Malato o sano: due stati inconciliabili?
Malato o sano? Sono davvero due le possibilità ed è davvero così semplice distinguere i due stati? A partire da Freud questa convinzione è stata messa a dura prova dagli psicologi.
Quante volte nel sentire una notizia di cronaca al limite dell’immaginabile sentiamoci vicini e amici dire: “era una persona così tranquilla e normale”? E allora da dove arriva quell’atto atroce, la manifestazione (a nostro parere) evidente della presenza di un disturbo mentale, di una malattia. Questi esempi ci portano ad una domanda più generale: è possibile stabilire una netta distinzione tra malattia e sanità mentale? Come distinguerli tra di loro?
Una confine sfumato
Prima di tutto occorre fare una distinzione tra nevrosi e psicosi, per quanto riguarda il disagio “mentale”. La psicosi è un disturbo di tipo psichiatrico, in cui si riscontrano delle concause organiche, caratterizzate da un’alterazione nel contatto con la realtà e da una perdita di “solidità” nella propria personalità.
Lo psicotico non riesce più ad interagire correttamente con l’ambiente, anche perché non lo riconosce più e riesce a costruire una sorta di realtà alternativa, grazie anche alla compromissione (eventuale) dei sensi che portano ad allucinazioni. In questo caso assistiamo ad uno scollamento evidente dalla realtà e comportamenti bizzarri, pensiero confuso, ecc.
La nevrosi invece, non ha concause organiche, il soggetto entra in conflitto con la realtà, nel senso che no riesce a gestirla in modo soddisfacente,ma non se ne stacca. Il soggetto trova modi alternativi con cui compensare la sofferenza che apparentemente e all’inizio non sembrano espressione di una sofferenza. In questo caso il confine diventa davvero sfumato.
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Il disfunzionale
Se la distinzione non è chiara, proviamo a pensare alle nuove dipendenze (dipendenza da shopping, da cellulare, da lavoro, ecc.). In questo caso il disagio prende l’avvio da comportamento perfettamente “normali”: è giusto andare a lavorare, è piacevole concedersi un bel regalo, è difficile oggi lasciare il cellulare a casa.
Il problema subentra quando è troppo, cioè quando il comportamento non è più governato dall’individuo, bensì lo governa ed è al centro della sua vita impedendogli di concentrarsi su altri compiti allora diventa disfunzionale. In questo caso possiamo pensare ad un continuum dove i due teorici opposti sono il sano e il malato e all’interno una miriade di sfumature; comportamenti più o meno utili a compensare le nostre debolezze che vanno bene finchè non diventano disfunzionali.
In termini di nevrosi è più conveniente chiedersi:
> Riesce a controllare la spinta al comportamento
> Riesce a svolgere gli altri compiti della vita?
I criteri
In termini più specifici c’è comunque bisogno di criteri che ci guidino nella nostra valutazione dello stato mentale. Il DSM V, il manuale in cui vengono elencate le descrizioni e i criteri diagnostici dei disturbi mentali è il punto di riferimento in tal senso, ma possiamo comunque elencare una serie di dimensioni da valutare:
> Normalità statistica: la malattia è costituita dai comportamenti meno frequenti o che appartengono alla minoranza
> Etichettamento: il malato è colui che viene definito tale da una figura professionale prepostain tal senso
> Sintomatologia: la malattia è definita da una serie di sintomi presenti o assenti
> Sofferenza: è il criterio più soggettivo che sottolinea come a volte non è necessario un elemento concreto per sentirsi malati. Chi soffre molto, di per sé, non ha qualcosa che non va?
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