L'importanza del Giorno della Memoria
Sviste, errori di valutazione, disattenzione..a volte franca ignoranza. Queste le motivazioni addotte dagli autori di molti episodi di offesa o sottovalutazione dell’Olocausto che di tanto in tanto calcano le pagine dei media. Sembra trattarsi ancora una volta di quella “banalità del male” che descriveva Hannah Arendt. Il Giorno della Memoria dovrebbe servire anche a ricordare questo.
Apprendiamo nello sconcerto generale una notizia rimbalzata sui media in questi giorni, proprio alla vigilia del Giorno della Memoria del 27 Gennaio.
Il titolare di un’officina di Rimini avrebbe esposto all’ingresso della stessa un cartello con la scritta “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi).
Lo stesso motto che capeggiava (lo si può vedere tutt’oggi) all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz.
Una scritta beffarda divenuta simbolo delle menzogne con le quali i nazisti convogliavano gli ebrei nei cambi di sterminio.
Il protagonista dell’incresciosa vicenda, stando a quanto riportano i media, si sarebbe difeso scusandosi per la frase e dicendo di non sapere che essa derivasse dal motto che accoglieva i prigionieri nei lager.
Il Giorno della Memoria fra modernità e ignoranza
Tempo fa incappo nella registrazione di una parte di una puntata del programma “L’eredità” di Carlo Conti, noto programma di intrattenimento in cui i concorrenti presenti in studio devono rispondere a quiz con delle domande a scelta multipla.
Una delle domande era la seguente “Adolf Hitler viene nominato cancelliere…” le alternative di risposta erano apparentemente così facili da essere imbarazzanti: 1933, 1948, 1964, 1979.
In effetti bastava un po’ di cultura generale mista a buonsenso perché si rispondesse correttamente pur non avendo particolari doti storiografiche.
Ebbene quel che è accaduto ha dell’incredibile: tutti i concorrenti, salvo l’ultimo costretto ad andare per esclusione d'altronde, hanno scelto tutte le altre date tranne quella più logica e corretta del 1933! Anche qui, “non sapevano”?
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Il Giorno della Memoria: non sapere o non pensare?
Naturalmente nulla sappiamo direttamente delle intenzioni delle specifiche persone delle vicende citate, né qui interessa esprimere giudizi, opinioni o ipotesi sulle loro personalità individuali.
Quel che mi sembra più interessante è cogliere un possibile fil rouge tra questi due episodi, per la verità non isolati dato che anche altre volte si è avuta notizia di offese o attestazioni di clamorosa ignoranza sulla storia della Shoa e sugli orrori dell’Olocausto (si pensi al “caso Anna Frank all’Olimpico di Roma).
Mi ha colpito il commento, per altro più che comprensibile, di Patrizia Tamburini sulla vicenda di Rimini.
La donna, figlia di un riminese sopravvissuto ai campi di sterminio, si è dichiarata incredula su quanto affermato dal protagonista della vicenda: difficile si sia trattato di un caso, più ragionevole credere che quella frase sia stata messa lì per sfregio!
Quel che mi sembra interessante è contemplare però l’ipotesi che si sia potuto trattare davvero di una svista, davvero di ignoranza, come quell’ignoranza attestata dai concorrenti del programma di Conti: anche loro in fondo “non sapevano”…
E forse quest’ipotesi sarebbe ancor peggiore della prima: nessun odio, nessun intento aggressivo, nessun pensiero antisemita, semplicemente, appunto, nessun pensiero….
Si dirà, infatti, come si fa a “non sapere”? Forse, per riprendere Hannah Arendt, potrebbe essere più appropriato parlare del venir meno di una capacità di pensare in senso critico e consapevole.
Il Giorno della Memoria: la banalità del male
Scrive la Arendt a proposito delle menzogne politiche che i nazisti costruirono e divulgarono, prima ancora che ai prigionieri ebrei, all’intera popolazione tedesca: “…ad Eichman bastava ricordare il passato per sentirsi sicuro di non star mentendo e di non ingannare sé stesso, e questo perché lui e il mondo in cui aveva vissuto erano stati, un tempo, in perfetta armonia.
E quella società tedesca di ottanta milioni di persone si era protetta dalla realtà e dai fatti esattamente con gli stessi mezzi e con gli stessi trucchi, con le stesse menzogne e la stessa stupidità che ora si erano radicate nella mentalità di Eichmann” (La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, trad, it. Feltrinelli, Milano, pp.59-60).
I dati, i simboli, i luoghi e gli episodi relativi all’Olocausto e alla seconda guerra mondiale sono ormai lontani, nel tempo, da noi.
Sembrano troppo spesso diventare immagini e parole vuote, strumentalizzabili per i fini più disparati (che sia offendere una squadra avversaria, partecipare a un quiz televisivo o quant’altro) senza che siano realmente in grado di attivare un pensiero nella mente di chi le utilizza, di risvegliare la coscienza del loro reale significato.
Il Giorno della Memoria: pensare il ricordo
L’ignoranza, la svista, la provocazione potrebbero derivare anche da questa assenza di pensiero, non solo dall’adesione deliberata a franchi ideali razzisti o antisemiti.
E se fosse così ci sarebbe davvero da preoccuparsi, di persone in grado di commettere mostruosità perché mosse da ideologie folli ce ne possono essere forse poche.
Ma le persone che potrebbero commettere altrettante mostruosità solo perché passive, incapaci di pensare al reale significato di quanto stanno facendo… beh potrebbero essere molte, moltissime, potenzialmente ognuno di noi se abdichiamo ad esercitare la nostra consapevolezza e il nostro pensiero critico sugli eventi e sui nostri comportamenti.
A questo sembra necessario oggi il Giorno della Memoria: a tener vivi non solo il ricordo, quanto la possibilità di riflettere, formulare un pensiero su quel ricordo prima che diventi una fotografia appesa nello spogliatoio di uno stadio sportivo…
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