L’insegnamento del problem solving nella didattica
L’inserimento del problem solving nella didattica potrebbe rappresentare un punto di forza per la scuola italiana. Ogni istituzione però promuovere un particolare stile di pensiero e quello scolastico sembra andare a discapito della divergenza. Grazie ad interessanti progetti e proposte, come le olimpiadi di problem solving, la creatività viene stimolata anche a scuola
Il problem solving è una delle cosidette skill trasversali, cioè quelle abilità che sono utili in generale nella vita e in tutte le professioni. Qual è il rapporto tra problem solving e didattica? Che tipo di forma mentis viene incoraggiato dal sistema scolastico e che rapporto ha con le life skill?
Problem solving e didattica: il ruolo degli stili di pensiero
Il problem solving è la capacità di saper risolvere i problemi in modo autonomo e creativo. Esso fa quindi riferimento alla capacità e al modo di elaborare le informazioni da parte del cervello, ma non ragioniamo tutti allo stesso modo, ognuno ha delle ‘preferenze’ cognitive. È una questione di stile o meglio di stili cognitivi. Gli stili cognitivi o stili di pensiero consistono in quell’orientamento o insieme di strategie che una persona preferisce nell’agire quotidiano. Non esistono stili migliori di altri, ma sicuramente la comprensione del proprio stile aiuta ad utilizzarlo al meglio. Gli stili di pensiero sono predittivi circa il livello di performance in compiti complessi come l’apprendimento, il decision making e il problem solving. Non tutti gli stili sono apprezzati allo stesso modo: alcune istituzioni, come ad esempio la scuola, hanno delle preferenze precise.
Come gli stili di pensiero incidono sul problem solving nella didattica
Secondo Robert Sternberg, studioso esperto dell’intelligenza, gli stili di pensiero sono definibili come modalità di governo delle informazioni. Le possibili variazioni sono molteplici: esistono 13 varianti che si combinano in modelli di pensiero unici per ciascun individuo. Gli stili variano a seconda del numero di compiti che si svolgono contemporaneamente, della capacità di essere più o meno analitici, sul grado di organizzazione e gerarchizzazione dei problemi, ecc. Secondo Sternberg non esiste uno stile migliore di altro, ma ciascuno si adatta meglio a problemi ed istituzioni specifiche. La nostra scuola è organizzata in modo tale da insegnare agli studenti la ricerca della soluzione migliore, stimolando il pensiero convergente, a discapito di coloro che sono invece più portati alla ricerca di molteplici soluzioni alternative. Ecco che questa preferenza, ovviamente porta a premiare coloro che per natura sono portati a ragionare in questo modo e viceversa. Il problem solving nella didattica quindi si inserisce ancora in modo unidimensionale senza considerare tutti gli stili di pensiero.
Olimpiadi di problem solving nella didattica
Sebbene la struttura scolastica ponga dei vincoli che sono anche organizzativi, ci sono anche delle attività che cercano di stimolare il problem solving creativo. Le olimpiadi di problem solving sono uno di questi tentativi. Si tratta di un progetto promosso dal Ministero dell’Istruzione che coinvolge le scuole dell’obbligo in una sorta di gara. Il sito del ministero definisce così le finalità del progetto:
- sfruttare le potenzialità dell’apprendimento del problem solving all’interno del ciclo della scuola dell’obbligo;
- consolidare una visione scientifica del campo dell’informatica.
Fonte immagine: Marco_Quarantotti