Digital detox: disintossicarsi dall’uso eccessivo dello smartphone
Digital detox, non è l’ultima dieta in vista dell’estate, ma una proposta altrettanto benefica per la nostra salute: ridurre l’uso dello smartphone e recuperare il senso delle relazioni faccia a faccia. Alcuni ricercatori hanno sperimentato come.
Controllare continuamente lo smartphone mentre si è impegnati in una conversazione faccia a faccia può danneggiare la comunicazione e la qualità della relazione creando un senso di estraneazione nell’interlocutore che tenderà a sua volta a rifugiarsi nel proprio aggeggio alla ricerca di qualche “like” sui social network.
L’uso compulsivo degli smartphone può creare un circolo vizioso che porta ad un deterioramento delle relazioni sociali “reali”. Questi i risultati di uno studio pubblicato sul Journal of the Association for consume research. Ma c’è chi ha già ideato qualche strategia di digital detox.
Phubbing e digital detox
Phubbing è un termine coniato alcuni anni fa per indicare un comportamento che è diventato in poco tempo un fenomeno sociale pressoché ubiquitario: trascurare il proprio interlocutore per controllare frequentemente lo smartphone.
È qualcosa che facciamo tutti ogni giorno in modo automatico tanto da non rendercene quasi conto, eppure non si tratta affatto di una banalità.
Sembra infatti che questo comportamento possa rivelarsi molto dannoso per le relazioni sociali in quanto il nostro interlocutore finirà per sentirsi non apprezzato, non considerato, in altre parole “non visto”. E questo, stando alle ricerche, accadrebbe fin anche nella vita di coppia.
Alcuni ricercatori sono andati a fondo alla questione scoprendo che questa sorta di “alienazione” creata dagli smartphone avrebbe effetti paradossi: chi si sente vittima di phubbing, infatti, tenderebbe a sua volta a rifugiarsi nei social network per ottenere quelle gratificazioni sociali che gli sono precluse nella vita off line. Un “cane che si morde la coda” quindi.
Digital detox e gli effetti paradossi degli smartphone
Meredith David e James A. Roberts sono due ricercatori della texana Baylor University’s Hankamer School of Business, già alcuni anni fa si erano interessati al fenomeno del phubbing, in un recente studio hanno approfondito il fenomeno e gli effetti paradossi che esso crea nelle relazioni sociali.
Chi si sente ignorato ed escluso a causa della frenesia con cui il proprio interlocutore controlla lo smartphone tende infatti a compensare questa carenza di attenzioni “reali” cercandone un sostituto nel mondo virtuale dei social network.
In breve tempo il risultato sarà dunque quello di due persone, teoricamente impegnate in una conversazione faccia a faccia, ma all’atto pratico molto più impegnate a prestare attenzione ai propri smartphone, entrambe con la testa china sul piccolo schermo luminoso.
Questi i risultati emersi dall’indagine condotta su un gruppo di 330 volontari e che ha fatto concludere ai due autori come i social network e gli smartphone finiscano per produrre un effetto del tutto opposto a quello per il quale sono stati creati se se ne fa un uso eccessivo.
Invece di facilitare le interazioni e le connessioni fra persone, infatti, queste tecnologie, quando se ne abusa, possono deteriorare notevolmente le relazioni. Ma davvero controllare continuamente lo smartphone è questione di vita o di morte?
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Un intervento di digital detox
Alla domanda precedente ha provato a rispondere il team di ricerca Nudge Italia, un gruppo che si occupa appunto di Nudge ovvero di tutti quegli interventi volti a sostenere le persone verso una corretta architettura delle scelte, cioè verso l’adozione di comportamenti funzionali alla salute e al benessere a discapito di altri atteggiamenti, magari abituali, ma alla lunga dannosi.
L’esperimento è stato il seguente. I ricercatori hanno scelto come sede del proprio intervento di digital detox in due locali di Milano ed hanno posizionato al centro dei tavoli una piccola scatola in cui gli avventori potevano riporre i propri smartphone.
La scritta stampata sopra non lasciava margine a equivoci: “Sei davvero social? #posalo”.
Nessun intervento restrittivo e nessun obbligo dunque, solo un gentile invito che, tuttavia, gli avventori dei locali sembrano aver seguito di buon grado facendo registrare un calo dal 25% al 15% dell’utilizzo degli smartphone.
Il motivo del successo dell’iniziativa risiede nel potere persuasivo che assume un determinato comportamento quando sappiamo che verrà probabilmente messo in atto dalle altre persone intorno a noi.
Adeguarsi alle norme sociali condivise è un importante “collante” sociale per provare la propria appartenenza al gruppo. L’effetto del contesto può dunque avere un importante influenza sulla qualità dei comportamenti e delle interazioni, potrebbero tenerne conto i locali che decidano di provare a distinguersi offrendo ai loro clienti del buon cibo non solo per la pancia ma anche per la mente…
Che ricominciare a guardarsi negli occhi sia davvero la proposta più alternativa e anticonformista del momento?
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