Piantala di essere te stesso: intervista a Gianfranco Damico
Gianfranco Damico, life coach, consulente, formatore aziendale e docente di master post-universitari è l’autore del nuovo libro “Piantala di essere te stesso” edito da Urra-Apogeo, un libro sulla crescita personale ed una guida alla scoperta delle meraviglie della vita
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Già dal titolo del libro capiamo che il suo è un approccio diretto, volto a scuotere l’individuo senza ‘fare sconti di alcun tipo’. Quanto c’è della sua esperienza di life coach in tutto questo ?
Ah, ma non sono io a non fare sconti, guardi che è la vita che non li fa! Vivere, o l’esserci, semplicemente, è un’avventura magica, straordinaria, sufficiente già a costituire quel “senso” che spesso cerchiamo non si sa dove; ma nel corso del cammino siamo chiamati a gestire una molteplicità di situazioni che la vita ci mette di fronte; ebbene, la questione è molto semplice: ciò che chiamiamo felicità dipende dalla nostra abilità, dalla nostra sensibilità intellettiva ed emozionale nel gestire quelle situazioni. Risposte funzionali e sensate e siamo delle persone appagate, in pace e in equilibrio; risposte disfunzionali e insensate e prendiamo dolorosi colpi di stoccafisso sui denti. La mia esperienza di life-coach –ma anche quella di formatore- costituisce un punto di vista privilegiato su questo: è per me evidente che ciò che le persone chiamano destino, che le loro vite così come se le ritrovano, dipendono in via prioritaria non dalle circostanze esterne, troppo spesso usate come alibi, ma da quanto “in pensieri, parole, opere e omissioni” hanno operato in risposta a quelle circostanze. Coltivare la qualità di quelle risposte, e quindi del nostro Io/mente, è ciò che fa la differenza in merito alla qualità delle nostre vite. Questo è il frutto di un lavoro su se stessi, meraviglioso, affascinante, ma pur sempre un “lavoro”, che implica dunque attenzione, focalizzazione, costanza e volontà; non è gratis, richiede impegno, ma la ricompensa è una mente vigile, limpida, sempre, e una vita di cui diventiamo splendidi artisti ed architetti.
Lei ha definito il suo come un libro piantato in terra che estende i suoi rami verso il cielo. Cosa ha il suo libro di diverso dagli altri?
Posso provare a identificare due aspetti che ne definiscono la peculiarità. La prima è che non credo molto a tutte quelle tecniche che promettono miracoli istantanei; mi sembrano troppo spesso una sorta di via illusoria al supermercato della salvezza e del successo personale, né più né meno di qualunque altra merce in questa società dell’urgenza in cui le cose devono “funzionare” presto e subito. Ripeto, quelle tecniche sono ottime stampelle, anzi le uso anch’io non di rado perché spesso è ciò di cui abbiamo bisogno per riprendere slancio; ma una vita realmente diversa, un cambiamento reale nel nostro solito approccio alle cose che ci mette nei guai –una capacità quindi di “piantarla di essere se stessi-, implica a parer mio la necessità di una trasformazione più profonda, più radicata, un vero e proprio cambio di paradigma che tocca un po’ tutta la nostra visione di chi siamo noi, chi sono gli altri e cosa è questo misterioso mondo in cui ci muoviamo. Ecco che allora nel mio libro tutta la prima parte è dedicata al “diserbare, sarchiare, spietrare” quel giardino che è la nostra mente; l’obiettivo non è dare alle persone il pesce già apparecchiato, e neanche la rete, ma farli entrare direttamente in quell’ambiente particolare dove le reti si forgiano: ecco perché utilizzo molte suggestioni provenienti da neuroscienze, scienze cognitive, epistemologia, rese in un linguaggio semplice e accessibile e miranti a permettere alle persone di costruirsele da sole le tecniche, poiché se ne sono afferrati i presupposti, e con essi ne è conseguito –me ne occupo nella seconda parte del libro- un grande potere nel definire e perseguire concretissimi obiettivi che costruiscono poi la nostra felicità. La seconda peculiarità è che, piantati saldamente i piedi nell’impasto, sporcateci le mani, siamo pronti a slanciarci anche verso altre forme di consapevolezza, verso altre percezioni del sé, verso una dimensione in cui non siamo solo “un’onda nel mare”, ma siamo noi stessi “il mare”: è questa la chiave di volta. Con grande pudore –perché anche qui, la banalizzazione è sempre in agguato- potrei dire che tale chiave di volta ha natura spirituale. Eccolo dunque lì il cielo, dopo le radici ben salde in terra!
Perché per lei la spontaneità mette nei guai e non aiuta l’individuo nel suo percorso di crescita personale ?
Che cos’è la spontaneità? Se lei ci pianta dentro un buon coltello analitico, troverà che è spontaneo tutto ciò che viene da dentro in modo non mediato, irriflesso, che arriva su dalla nostra parte più istintuale. E cosa c’è lì? Ci sono gli innumerevoli modelli interpretativi e comportamentali che noi abbiamo col tempo costruito e immagazzinato, gli schemi percettivo-reattivi che noi usiamo nell’affrontare il mondo. L’insieme di quei modelli è ciò che noi percepiamo come il nostro Io. Il problema è che noi tendiamo ad usare quei modelli in modo ormai irriflesso, automatico, anzi, come uniche risposte possibili alle situazioni che via via ci si presentano. È questo il motivo per cui restiamo ingabbiati. In un campo dove infinite potrebbero essere le vie di attraversamento verso quell’obiettivo che ci sta a cuore - personale o professionale che sia - noi prendiamo il solito vecchio sentiero tracciato dall’abitudine, senza neanche rendercene conto e senza neanche sospettare che le alternative sono in potenza infinite. I modelli inoltre agiscono in virtù di semplici somiglianze con le situazioni che affrontano, ed è così che ci ritroviamo a cercare di muoverci sull’Etna con una mappa del Vesuvio in mano, tanto sempre di un vulcano si tratta: il rischio di ritrovarsi in fondo a un crepaccio o chiusi in un cul-de-sac è piuttosto elevato, non le pare? Spontaneità non vuol dire autenticità, vuol dire solo reazioni non governate dalla consapevolezza. E il contrario di spontaneità non è artificiosità, ma strategia. E la strategia ha gli occhi ben aperti, ci vede, “vede” e considera anche l’altro, e quindi lo rispetta; la santa spontaneità no. Nell’irriflessa, “autentica” spontaneità le pareti del nostro acquario sono bell’e chiuse. Altro che evoluzione.
Quali sono i principali errori o false credenze che ci fanno deviare dalla meta di una vita autentica e soprattutto libera?
Secondo me è molto legato a quanto dicevamo prima, che si crede d’essere autentici e liberi solo nella spontaneità, nell’essere ciò-che-si-è, nel va-dove-ti-porta-il-cuore: è questo lo spiritello fuorviante. Io credo invece non vi possa essere vita autentica e libertà se non in un costante lavoro di autoconsapevolezza, di presidio, di esercizio di quella che potremmo definire presenza mentale e che, coerentemente, io chiamo l’Osservatore. È questa la nostra parte più nobile, il filosofo in noi e il “creatore”. La libertà è avere a disposizione più prospettive e opzioni, e non è certo una vita che scivola via dentro la gabbia delle abitudini mentali che te le garantisce. Mi permetto di ricordare che in tutti i percorsi di crescita di tutte le tradizioni filosofiche e spirituali di ogni tempo e luogo, il lavoro su se stessi, l’attento presidio della propria mente e delle passioni del cuore, è il prerequisito fondamentale. Poi viene tutto il resto. E tutto il resto sono le azioni concrete che siamo poi chiamati a compiere per dare corpo ai nostri sogni e desideri. Il cambiamento, è bene precisarlo, avviene nell’azione, non nella consapevolezza. Ma agire senza presidio e consapevolezza è come navigare senza bussola e con le vele irrigidite in sequenze fisse e prestabilite. Se preferisce, peggio che andar di notte, ma senza lanterna a rischiarare il cammino.
Nel suo percorso verso la consapevolezza si fa spesso riferimento, tra le altre cose, alla filosofia occidentale. Come ed in che modo la filosofia ha cambiato il suo modo di essere e l’ha illuminata?
Guardi, io sono tra quelli che trovano in alcune tradizioni di pensiero orientali come Taoismo e Buddismo molte cose meravigliose -la incredibile modernità epistemologica e “quantistica”del Tao Te Ching, le straordinarie intuizioni sulla natura dell’Io del Buddhismo. Eppure, mi si stringe un po’ il cuore quando vedo quest’incondizionato, acritico e un po’ ingenuo fiondarsi verso lidi orientali da parte di tantissime persone che poco o niente sanno della nostra meravigliosa tradizione filosofica occidentale! C’è una ricchezza meravigliosa nella nostra filosofia, una molteplicità di prospettive sulla condizione umana che non ha eguali nel mondo. Per non dire di quanto molte delle cose che oggi sembrano ai più nuove, per cui si grida alla novità, sono in realtà già presenti –e con quale spessore e profondità- nella nostra tradizione: gli inventori della pnl sono i Sofisti, non Bandler! I grandi maestri del lavoro su se stessi e del potere della visualizzazione e dell’intenzione, sono Stoici ed Epicurei! “La mappa non è il territorio” ha le sue profonde radici in Kant, in Schopenhauer, in James, in Nietzsche…e poi vuole mettere cosa può lasciare alla profondità di visione in noi l’aver viaggiato attraverso questi giganti –e gliene ho citato solo alcuni! Ha a che fare con quanto dicevamo agli inizi della nostra chiacchierata: non abbiamo bisogno solo di una tecnica per risolvere questo o quel piccolo problema; ciò di cui abbiamo bisogno è una visione grandiosa, un precipitare nella stupefacente, misteriosa, incredibile profondità che è l’intera avventura umana e il nostro distillarci, spesso anche faticoso, un posto e un senso in essa. Questo è il miracolo. Lì la grandiosità si fa strada in noi e un altro sguardo si accende. La filosofia è il più grande strumento che io conosca per creare quello sguardo e operare quel miracolo!
Piantala di essere te stesso per lei non è solo un libro vero ?
Oh no! Certo che non lo è! “Far camminare le proprie parole” è il primo comandamento! Quante persone e professionisti dell’evoluzione, della felicità e dell’apertura all’altro conosce le cui parole stanno in un punto e la vita vissuta in un altro? Quanti specialisti del supporto e dell’aiuto la cui vita è un groviglio dove dimorano stridore e rigidità? Io ne ho conosciuti tanti. E allora si tratta di testimoniare con le proprie azioni, con la propria passione, con la propria storia personale quanto si va in giro a predicare o si propone di cambiare. Io sono anche stato fortunato, perché ciò di cui mi occupo professionalmente è anche quanto mi affascina e appassiona sul piano della mia vita personale. Non c’è sdoppiamento, non c’è cesura. Certo, faccio anch’io le mie sciocchezze –come è possibile non farle?- e la strada non ha certamente nessuna fine, nessun punto d’arrivo... Ma camminare guardando dritto negli occhi la tigre, vuole mettere? Oppure, ancora meglio, danzarci insieme a quella dannata tigre, imprimerle un passo e una direzione!… Beh, è questa la “Grande Cosa”! Anche solo immaginare che Piantala di essere te stesso possa in qualche modo essere una suggestione utile, un supporto per andare in questa direzione, e per costruire la propria vita secondo il proprio disegno, secondo quel Daimon in noi che ci chiama a diventare qualcosa, ecco, è ciò che più mi riempirebbe di gioia!