Musicoterapia e crescita personale: intervista ad Alberto Ezzu

La musicoterapia interviene per aiutare persone affette da particolari patologie ma anche, insieme al canto armonico, per aiutare chiunque voglia esprimere le proprie potenzialità sonoro-musicali. Quali sono le tecniche di intervento? Cos'è il Modello Benenzon? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Ezzu, musicista e musicoterapeuta

Musicoterapia e crescita personale: intervista ad Alberto Ezzu

Alberto Ezzu, musicista e musicoterapeuta, ha fondato insieme al professor Benenzon il Centro Musicoterapia Benenzon Italia. Lavora nel campo dell’alzheimer, demenza, psichiatria e coma presso istituzioni private, R.S.A. e il Cottolengo di Biella. Tiene seminari sulla tecnica del canto difonico. Nel 2009 ha fondato l'associazione Arte, Cura e Trasformazione - Progetti per la Terapia. Lo abbiamo intervistato per approfondire gli ambiti di intervento e le tecniche della musicoterapia.

 

Quali sono gli elementi principali del Modello Benenzon? Cos'è l'identità sonora?

Possono considerarsi elementi fondamentali del Modello Benenzon l’ISo e l’Oggetto Intermediario. Per ISo si intende l’Identità Sonora di ciascun individuo, che lo caratterizza e lo plasma, sin dal periodo fetale e per tutta la vita. Benenzon considera l’ISo un accumulo di energie con caratteristiche dinamiche legate ad un’espressione corporo-sonoro-non verbale. Lo distingue in Iso Universale – un’energia comune a tutti gli uomini, con caratteristiche indistinguibili per razza, sesso, cultura – e, man mano che le energie escono dall’individuo e raggiungono gli altri e il mondo circostante, lo identifica come ISo Gestaltico, ISo Culturale, ISo in Interazione, ISo Ambientale, Iso Gruppale etc. Il Principio dell’ISo presuppone che per aprire canali di comunicazione tra paziente e musicoterapista sia necessario che questi riconosca gli ISo del paziente e li metta in equilibrio con i propri.

 

Un musicoterapista che operi con questo Modello deve necessariamente seguire un percorso di formazione permanente che gli permetta di conoscere le proprie caratteristiche sonoro musicali e riconoscerle nella loro costante trasformazione affinché non vengano confuse con quelle del paziente. All’interno di una seduta di musicoterapia i due soggetti – musicoterapista e paziente – possono instaurare una relazione non verbale che verrà mediata da strumenti di comunicazione in grado di agire sul paziente in un’ottica terapeutica. Si adopereranno elementi (non soltanto oggetti) capaci di consentire il passaggio di energia comunicativa da un individuo all’altro. Si può considerare un oggetto intermediario il suono utilizzato per la relazione, sia che provenga da uno strumento musicale vero e proprio, oppure da uno strumento portato in seduta dal paziente o costruito dal musicoterapista, sia la voce.

 

A chi si rivolge la musicoterapia? E per quali problematiche?

Qualsiasi persona desideri intraprendere un percorso o attuare una trasformazione su se stessa, può richiedere l’aiuto di un musicoterapista ed entrare in un setting. La volontà, del paziente stesso o di chiunque abbia la responsabilità della sua cura, è un principio fondamentale affinché sia possibile instaurare una relazione d’aiuto in grado di assumere aspetti terapeutici. La musicoterapia si è interessata sin dagli esordi di patologie quali l’autismo e l’alzheimer per poi arrivare a definire dei protocolli d’intervento in parecchi altri ambiti, quali la psicosi, la depressione, le demenze in genere, i disturbi del comportamento, dell’umore, l’afasia, il dolore cronico, l’oncologia, la gravidanza e il post parto, l’iperattività, il morbo di Parkinson, la sindrome di Down, gli stati vegetativi e il coma.

 

Ultimamente molte persone hanno richiesto il mio intervento come musicoterapista pur non presentando alcuna patologia specifica. Alcune hanno espresso il desiderio di avviare un lavoro col suono e sul non verbale perché curiosi ed interessati a riconoscere il proprio ISo; altre mi hanno espresso la propria difficoltà ad usare la voce in pubblico, o ad urlare in caso di pericolo. Aumentano ogni giorno le persone che desiderano entrare in un setting per motivi di crescita personale più che per curare una particolare malattia, e la musicoterapia, proprio con questi soggetti, si propone autorevolmente come mezzo privilegiato ed efficace. Con la musicoterapeuta Rita Meschini, come me Magister nel Modello Benenzon, abbiamo avviato una serie di seminari indirizzati non solo a studenti di musicoterapia ma anche a medici, infermieri ed altre professionalità dedite al servizio sociale e  all’aiuto, sulle tecniche della musicoterapia e sul riconoscimento del proprio ISo all’interno del presidio sanitario Santo Stefano a Porto Potenza Picena. Sono in fase di studio seminari simili in altre parti d’Italia.

 

Secondo la sua esperienza, in che modo la musicoterapia può favorire l'integrazione di minori stranieri?

Lo straniero migrante che viene a stabilirsi in un territorio in cui si incontrano e si mischiano culture differenti, oltre alle difficoltà primarie – casa, cibo e salute – incontrerà ostacoli soprattutto nell’ambito della comunicazione e dell’accettazione. La musicoterapia, proprio in virtù della sua natura non verbale, è in grado, all’interno di setting di gruppo protetti e appositamente realizzati, di far emergere ed esprimere vissuti, emozioni e sensazioni che in altri ambiti difficilmente potranno essere agiti. Questo permetterà ai soggetti coinvolti di sperimentare ed identificare modalità relazionali alternative e con gradi superiori di appagamento. Raramente si riescono ad avviare gruppi di musicoterapia con stranieri adulti – ovviamente impegnati a procurarsi i fondamentali mezzi di sussistenza – mentre si verifica con maggiore regolarità che minori in età scolastica, o che vivano in comunità protette, vengano inseriti all’interno di progetti musicoterapici. 

 

 

Tra gli ambiti della musicoterapia c'è l'intervento sonoro-musicale su pazienti in coma e su pazienti con patologie psichiatrice: in che modo si può essere d'aiuto?

Le patologie psichiatriche sono molto vaste, si potrebbe dire che lo siano addirittura quanto il numero dei soggetti coinvolti. Per impostare un intervento su pazienti con queste caratteristiche, penso pertanto si debba tener conto delle peculiarità di ognuno e personalizzare di volta in volta il lavoro. Credo che l’importante sia non dimenticarsi mai che si sta lavorando con esseri umani, che seppur sofferenti di un male che talvolta isola e rende difficile la relazione, sono persone che hanno i nostri stessi sentimenti, piaceri, sofferenze, e che, spesso, hanno soltanto bisogno di essere ascoltate.

 

Per quanto riguarda il coma, il discorso è ancora più delicato, in quanto presuppone un doppio intervento: da una lato con il paziente stesso, e dall’altro con la famiglia e gli amici. La vita della persona in coma per familiari e conoscenti appare come interrotta, sospesa, pertanto la musicoterapia può aiutarli sia ad accettare più serenamente la situazione, sia ad instaurare col proprio caro modalità relazionali più adatte le quali, ovviamente, saranno diverse da quelle che venivano adottate prima dell’ingresso in coma, ma che permetteranno ai parenti stessi e agli amici di controllare maggiormente sia lo stress sia il turbamento e l’ansia.

 

Per quanto riguarda l’intervento diretto col paziente, si fa riferimento ad alcune teorie le quali dicono che la vita psichica durante il coma si possa paragonare allo stato onirico. Nel lavoro che ho seguito sin dal 2000 insieme allo psichiatra Giuseppe Scarso in uno dei reparti di rianimazione dell’ospedale Molinette di Torino si è cercato, con pazienti in coma acuto, di raggiungere alcuni obiettivi molto pratici, tra i quali la diminuzione delle dosi di farmaci, accelerare il processo di guarigione e accompagnare il paziente attraverso la propria crisi esistenziale rinforzando la pulsione di vita. Ultimamente mi capita di lavorare con pazienti privati e in strutture residenziali. Nelle sedute utilizzo principalmente la voce e il contatto corporeo. Dalla recente esperienza avuta con pazienti in stato di demenza, sviluppata insieme all’operatore shiatsu Matteo Parigi – socio dell’associazione Arte, Cura e Trasformazione di Torino, della quale sono presidente – stiamo perfezionando una modalità di intervento che prevede la collaborazione diretta e nella stessa seduta di un musicoterapista e, appunto, di un operatore shiatsu. I risultati sinora ottenuti ci fanno ben sperare nella possibilità di esportare tale esperienza anche con pazienti in coma.

 

Quanto il canto e la musicoterapia possono favorire il nostro percorso di crescita personale?

Oltre ad essere un musicoterapista, da parecchi anni pratico e insegno il canto degli armonici. Si tratta di una tecnica per mezzo della quale un cantante può emettere, simultaneamente e nello stesso respiro, due o più suoni distinti. È una modalità di canto di origine siberiana, mongola e tibetana che da qualche decennio viene praticata anche da artisti occidentali. Ho sviluppato un percorso personale, che chiamo l’Ascolto Cantato, improntato sul riconoscimento e l’utilizzo degli armonici vocali (canto difonico). Si tratta di un vero e proprio training e si configura come momento conoscitivo e di stimolo ad avviare un lavoro consapevole sulle proprie potenzialità corporo-sonoro-musicali. Pur non trattandosi di musicoterapia in senso stretto, questo percorso – e il canto degli armonici in generale, – viene spesso usato all’interno di sedute di musicoterapia oppure come strada alternativa per individui che aspirino ad un percorso di crescita personale.

 

La musicoterapia permette di esprimere all’interno di un setting - luogo protetto e dedicato – emozioni e comportamenti che altrimenti sarebbe impossibile esprimere. Da questo deriva che il soggetto che partecipi ad un processo musicoterapico possa innescare delle modalità di auto guarigione che non sempre interventi farmacologici o percorsi di analisi riescono ad attivare. Naturalmente, un percorso di musicoterapia con soggetti affetti da patologie gravi, deve sempre essere attuato in un’ottica di scambio continuo di informazioni e rimandi con l’èquipe sanitaria ed i medici curanti.

 

La voce e il canto, in generale, possono risultare degli ottimi veicoli per un percorso individuale. La natura stessa della voce, che nasce dal corpo e in esso ritorna, tramite orecchie e pelle, in un processo di interscambio velocissimo ed altamente coinvolgente, la rende un ottimo mezzo per favorire un percorso di crescita personale con soggetti che non presentino patologie invalidanti di origine psichiatrica. Per questi soggetti, invece, non sempre si rivela adatto un percorso così interiorizzato, che meglio si può attuare utilizzando strumenti intermediari esterni – strumenti musicali e oggetti d’altra natura – che medino e smorzino le tensioni derivate dall’utilizzo che un mezzo tanto personale e intimo può creare. Il canto, come naturale evoluzione del lavoro personale sulla voce – e specialmente il canto in coro – può essere il più spontaneo e gratificante mezzo utilizzabile per percepirsi come unità e nello stesso tempo per sentirsi e percepire l’altro in un processo di scambio inter ed intra personale.

 

Fonte immagine: Guido Redoano