La fragilità del mediatore

La mediazione familiare quale luogo in cui ri-mediare alle emozioni che hanno tracimato dal vaso della cura dell'Altro.

La fragilità del mediatore

In un precedente articolo ("La funzione dell'amore nella mediazione familiare") abbiamo accennato alla necessità di introdurre il discorso sull'amore nel setting della mediazione familiare quale indispensabile viatico al successo della mediazione stessa, sottolineando al contempo come questa sia pratica assai desueta e come il mediatore prediliga la strada più rassicurante di una negoziazione che vorrebbe mantenersi il più possibile estranea da emozioni e sentimenti.

 

Ogni forma di rimozione o, addirittura, di censura che il mediatore compie quando si astiene dal promuovere e sollecitare il discorso sull'amore nel setting di mediazione familiare, denuncia, a mio avviso, più che la pericolosità dell'argomento, la fragilità del mediatore.

 

Per meglio dire: è la fragilità delle parti, prese dal loro conflitto gorgogliante di rancori, fremente di odi, che consiglia di non proferire l'argomento amore? O è la fragilità del mediatore, il suo sentirsi in pericolo quando le emozioni cominciano a circolare nel suo piccolo studio e mettono a soqquadro le sue inutili certezze, mandano a carte e quarantotto i suoi insensati protocolli?

 

Non voglio fare di tutta l'erba un fascio, ma per una parte ancora troppo rilevante di mediatori, vale proprio la seconda risposta, e la paura di gestire le emozioni, esorcizzata estromettendo il discorso sull'amore, porta alla conseguente fuga dalle emozioni.

 

Senza emozioni, tuttavia, non si può mediare o, peggio, l'unica cosa che si riesce a ri-mediare è, bene che vada, uno sterile e, va da sé, fragile accordo, destinato a frantumarsi al primo ostacolo non previsto.

 

Mediare significa, invece, soprattutto ri-mediare a quelle emozioni che hanno tracimato dal vaso del rispetto e della cura dell'Altro, trovando nuovi accordi a quei sentimenti, prima ancora che a qualsiasi contrattazione.

 

L'unico modo per uscire dal dolore e dai risentimenti per il perduto amor, è proprio quello di smascherare (narrare, rinarrare) le emozioni distruttive, aiutando le parti a ritessere il mantello delle emozioni costruttive, facendo perno sull'amore (dei figli, ad esempio, ma non solo) affinché rimetta insieme i pezzi sparsi di una storia che comunque è destinata a continuare.

 

E' da queste emozioni che spesso sfugge il mediatore, denunciando una fragilità che non può essere superata semplicemente deresponsabilizzandosi e demandando ad altri (psicologi e affini) la loro gestione, perché è proprio di queste emozioni che, invece, una buona mediazione si deve farsi carico e non per sottoporle all'interpretazione di qualsivoglia teoria psicoqualcosa, ma proprio per mediarle andando fino in fondo al suo mandato.