Intelligenza emotiva e sport da combattimento
L’intelligenza emotiva gioca un ruolo fondamentale nella prestazione agonistica soprattutto negli sport da combattimento. Altro che forza fisica: a quanto pare anche nel pugilato parte tutto dalla testa!
L’immagine stereotipata del pugile è un po’ quella di un atleta tutto muscoli che sferra cazzotti limitando la sua performance ad una prova fisica di forza e di resistenza.
Probabilmente sembrerà controintuitivo pensare agli sport da combattimento come a prestazioni che coinvolgono soprattutto la mente eppure è proprio così. Anzi è soprattutto l’intelligenza emotiva a rappresentare uno degli “assi nella manica” di questi atleti.
Riconoscere le emozioni in sé stessi e negli altri e saperle utilizzare per gestire l’incontro con l’avversario è un aspetto fondamentale per il successo dei campioni di boxe e di altri sport da combattimento.
L’intelligenza emotiva nello sport
Che la mente svolga un ruolo fondamentale per quegli sport da combattimento derivati dalle arti marziali probabilmente è storia nota. Siamo abituati a pensare a discipline come il Tai Chi, l’Aikdo o altre come ad un percorso di allenamento mentale e spirituale che solo secondariamente si riflette nella prestazione fisica.
Ma altri sport come la boxe occupano solitamente le classifiche meno “elevate” nell’immaginario collettivo come se, in qualche modo, rappresentassero solo delle prove di forza e resistenza fisica.
Eppure non è solo questione di muscoli, almeno per i pugili professionisti saper decodificare e utilizzare le emozioni in sé stessi e negli altri rappresenta una risorsa importantissima per la propria performance.
L’intelligenza emotiva è infatti indispensabile a questi atleti, come in molti altri sport, per regolare il proprio livello di arousal, comprendere lo stato mentale dell’avversario e autoregolare il proprio.
L’intelligenza emotiva negli sport da combattimento
Uno degli studi più interessanti sul ruolo della regolazione emotiva e gli sport da combattimento porta la firma proprio di Mayer che con Salovay e Caruso ha contribuito a mettere a punto e definire il costrutto di intelligenza emotiva.
Si tratta della capacità di leggere e decodificare gli stati mentali propri e altrui e di saperli utilizzare come guida per il pensiero e il comportamento (Mayer, J.D., Salovey, P. & Caruso, D.R. ,2008. Emotional intelligence: New ability or eclectic traits. American Psychologist, 6, 6, 503-517).
Lo stesso Mayer ha poi individuato alcuni aspetti dell’intelligenza emotiva correlati alla prestazione agonistica negli sport da combattimento fra cui:
> La capacità di valutare le proprie emozioni e di modularle per regolare il proprio livello di arousal;
> La capacità di decodificare le emozioni altrui per comprendere lo stato emotivo dell’avversario e prevederne le mosse;
> La capacità di mascherare consapevolmente le proprie emozioni per non renderle note all’avversario.
Le emozioni, dunque, rappresentano una componente ineliminabile da qualsiasi sport; negli sport da combattimento possono rappresentare un ulteriore elemento di vulnerabilità o una risorsa se le si utilizza per autoregolare il proprio comportamento e il proprio livello di attivazione psicofisiologica.
Intelligenza emotiva e prestazione agonistica
Uno studio di Szabo e Urban (2014) rileva d’altra parte come, fra chi pratica sport da combattimento come la boxe, siano soprattutto gli atleti professionisti ad avere i più alti livelli di intelligenza emotiva.
A livelli agonistici, infatti, l’impatto assoluto della prestazione fisica diminuisce in favore delle componenti psicologiche: fra atleti di un certo livello le prestazioni fisiche si differenziano sempre meno, quello che può fare la differenza è dato molto anche e soprattutto dalla capacità di gestire lo stress, reggere la competizione e mantenere la concentrazione durante la gare.
Negli sport da combattimento si tratta tutto tranne che di agire un’aggressività cieca o impulsiva: saper decodificare e autoregolare le proprie emozioni consente invece di mantenere un livello di attivazione mentale ottimale per concentrarsi sulla gare senza farsi sopraffare dalla pressione; saper decodificare quello dell’avversario consente di prevederne più facilmente le mosse e di coglierne aspetti di maggior vulnerabilità.
“Il pugilato è uno sport mentale, se immaginate uno scontro per il titolo come una partita a scacchi sarete assai più vicini alla realtà che se lo paragonate ad una rissa in un vicolo.”
(Budd Schulberg)
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