Training autogeno: come si fa?
Si sente parlare ormai ovunque del Training Autogeno; tutti, anche chi non lo conosce direttamente, lo hanno sentito nominare almeno una volta. Ma, nella pratica, come si fa?
Il Training Autogeno è uno dei più accreditati e diffusi metodi di rilassamento, una volta appreso e padroneggiato con sicurezza può essere messo in pratica autonomamente, nel giro di pochi minuti e in molte circostanze della vita quotidiana.
Ma come si fa? Qual è nella sostanza il metodo attraverso il quale avviene tutto questo?
Riscoprire il binomio corpo-mente
Anzitutto il Training Autogeno non ha nulla a che fare con lo sforzo di volontà. E come potrebbe dal momento che ciò che si intende raggiungere – il rilassamento – è quanto di più spontaneo, ancestrale e connaturato nella natura primordiale e istintuale della nostra corporeità?
Pensate ad un neonato che dorme: è completamente rilassato, abbandonato, se lo si prende in braccio risulterà molto più pesante che da sveglio poiché tutti i suoi muscoli sono completamente rilasciati.
La capacità di rilassarsi è dunque qualcosa che ci appartiene da sempre, che è nelle nostre corde fin dalla nascita.
Con l’emergere della vita adulta disimpariamo quella che è la nostra naturale capacità di distenderci acquisendo tutta una serie di abitudini, tensioni posturali, stress emotivi che ci impediscono di ritrovare questo originario stato di quiete.
Come si fa dunque a rilassarsi?... Non c’è nulla di nuovo da dover acquisire: si tratta piuttosto di ricontattare la nostra natura più autentica, il nostro sostanziale legame corpo-mente.
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Come si fa a rilassarsi: abbandonare il controllo
Non c’è alcun rilassamento che si possa raggiungere mediante lo sforzo di volontà.
Pensate ad una notte insonne: se mentre non riuscite a prendere sonno iniziate a contare le ore che vi separano dal suono della sveglia, vi innervosirete e cercheree di imporvi di prender sonno… i vostri problemi certamente aumenteranno!
Non ci si può rilassare imponendosi di farlo! Sarebbe come fornire a sé stessi quella che la pragmatica della comunicazione definisce un’ingiunzione paradossale: “sii spontaneo!” è un classico esempio (Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio Editore, Roma, 1997).
Non c’è “devo” che tenga dunque, per imparare e praticare il Training Autogeno occorre mettere da parte il controllo e l’intenzionalità cosciente e accedere a quello stato di concentrazione passiva che caratterizza lo stato autogeno.
Si tratta di osservare il proprio vissuto corporeo passivamente, come se si fosse degli spettatori a teatro, rinunciando a voler interferire in alcun modo su di esso. (Schultz J.H., Il Training Autogeno, 2 vol. – Feltrinelli, 1984)
L’autosuggestione cosciente nel Training Autogeno
Questo stato di auto-osservazione passiva permette di concentrarsi sulle sensazioni e le percezioni corporee (le braccia, le gambe, il ritmo del respiro, il battito cardiaco ecc.) distogliendo l’attenzione dai pensieri e le preoccupazioni che normalmente assillano la mente.
Sono queste le condizioni in cui è possibile praticare quella che viene definita “autosuggestione cosciente” - ovvero la rappresentazione mentale del proprio vissuto corporeo - lasciando che le varie funzioni fisiologiche si regolarizzino spontaneamente.
In altre parole, si tratta di rappresentarsi mentalmente lo stato di quiete e rilassamento che si intende raggiungere lasciando che tali rappresentazioni influenzino naturalmente l’effettiva fisiologia del corpo.
Ciò che immaginiamo con la mente infatti può influenzare concretamente quello che accade nel corpo. Questo perché i circuiti neuronali impiegati per le rappresentazioni immaginative sono quelli che vengono chiamati in causa anche nelle percezioni sensoriali concrete.
Se richiamate un’immagine alla vostra mente utilizzerete nel visualizzarla, gli stessi neuroni impiegati nella visione “reale”, lo stesso accade per il ricordo di un odore, l’immaginazione di un sapore o la rappresentazione di un movimento.
Come si fa il Training Autogeno è dunque, in un certo senso, una domanda mal posta: non si tratta di “fare”, ma, al contrario, di abbandonare il terreno fallace del controllo cosciente per ricontattare le facoltà immaginative e istintive del nostro sistema mente-corpo.
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