Violenza sulle donne e immagini: le campagne shock sono efficaci?
Donne che urlano, chiedono aiuto, si riparano con le braccia o esibiscono lividi. Il ricorso a scene di violenza non è il metodo migliore per sensibilizzare l’opinione pubblica.
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E’ forse l’immagine in assoluto più comune: una donna alza le braccia e tenta di ripararsi dal suo aggressore; altre volte campagne e movimenti contro la violenza sulle donne utilizzano immagini ancora più esplicite mostrando lividi o altri segni fisici di maltrattamento. Ma non è con la violenza che si combatte la violenza; le rappresentazioni sociali delle differenze di genere stentano ad unire parità di diritti con rispetto e valorizzazione delle differenze.
Inefficacia delle immagini shock sulla violenza sulle donne
Il fatto che gran parte delle campagne contro la violenza sulle donne esponga immagini che richiamano più o meno esplicitamente a scene di violenza non necessariamente costituisce un valore aggiunto per il messaggio che si cerca di veicolare. Il ricorso ad immagini shock si è infatti dimostrato inefficace già in altre campagne di sensibilizzazione come quelle sulle conseguenze del fumo di sigarette (Leshner, G., Bolls, P. e Wise, K., Motivated Processing of Fear Appeal and Disgust Images in Televised Anti-Tobacco Ads, Journal of Media Psychology , 2011, 23, 2, pp.77–89) dell’obesità o degli incidenti stradali (Giannini, A.M., Sgalla, R., Giovani e legalità, 2011, Il Mulino, Bologna). Immagini shock o di violenza esplicita possono rivelarsi paradossalmente inefficaci per diversi motivi: possono indurre un effetto rimuovente portando a rifiutare difensivamente l’intero messaggio; possono indurre assuefazione e abituazione; possono rivelarsi eticamente scorrette verso i parenti delle stesse vittime (pensiamo a quanti figli assistono alle violenze in casa).
Violenza sulle donne e modelli culturali
La prevenzione di fenomeni come quello della violenza sulle donne attraverso campagne di sensibilizzazione rivolte al grande pubblico dovrebbe mirare ad incidere soprattutto su quelli che sono gli atteggiamenti e le rappresentazioni sociali sugli stereotipi e le differenze di genere perché è lì che nascono le matrici culturali all’interno delle quali si inscrivono tratti e fattori psicopatologici individuali e relazionali.
Le immagini dei giovani sulla violenza di genere
Una ricerca svolta nel 2009 dall’Università di Parma (Rappresentazioni di genere e violenza privata: Una ricerca-intervento nella Provincia di Parma, 2009) sulle rappresentazioni sociali delle differenze e della violenza di genere fra gli adolescenti offre un’immagine di quanto ancora oggi fra giovani e giovanissimi siano diffusi modelli culturali che da un lato riducono il fenomeno di violenza di genere a determinanti psicopatologiche intraindividuali senza connetterlo alle determinanti relazionali del rapporto di coppia stesso e, più in generale, psicosociali. Dall’altro quanto ancora siano forti concezioni stereotipali che pongono una sostanziale asimmetria fra uomo e donna fondata su ruoli sociali e familiari stereotipali e disparità di forza fisica associando, per questo, la violenza ad una connaturata disparità di forza e dominio dell’uomo sulla donna.
Dare voce ai giovani rendendoli protagonisti e attivi costruttori, invece che fruitori passivi, di modelli culturali che siano nuovi è forse la metodologia più efficace; le immagini contro la violenza sulle donne è a loro che dovrebbero rivolgersi parlando non di sopraffazione o di paura, ma di coraggio, rispetto e valorizzazione delle differenze.
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