuta esemplare dalla stesso Organizzazione Mondiale della Sanità e che dal ’78 a oggi ha ispirato molti dei provvedimenti presi da altri Paesi europei. Nessuna legge è perfetta, certo, e anche la 180, nelle sue applicazioni, non è stata esente da problemi, vediamo però perché la proposta di riforma della legge Basaglia recentemente avanzata suscita molte polemiche.
Legge Basaglia: riforma o controriforma?
La proposta di riforma della legge Basaglia presentata recentemente alle Camere dall’On. Carlo Ciccioli non piace, non convince e anzi è ormai al centro di accese polemiche principalmente perché, fra i vari aspetti, prevederebbe alcune modifiche relative alle disposizioni per i TSO (trattamenti sanitari obbligatori) e a possibili trattamenti sanitari obbligatori extraospedalieri lesivi della libertà e della dignità del paziente riproponendo, in altre parole, quegli stessi principi coercitivi e reclusivi che ispiravano proprio l’antico assetto manicomiale che la legge Basaglia aveva consentito di abolire.
Prima della legge Basaglia
Prima dell’approvazione della legge Basaglia in Italia la cura dei pazienti psichiatrici era affidata alle istituzioni manicomiali e ispirata a metodi coercitivi e reclusivi riproposti in note pellicole cinematografiche come l’intramontabile Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) o il più recente Shutter Island (2010). La critica che il movimento antipsichiatrico basagliano muoveva all’allora asseto psichiatrico era quella di contribuire ad aggravare e a cronicizzare i disturbi psichiatrici con l’isolamento e la reclusione che, insieme a trattamenti ingiusti e disumani, portavano a quell’alienazione che Erving Goffman riconosce propria di tutte quelle che egli definisce come Istituzioni Totali: manicomi, carceri, ospedali, caserme… tutte organizzazioni rigide, coercitive e gerarchizzate dove i comportamenti dei singoli sono controllati e vincolati riducendo al minimo qualunque possibilità di iniziativa personale.
Riformare la legge Basaglia per potenziarla
Il matto pirandelliano del film Revolutionary Road (2008) è sconveniente perché “dice la verità” sull’inconsistenza delle apparenze e delle illusioni delle vite “normali” e “conformiste” dei personaggi che rifiutano di vedere la meschinità, il dubbio, il desiderio, in altre parole il “diverso” che alberga in ognuno di loro. La legge Basaglia necessita di riforme che consentano semmai dei miglioramenti della sua stessa applicazione, i principi che l’hanno ispirata rappresentano una risorsa per il rispetto della dignità di tutti i membri della società civile chiamata a riappropriarsi della responsabilità di tutti coloro che ne fanno parte perché ognuno possa, al meglio delle proprie possibilità, riappropriarsi della propria libertà e capacità di scelta.
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