Il gesto del padre: il taglio del cordone ombelicale

Il padre è, insomma, colui che col suo modo di esserci inserisce l'elemento del “differente” nella diade madre-bambino, aiutando il figlio a diversificare le sensazioni, i sentimenti, le immagini, le voci. Lo induce a prestare attenzione ai cambiamenti, a desiderarli e a non considerarli minacciosi (Oliverio Ferraris, Sarti, Conti, 2001).

A differenza di quanto si pensi un neonato percepisce presto la presenza del padre, differenziandolo  dalla madre, il piccolo avverte infatti che il “non-mamma” ha un odore naturale diverso, lo tiene tra le braccia in modo differente, ha una voce dai toni più gravi, ha mani più grandi, un corpo più compatto e una presa diversa nel sostenerlo.

Tali percezioni permettono il verificarsi di una"triangolazione precoce che introduce un terzo, un non-mamma" (Brazelton, 1991, p.79) e sono favorite se tra padre e figlio c’è fin dall’inizio un incontro sul piano fisico importante, perché è questa la via di comunicazione preminente nelle prime settimane e mesi di vita. Il padre è, insomma, colui che col suo modo di esserci inserisce l'elemento del “differente” nella diade madre-bambino, aiutando il figlio a diversificare le sensazioni, i sentimenti, le immagini, le voci. Lo induce a prestare attenzione ai cambiamenti, a desiderarli e a non considerarli minacciosi (Oliverio Ferraris, Sarti, Conti, 2001).

Il papà moderno, perciò, si trasforma in una figura integratrice ed equilibratrice del rapporto affettivo tra madre e figlio.  Nella madre, infatti, spesso è presente un desiderio di “non crescita” del figlio, una sorta di cordone ombelicale metaforico: il padre, invece, ha il compito di tagliare questo particolare legame, sanare la violenza della separazione dalla madre e accompagnare poi gradualmente il bambino verso l’autonomia.

In psicologia infatti, la madre viene spesso associata al concetto di attaccamento (la mamma porta il bambino in grembo, allatta e trascorre più tempo col neonato), mentre il padre a quello di autonomia (il papà è più proiettato verso l’esterno della famiglia, trascorre meno tempo in casa). L'essenza naturale della paternità allora sembra essere quello di svolgere un garante dell'ex-sistere, dell'uscire fuori, "del separarsi del nascere dalla madre, che catalizza su di sè tutte le profonde emozioni scatenate da questo passaggio che dal concepimento, alla nascita, all'Edipo, all'adolescenza e al passaggio alla vita adulta, segna i progressivi distacchi dal grembo materno" (Montesanti, Sollai, 2000, p. 8).

Svolgendo un ruolo di sostegno al di fuori della simbiosi madre-figlio, il padre allo stesso tempo offre alla compagna la possibilità di vivere pienamente ed in modo sano la regressione necessaria al suo stato, svolgendo per lei quelle stesse funzioni di contenimento e reverie che quest’ultima svolge nei confronti del neonato e le offre un aggancio alla realtà, facendo da "contenitore" a sua volta. In altre parole il papà incoraggia il figlio ad affrontare le tappe fondamentali che piano piano lo porteranno verso la conquista della propria autonomia e alla costruzione di un modello interno di attaccamento sicuro (Lis, Zennaro, 1998). 

 

I primi passi, le prime parole, l’addio al ciuccio e al pannolino: sono momenti in cui la presenza del padre è importantissima, sia per infondere fiducia nel bambino spronandolo a mettere alla prova le proprie capacità, sia per sostenere la madre, aiutandola ad affrontare i dubbi e le paure derivanti dall’idea che il piccolo sta diventando grande (Oliverio Ferraris, Sarti, Conti, 2001). 

Si devono consentire spazi di indipendenza al figlio, fino a metterlo nella condizione in cui ha acquisito tutte quelle competenze che rendano gradualmente la presenza dei genitori sempre meno indispensabile. In altre parole questo porta un inevitabile benessere al bambino che sentirà nella coppia dei genitori una "base sicura" da cui partire per poter diventare autonomo e fiducioso nello scoprire il mondo.