Tasse ed educazione alimentare: un ossimoro?
Tassare le bevande gassate o altri generi alimentari ritenuti dannosi e rischiosi per la salute, una proposta, questa, importata dai “cugini” francesi e approdata anche nel nostro Paese che sta già facendo molto discutere. Si tratta di un metodo che può realmente essere efficace per stimolare consumi più salutari o dell’ennesimo tentativo di spremere i consumatori in un momento di crisi?
L’idea è made in France: dallo scorso anno la proposta di tassare bibite gassate con zuccheri aggiunti per promuovere una cultura più salutare dei consumi e “rimpinguare” le casse della previdenza. Ora se ne viene a discutere anche da noi, ma stando ad un sondaggio riportato su cremonaweb i pareri dei cittadini sarebbero vari ma prevarrebbero scetticismo e diffidenza verso una proposta, quella di promuovere l’educazione alimentare attraverso le tasse, che resta difficile da condividere fino in fondo.
Tasse e educazione alimentare: le scelte alimentari
Scrive Leon Rappoport nel suo libro Appetito, cultura e psicologia del cibo (2003, Ponte alle grazie) che ognuno di noi, nello scegliere cosa mangiare, è chiamato quotidianamente a confrontarsi e a mediare fra esigenze spesso in opposizione fra loro: il piacere che può esser ricavato dal cibo, il preservare la propria salute e la necessità di procurarsi il cibo nel modo più comodo, veloce ed economico possibile. Non sempre, anzi quasi mai, queste tre dimensioni si accordano fra loro: ecco che allora molto spesso ciò che più ci conforta in termini di gusto è non di rado anche ciò che è meno indicato per la salute e….a quanto proporrebbero i cugini francesi, potrebbe diventare anche ciò che è meno economico da procurarsi. Ma è realmente utile ricorrere alle tasse per promuovere un’educazione alimentare più sana?
Tasse e educazione alimentare: i comfort food
Si chiamano comfort food, sono quei cibi che ognuno di noi tende a ricercare nei momenti di tristezza o sconforto quando ha bisogno di utilizzare il cibo e il piacere di mangiare come conforto emotivo. Sono per lo più cibi risalenti alla nostra infanzia, ma non solo: l’industria alimentare offre pronti al consumo ogni genere di “conforto alimentare” dalle bibite gassate, alle caramelle o i piatti pronti. Tassare questi prodotti difficilmente avrebbe una reale ricaduta in termini di educazione alimentare vediamo perché.
Tasse e educazione alimentare: l’esempio dei fumatori
Da diversi anni ormai il costo delle sigarette aumenta progressivamente, senza che nessuno abbia esplicitamente dichiarato di voler “tassare” i fumatori, sta di fatto che, nonostante sui pacchetti troneggi ormai da tempo l’avvertimento “il fumo uccide” e il loro costo sia aumentato notevolmente questo poco ha inciso sull’effettivo consumo. Perché mai per le bibite gassate, o qualunque altro tipo di insalubre “conforto” alimentare, dovrebbe avvenire diversamente?
Tasse e educazione alimentare: le decisioni dei consumatori
Le dinamiche decisionali alla base dei consumi non sono guidate solo dalla razionalità, ma molto più spesso da fattori motivazionali multipli e contraddittori sui quali facilmente le componenti emotive hanno la meglio. Sembra quindi che le tasse poco potrebbero incidere sulla sanità dei consumi, programmi seri di educazione alimentare necessitano di strategie di intervento più ampie, non coercitive o normative ma in grado di promuovere responsabilità personale, senso di autoefficacia e consapevolezza delle proprie scelte alimentari in relazione alla propria salute non solo fisica ma anche psicologica.
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