Depressione, successi e fallimenti

Questi sono sia i tempi migliori che quelli peggiori.
Charles Dickens

Depressione, successi e fallimenti

“Scusa non volevo appesantirti, ma questo tempo mi deprime!”.

Testo ricevuto da un mio amico, ora anche mio coachee.

È vero che la primavera quest’anno non vuole proprio arrivare, ma stavo per rispondergli in modo forse arrogante e spavaldo.

Per anni ho utilizzato in simili frangenti una mia  frase/convinzione :

“Nessuna pesantezza, a me devono aver iniettato da piccolo una sostanziosa flebo antidepressiva”. Normalmente me ne compiacevo, profumando d’incenso il mio io.

Oggi mi sono fermato prima, qualcosa ha fatto tilt nella mia sfera emotiva.

Era una conversazione dissonante in me, incompleta, rivista e ancora da rivisitare.

Da quanto tempo non era completamente vera?

 

Anni fa un violento trauma affettivo mi aveva portato ai confini, a volte superati, della depressione. La mia, quella di nessun altro.

 

La mia professione di coach scricchiolava paurosamente.

I temi fondanti del mio essere trainer diventavano nebulosi, astratti sino ad apparirmi falsi,  comunque non coerenti con la ma persona.

La zona comfort, il valore del rischio, le opportunità e l’apprendimento da cogliere nella sfera della vulnerabilità. La capacità di reinterpretarsi, l’uscire da ogni tipo di evento vincitore e non vittima, la possibilità di trasformare la nostra relazione con qualsiasi avvenimento.

La mia grande passione sull’intero tema del cambiamento tutto mi  sembrava risultato  una gran teoria che ormai in me non produceva più esperienza rigenerante.

La depressione si mascherava, si travestiva diventando tristezza, rabbia, sconforto, euforia, fuga.

 

I miei figli, le mie relazioni e la mia dimensione spirituale sono state le vere ancore cui mi sono aggrappato. Nonostante sia stato in mare qualche volta, solo allora ho capito che volesse dire “navigare a vista”. Per chi svolge la mia professione sa bene che un coach efficace sostiene clienti ed organizzazioni verso i loro obiettivi, affiancandoli nel percorso verso i risultati attesi, potenziando le qualità e le risorse.

Whitmore, uno dei padri del Coaching anglofono, sostiene che un paradigma fondante per un coach è quello di credere nel potenziale di ogni essere umano, nelle capacità di ogni singolo individuo.   Va da sé che debba credere nelle sue oltre che in quelle degli altri.

Non ho riposto oggi al mio amico, ma mentre sorridevo assaporandomi il presente ed immaginandomi un futuro ancor più di successo, pensavo che forse oggi dovrei dire :

“La depressione è da sempre mia antica nemica, in genere ho io vinto le battaglie, alcune le ho perse, ma non per questo mi è diventata amica e mai lo sarà”

E non sarà certo il freddo noioso di una primavera che non vuole arrivare a farmi perdere questa.