Gli effetti del lavoro atipico

Il lavoro atipico, nato per aumentare le occasioni nel mondo professionale, oggi è sempre più sinonimo di precarietà. La sensazione di instabilità causa difficoltà fisiche e psicologiche e può arrivare a determinare una vera e propria sindrome.

Gli effetti del lavoro atipico

Il lavoro atipico è una categoria molto eterogenea in cui rientrano diverse tipologie di contratto e/o rapporti di lavoro. Si tratta di tutte quelle situazioni in cui diritti e doveri dei lavoratori sono meno vincolanti, ma che spesso si traducono in una scarsa tutela a fronte delle medesime "pretese". La flessibilità diventa quindi incertezza creando non pochi disagi.

 

Cos'è il lavoro atipico?

Il lavoro atipico è stato ufficializzato con la nota legge Biagi la quale auspicava l'introduzione di nuove forme contrattuali di lavoro che permettessero una più agevole introduzione nel mondo del lavoro da parte dei giovani e una complessiva flessibilità. Vi rientrano il più "vecchio" lavoro part time, quello temporaneo, a progetto, formazione lavoro, collaborazione occasionale e apprendistato. Come spesso accade nella realtà, la legge è andata oltre le proprie intenzioni e ha creato un generale clima di incertezza, per cui oggi il lavoro atipico è quello precario che non consente di avere garanzie sul futuro perché dalla società stessa viene additato come meno valido del contratto a tempo indeterminato.


Effetti psicologici del lavoro atipico

Spesso il lavoro atipico è una scelta obbligata e in quanto tale comporta una serie di costi psicologici e fisici. Da un punto di vista lavorativo si assiste ad una frammentazione dell'attività e ad un continuo adattamento a mansioni e ambienti sempre diversi. A ciò si unisce la frustrazione per i periodi di mezzo di disoccupazione che può creare incertezza anche a livello delle proprie capacità e competenze. I lavoratori precari presentano anche delle condizioni di salute fisica e psicologica peggiori rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminati causati dall'indeterminatezza della propria condizione (cui si aggiunge spesso anche una scarsa remunerazione) che genera consistenti livelli di stress. I sintomi che più frequentemente si riscontrano sono: ansia, insicurezza, abulia, rabbia, bassa autostima, problemi di concentrazione e depressione.

 

Una vita precaria

L'impossibilità di progettare una vita per molti lavoratori atipici si concretizza in una vera e propria sindrome (sindrome da precarietà) che viene vissuta quotidianamente in uno stato di instabilità. Tale sindrome è composta di tre dimensioni: disinteresse verso la propria occupazione, conseguenze emotive sulla vita privata e sfiducia nel futuro privato e professionale. Questo stato individuale ha delle grandi ripercussioni anche sul lavoro; alcune ricerche hanno cercato di verificare la relazione tra la sindrome e alcune variabili organizzative (Antonino Callea, 2011). Esiste una correlazione positiva con la Job Insecurity (timore di perdere il proprio posto di lavoro da un momento all'altro) e alcune strategie di coping orientate all'evitamento (in modo particolare, si assiste ad una mancanza di impegno in caso di problemi sul lavoro). La relazione è invece negativa con la soddisfazione lavorativa.

 

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