Counseling Motivazionale, Neuroscienze ed Empatia Corporea nei percorsi di crescita personale
La scoperta dei neuroni specchio e l’elaborazione delle mappe neurofisiologiche confermano la pratica clinica del Counseling Motivazionale e inoltre ci portano a sviluppare ulteriormente strumenti e stili di lavoro orientati alla comprensione della persona nella sua interezza (intelligenza complessiva, integrata) in tutte le sue Funzioni: cognitive, emotive, motorie, posturali e fisiologiche. Questa integrazione si rivela particolarmente utile nella Relazione d’aiuto
Da dove nasce l’ideazione
Dall’applicazione del colloquio motivazionale, dalla constatazione della sua efficacia e dalla constatazione del suo sviluppo soprattutto nella fase della motivazione e della preparazione del cambiamento. Dall’incontro con i ricercatori dei neuroni specchio e dalla successiva creazione di un centro studi (Shine, Ferrara 2008) che vede operatori e terapeuti di diverso orientamento lavorare insieme per l’applicazione di queste ricerche nella relazione d’aiuto. Dalla constatazione della complementarietà del Counseling Motivazionale con altri metodi che ne ampliano le possibilità d’intervento, si pensi alle sinergie con l’area cognitivo-comportamentale, con l’approccio narrativo, con quello biosistemico. Dalla constatazione che alcune strategie e stili motivazionali, si pensi all’ascolto riflessivo, possiedono già di per sé e quindi possono sviluppare nuovi modi di pensare, di fare e di sentire, che è poi il cuore, e quindi il corpo, del cambiamento.
Le teorie di riferimento
La scoperta dei neuroni specchio e l’elaborazione delle mappe neurofisiologiche (Rizzolatti, Gallese, Iacoboni, Liss, Edelman, Nobel per la medicina 1972, Laborit, Siegel) confermano la pratica clinica del Counseling Motivazionale e inoltre ci portano a sviluppare ulteriormente strumenti e stili di lavoro orientati alla comprensione della persona nella sua interezza (intelligenza complessiva, integrata) in tutte le sue Funzioni: cognitive, emotive, motorie, posturali e fisiologiche. Questa integrazione si rivela particolarmente utile nella Relazione d’aiuto, per migliorare l’ascolto, la comprensione, la relazione, la motivazione, il cambiamento. Quando siamo impegnati in una conversazione, noi esseri umani tendiamo reciprocamente a imitare le strutture sintattiche dell’altro, chi ascolta rispecchia con la propria lingua la persona che sta parlando. Il rispecchiamento del parlato dell’interlocutore è necessario per poter riconoscere il parlato stesso (Iacoboni, 2008). In una conversazione faccia a faccia vi sono altre forme di imitazione e di allineamento interattivo: i gesti simultanei, l’orientamento degli sguardi, le rotazioni e i ritmi del corpo sono molto importanti nell’aiutarci a comprendere il senso di ciò che viene detto. Condividiamo questa prospettiva di lavoro secondo cui gestualità e linguaggio sono un unico sistema, i gesti sono parte integrante del linguaggio tanto quanto le parole, (Iacoboni, 2008).
Rispecchiare l’interlocutore non è solo una forma di comunicazione non verbale, bensì, in primo luogo, è qualcosa che ci aiuta a percepire le espressioni dell’altro e, quindi, le sue emozioni (Iacoboni, 2008). I risultati delle ricerche sui neuroni specchio suggeriscono che attraverso il rispecchiamento siamo in grado di provare ciò che prova il nostro interlocutore. Il processo di rispecchiamento è immediato, non si può parlare di imitazione, ma di comprensione diretta, esperienza interiore che si traduce in azione senza la mediazione dell’astrazione logica. Questo ci permette di partecipare all’azione dell’altro senza doverlo imitare, ci permette di comprenderlo, di entrare in empatia senza dover necessariamente essere d’accordo con i suoi contenuti. Noi esperiamo gli altri come se noi stessimo facendo le loro stesse azioni, sentendo le stesse emozioni, producendo le stesse vocalizzazioni, essendo toccati come loro si stanno sentendo toccati (I neuroni specchio sono adiacenti ai neuroni motori, Gallese 2007). Questo processo di percezione, interiorizzazione ed elaborazione si ritrova anche nelle relazioni di apprendimento e di caregiver, ad esempio nella dinamica dell’imitazione differita così come è stata studiata da Piaget, 1972. L’elaborazione del rapporto mente-corpo, nelle ricerche multiprofessionali sui neuroni specchio, rappresentano una concezione circolare, non gerarchica del rapporto mente-corpo.
Si concettualizza un unico, complesso sistema psico-fisico, che diventa la base della Relazione d’aiuto. Non c’è primato dell’uno sull’altro, ma si influenzano continuamente e vicendevolmente. La psiche influenza il soma ed il soma influenza la psiche. Si lavora con una persona globalmente. Tutti i distretti corporei e tutte le aree del Sé sono in relazione effettiva con l’ambiente, a tutte le età. Ed anche il terapeuta lavora con il suo Sé psicofisico ad un livello di coinvolgimento altrettanto globale. L’attenzione al corpo non è una modalità che esclude la psiche, bensì aggiunge nella Relazione d’aiuto la dimensione corporea a quella verbale. La ricerca di Ernst Gellhorn, 1986, ha dimostrato che le componenti simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo (SNA) devono lavorare in alternanza al fine di mantenere in salute l’organismo. Quando condizioni di stimolo creano disturbo nello SNA in modo tale che quest’alternanza si perda e venga sostituita dalla scarica “simultanea” di entrambi i sistemi, si osserva mancanza di coordinazione a livello psicologico e disagio emozionale.
Questa ricerca ha condotto allo sviluppo della “curva d’energia” e giustifica l’approfondimento emozionale tramite attivazioni corporee e verbali (che aiutano il SNA a tornare alle sue normali funzioni). Vi sono molti tipi di parole, dalle più potenti e significative alle più vuote e inutili; vi sono parole che toccano e altre che allontanano, e questo dipende dalla carica organica che le anima. E’ la carica organica che le rende piene. La parola attraverso la voce acquista una doppia consistenza: l’espressione di un contenuto e l’attivazione di un atto energetico-corporeo. Le parole che ascoltiamo o che pronunciamo lasciano una traccia. Una volta pronunciate, infatti, le parole vanno ad agire almeno su due cervelli: quello di chi parla e quello di chi ascolta. In entrambi, esse diventano materia mediante un preciso percorso chimico-fisico (oltre che simbolico) che attraversa corpo e psiche a partire dall’orecchio. (J. Liss).
Le nostre riflessioni
Lo stile empatico e l’ascolto riflessivo hanno la possibilità di favorire l’insight, che è un’ottima fonte di elaborazione e di cambiamento. I comportamenti problematici e le criticità emotive resistono alle conoscenze razionali. Il sapere non basta per cambiare. Il cambiamento viene elicitato da tutti i livelli dell’esperienza: la parola, la ragione, le sensazioni, le emozioni e il corpo. Le parole chiave hanno risonanza interiore e mettono in contatto con le emozioni. Le emozioni sono esperienze psicofisiche: sono fatte cioè di rappresentazioni mentali, di sensazioni, di attivazioni biocorporee, in sostanza le emozioni sono radicate nel nostro corpo. Il counseling, così come oggi cerco di praticarlo, si muove fin da subito sull’onda dell’ascolto profondo, secondo lo stile del colloquio motivazionale. E non solo. Mettendo in pratica, secondo le ricerche di Iacoboni, di Laborit e di Liss, la riflessività e l’empatia corporea, l’accoglienza e il rispetto della prossemica emotiva della persona, la ricerca, tramite domande sonda e riflessività, delle connessioni e dei luoghi in cui le parole e le emozioni prendono corpo, si affacciano timidamente o urlano di uscire dall’inibizione e richiedono di essere accolte profondamente.
La pratica (Dove la stiamo applicando)
Supervisione operatori. Gruppo alcolisti. Gruppo adolescenti. Colloqui pazienti area dipendenze patologiche. Formazione allievi Scuola Counseling Motivazionale, sede di Ferrara. Formazione operatori al Colloquio Motivazionale. Un esempio clinico In estrema sintesi. Non sopporto la scuola, non voglio più andarci: A. è una ragazza di 16 anni, studiosa e con qualche chilo di troppo. L’anno scorso ha subito episodi di bullismo che l’hanno ferita e umiliata. All’inizio ha continuato a frequentare la scuola come se nulla fosse successo, poi sono subentrate crisi di svogliatezza, non si è sentita sostenuta dagli insegnanti, le crisi si sono aggravate ed A. ha iniziato ad assentarsi da scuola sempre con maggiore frequenza. Quando i genitori e gli insegnanti chiedono il nostro aiuto A. è assente da oltre un mese. E’ preoccupata e accetta di fare qualche colloquio con noi.
Stadio 1. domande aperte e ascolto riflessivo. Accogliamo A. la invitiamo a raccontare cosa è successo, riflettiamo i passi chiave della sua narrazione, facciamo qualche breve pausa di silenzio, le chiediamo cosa ne pensa, cosa vuole aggiungere o togliere o correggere dal racconto che si sta costruendo. Stadio 2. ascolto riflessivo focalizzato sul sentire e domande sonda per approfondire la narrazione. A. entra in un uno stato di buona collaborazione. Rispecchiamo i suoi ritmi e le sue posture, attraverso la riflessione dei sentimenti le facciamo soppesare ciò che sente ora mentre racconta quanto è successo, passiamo dalla restituzione riflessa “stai dicendo che queste ragazze ti stanno sempre addosso, dovunque tu vada, qualunque cosa tu faccia ti deridono e quindi non riesci più a sopportarle” alla riflessione diretta “forse intendi dire: queste ragazze mi stanno sempre addosso, mi deridono e io non le sopporto più”. Sosteniamo A. e poi le chiediamo “Come ti senti adesso ascoltando queste parole”. A. ripete spontaneamente la frase riflessa con un tono un po’ più alto di prima Stadio 3. dare corpo alle parole. Aiutare la persona a sentire dove risuonano le parole chiave, dove si collocano e quali sensazioni producono. Domande sonda e riflessività del sentimento e amplificata per far emergere dalla parola l’emozione e le sue radici corporee.
Poi A. aggiunge “parlavano e ridevano e io sentivo che stavo per esplodere” . Le chiediamo: “cosa ne pensi di ripetere questo passaggio stavo per esplodere?” A.: “Si stavo per esplodere, le avrei uccise, poi pensavo che era meglio lasciarle perdere, mi bloccavo e mi saliva l’ansia”. “Hai detto mi saliva l’ansia…” A.: “Si, da non vederci più”. Le chiediamo: “in quale parte del corpo senti quest’ansia?” A.: “Non capisco” “Se puoi muovere piano le mani come sto facendo io e toccare la gola, il petto, la pancia e poi tornare verso l’alto forse puoi sentire dove si trova quest’ansia” A.: Rispecchiando il counselor, dopo poco dice: “Mi sembra di sentirla qui” e ferma la mano sul proprio petto. Rispecchiamo A. e le diciamo “cosa senti proprio qui?” A.: “Una specie di pressione” Continuando a rispecchiarla le chiediamo: “puoi tenerci un po’ su la mano e respirare su questa pressione? Facciamolo insieme per un po’, poi ci puoi dire cosa senti” A.: “Sento come un calore che parte proprio da qui e viene fuori” “Bene, ora puoi riprendere a descrivere la situazione che stavi raccontando, mentre mantieni il corpo nella stessa situazione in modo che le sensazioni si uniscano alle parole” ripetiamo la situazione chiave e poi le chiediamo “come ti senti adesso?” A.: ”Non so, sento come una voglia di muovermi” “Puoi farlo, puoi alzarti se vuoi” A. si alza fa un gran respiro, si risiede e riprende a parlare.
Noi prendiamo a rispecchiarla più parzialmente, inseriamo qualche lieve modulazione mentre continuiamo ad ascoltarla. A. mentre ha preso a massaggiare anche lei il torace: “non posso rimanere ferma lì come una scema e quelle che ridono” Entriamo nella fase 2 (il cambiamento) e iniziamo col chiederle “Come vorresti muoverti al riguardo?” … Stadio 4. costruire immagini, azioni e role playing. E’ la fase in cui si aiuta la persona a esplorare concretamente le diverse soluzioni, chiedendosi che cosa succederebbe realmente se iniziasse ad agire un determinato piano d’azione. La domanda chiave è “Cosa faccio per cambiare la situazione?”. Il metodo di lavoro si concentra sul cominciare a fare (dentro e fuori il colloquio o il gruppo). Iniziamo il colloquio con un riassunto che arriva a dire: “ abbiamo visto che la volta scorsa ti sei impegnata molto e con soddisfazione ed energia hai detto basta non voglio più rimanere ferma. Ci chiediamo quanto ti senti pronta per iniziare a fare qualcosa di nuovo per la tua situazione.” A: “Si voglio provarci ma non so come cominciare”. A questo punto A. viene aiutata a esplorare le possibili azioni in due direzioni.
Prima con queste domande “Immagina che la tua migliore amica si trovi nella tua situazione e immagina cosa le diresti di fare”. “Immagina di trovarti in quella situazione e di fare qualcosa di diverso, prova a descrivere un passo alla volta le azioni che faresti”. Ogni risposta è seguita prima da riflessività, da brevi pause e da modulazioni della respirazione. Poi da domande chiave del tipo: “E adesso come ti senti?” “Cosa hai imparato da questa esperienza?” Successivamente si passa a preparare l’azione esterna. “Ora puoi mostrarci come faresti a fare quello che hai immaginato di fare. Possiamo alzarci insieme e tu puoi cominciare a dire e muoverti come se ti trovassi davvero in quella situazione qui e ora”. Ciò che si è agito in simulata crea una traccia di lavoro su cui costruire le azioni all’esterno del setting, i cui risultati e vissuti ritorneranno nel colloquio. Il ciclo disegna un percorso che va dalla parola alla sensazione all’immagine all’emozione all’azione alla sensazione all’emozione alla parola.
Una strada che ha a disposizione il counselor motivazionale è combinare l’ascolto riflessivo e l’ascolto profondo (Liss 2004) per cogliere non solo i contenuti della narrazione, ma il complesso della persona, con l’attenzione volta a identificare dove nel corpo e quindi nel comportamento espressivo si colgono settori di energia o di inibizione. Ricordando con R. May (1991) che il compito del counselor è quello di assistere la persona nella ricerca del suo vero Sé e poi di aiutarlo a trovare il coraggio di essere quel Sé e potrà farlo accompagnandolo nell’identificazione e nell’espressione delle sue emozioni. P.S. A. ha fatto la sua scelta, ha ripreso a frequentare gli amici della scuola ed è tornata in classe con impegno e fierezza.
“L’anima pensa secondo il corpo, non secondo se stessa, nel patto naturale che li unisce.” Maurice Merleau Ponty
Per approfondire
Cozolino L., Il cervello sociale, Neuroscienze delle relazioni umane, Milano, Raffaello Cortina Editore 2008. A. Bimbo, Emanciparsi dalle dipendenze, Franco Angeli, Milano, 1999, Edelman Gerald Maurice, Tononi G., Un Universo della Coscienza, Einaudi, 2000. Edelman G. M., Seconda natura. Scienza del cervello e conoscenza umana. Raffaello Cortina, Milano, 2007. Gallese V., Migone P., Eagle M. N., La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicanalisi, Psicoterapia e Scienze Umane, 3: 543-580, 2006. Ibidem, Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale. Meccanismi neurofisiologici dell’intersoggettività, Rivista di Psicoanalisi, 2007, LIII, 1, 197-208. Gellhorn E., Biological foundations of emotion, Scott, Foresman, 1986. Grenié C., Conversazioni con Henri Laborit. La libertà come fuga, Mondatori, 1997. Iacoboni M., I neuroni specchio, Come capiamo ciò che fanno gli altri, Boringhieri. Laborit H., L’Inibizione dell’Azione, Milano, Il Saggiatore, 1986. Liss J., Psicoanalisi e Neurofisiologia, in Ricerca Psicoanalitica, 2006, XVII, 3. Ibidem, L’ascolto profondo, La meridiana, Molfetta, 2004. May M., L’arte del counseling, Astrolabio, 1991. Miller W., Rollnick S., Il Colloquio Motivazionale, Edizioni Erickson, TN, 2004. Pascolo P., Budai R., Neuroni Specchio Mirror Neurons in monkey cortical area 5: there was experimental evidence And in humans, Rivista Medica, Year XIV, Number 60, 2008. Piaget J., La formazione del simbolo nel bambino. Imitazione, gioco e sogno. Immagine e rappresentazione, La Nuova Italia, 1972. Ponty M. M., Fenomenologia della percezione, Bompiani, 2003. Rizzolati G., Sinigaglia C., So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina, 2006. Rizzolati G., Vozza L., Nella mente degli altri, Neuroni specchio e comportamento sociale, Zanichelli, 2008. Siegel D., La mente relazionale, Neurobiologia dell'esperienza interpersonale, Cortina, 1999 Stupiggia, M., Il corpo violato, Meridiana, 2007.