Ricordi olfattivi: alla ricerca dell’odore perduto

Sicuramente sarà capitato a molti di noi di sentire un odore e vedere riaffiorare alla mente ricordi associati a quell’odore e possibilmente non solo immagini ma anche emozioni “olfattive”; ma probabilmente sarà capitato anche il contrario: ricordare uno o più episodi e rammentarne anche gli odori e le emozioni associate. Olfatto e reminescenza: i ricordi olfattivi.

Ricordi olfattivi: alla ricerca dell’odore perduto

Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di «maddalena».

Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato,trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa.

(M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto, 1913)

 

Il senso della memoria: l’olfatto

Se la memoria avesse un senso si chiamerebbe olfatto. È lui infatti, il senso un po’ dimenticato nella specie umana rispetto ad altre specie animali, ad essere la via maestra per l’accesso di ricordi passati.

Un odore, un profumo appena carpito, riesce a risvegliare ad anni di distanza particolari, dettagli visivi ma anche emozioni connesse a quel profumo.

Un odore di torta, quella che cucinava mia madre; il profumo di una donna, quella di cui mi sono innamorata, l’odore del pesce, quello che si cucinava nelle vie del borgo marinaro dove andavamo in vacanza da piccoli.

Profumo e ricordo, profumo ed emozione, vividi come se fossero lì, realmente presenti, sovrapponendosi a quello che stiamo in quell’istante provando. Un viaggio nel tempo, nei ricordi apparentemente dimentichi, grazie all’olfatto che ri-apre sentieri nuovamente percorribili. Un odore che ri-materializza persone e cose, capace di rievocare a seconda dei casi la nostra gioia, la nostra tristezza, la nostra malinconia.

Come magistralmente fece capire Proust in una delle sue pagine, descrivendo un episodio dell’infanzia rievocato dall’odore di un pezzetto di «maddalena», gli odori sanno attivare la memoria episodica, ovvero quella forma di memoria a lungo termine che si fa custode dei ricordi autobiografici.

 

Come funziona la memoria autobiografica?

 

Proprietà dell’olfatto: spiegazioni biologiche

Quella parte del nostro cervello che elabora le informazioni sensoriali provenienti dal naso e che quindi ci permette di elaborare gli odori coincide, da un parte, con il sistema limbico altrimenti detto cervello viscerale, che comprende l’ippocampo e l’amigdala e, dall’altra parte, con alcune aree della neocorteccia frontale.

Le strutture del sistema limbico sono le più arcaiche, sono deputate principalmente alle emozioni, agli stati danimo, agli istinti e agli appetiti – compreso quello sessuale – e alla memoria.

Tutte queste aree cerebrali interagiscono fra loro e da questa interazione nasce la possibilità per il ricordo di avere una connotazione affettiva e mnestica.

Gli odori consentono quindi di recuperare in modo quasi ottimale i ricordi, in quanto sembrano essere più resistenti alle interferenze retroattive, ciò vuol dire che sono meno suscettibili all’oblio dato dagli apprendimenti successivi a quello iniziale.

Inoltre, a differenza di quella visiva, la memoria olfattiva archivia gli odori seguendo un principio olistico, ovvero in modo globale. E’ interessante anche notare che, a differenza di altri tipi di memorie, gli odori si apprendono in modo del tutto accidentale e involontario.

In più, la memoria olfattiva è del tutto alinguistica, tende infatti a sottrarsi alla verbalizzazione. È un compito cognitivo arduo quello di descrivere e classificare gli odori, anche quelli quotidiani, come il caffè al mattino o il pane appena sfornato.

 

Inversione di prospettiva: i ricordi possono evocare odori?

Grazie ad un team di ricercatori dell'Univerisy Collegere di Londra, sappiamo che il ricordo di un evento viene diviso nelle regioni sensoriali del cervello, come l'ippocampo e la corteccia olfattiva. 

Il neurologo Jay Gottfried e colleghi, tramite uno studio pubblicato sulla rivista "Neuron", hanno cercato di comprendere se il fenomeno sin’ora descritto possa essere anche invertito, ovvero se i ricordi siano in grado di riportare alla mente odori e dunque di attivare le aree cerebrali deputate agli odori.  

Ciò che emerge dal loro esperimento è che il cervello non raggruppa il ricordo in un unico punto, ma separa immagini, suoni e odori, distribuendole in diverse parti della memoria e nelle differenti aree cerebrali ed è possibile riattivare il ricordo anche avviando una sola di queste memorie, che come un cue può risvegliare anche le altre.

Questo modalità di immagazzinamento di ricordi, che abbiamo sviluppato nell’evoluzione della nostra specie, sicuramente ci consente di rievocare con maggiore flessibilità i nostri ricordi.

 

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