Perché misurare l’intelligenza dei bambini
I test per misurare l’intelligenza dei bambini hanno costituito un grande passo in avanti anche in ambito di pari opportunità sociali, ma oggi che senso ha utilizzarli?
I test di intelligenza sono strumenti costruiti per dare una quantificazione chiara, univoca e confrontabile sul possesso di una facoltà tanto importante.
Lo Stanford-Binet è tra i primi test usati per misurare l’intelligenza dei bambini e la sua importanza andò ben oltre l’ambito della psicologia. In Francia venne usato nei primi anni del ‘900 e i suoi risultati andarono contro l’opinione corrente che i bambini poveri fossero meno intelligenti.
La somministrazione del test a tutti i bambini rivelò una disparità di stimoli e di possibilità di utilizzo, ma non di possesso di competenze.
Oggi che l’istruzione non è solo un diritto, ma un dovere dei giovani, che senso ha misurare l’intelligenza?
Gli strumenti a disposizione
Misurare l’intelligenza è un compito arduo e gli strumenti sono diversi, siamo ben lontani dall’unico Stanford-Binet, sebbene una sua versione aggiornata sia ancora utilizzata. Il primo grande ostacolo è la definizione di intelligenza, dato che non ne esiste una univoca.
Distinguiamo 2 grandi gruppi:
- Teorie strutturali prediligono la ricerca di fattori base dell’intelligenza (struttura) attraverso tecniche psicometriche che studiano le differenze individuali.
Teorie funzionali che cercano di descrivere i processi di elaborazione delle informazioni e la risoluzione dei problemi.
A livello psicometrico, le teorie strutturali hanno cercato di individuare degli indici globali per esprimere la misurazione dell’intelligenza. Tra i più famosi c’è sicuramente il Q.I. (quoziente intellettivo) in grado di dare una misurazione numerica, tenendo presente che il 100 è l’intelligenza media.
Un’ulteriore difficoltà di questi indici risiede nell’aggiornamento delle medie e della variabilità dell’intelligenza che risente delle culture e delle epoche storiche.
Aspettative e intelligenza
Misurare l’intelligenza non è un processo scolastico o privato, ma diventa un compito che poi va svelato. Chi è più o meno intelligente? Questa è la domanda che può essere coperta fino ad un certo punto, ma che può aleggiare in una classe.
All’interno del tessuto sociale della classe, degli insegnanti e dei genitori misurare l’intelligenza non è più quel processo preciso e asettico a cui mirano i ricercatori, ma diventa sede di gelosie e aspettative.
I genitori e gli insegnanti hanno delle ovvie aspettative nei confronti dei piccoli o grandi studenti e i risultati non sempre combaciano con tali opinioni e ciò può portare ad incomprensioni.
Un risultato “basso”può essere la base di una delusione genitoriale che verrà riflessa sul figlio come incapacità. Un risultato “alto” invece può indurre il genitore a chiedere di più o a costruire un piedistallo per il nuovo piccolo genio.
Bambini intelligenti
Tutto sta, come sempre, nel modo in cui tale misurazione viene presentata. Uno spirito competitivo innato o sostenuto da un’educazione, si può riversare nell’equilibrio della classe.
I bambini non sono certi noti per la capacità di tollerare di perdere ai giochi, figuriamoci in una competizione del genere.
Come affrontare la delusione? Non minimizzate, non rendete la misurazione dell’intelligenza come non importante solo perché non ha raggiunto i punteggi desiderati, ma contestualizzate il risultato:
> Non è immodificabile
> Si può sempre migliorare
> L’intelligenza è composta di molti fattori, in alcuni sicuramente eccelle, basta trovarli!
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