Come prendere una decisione: dalla razionalità perfetta a quella limitata
La presa di decisione è un insieme di molti processi cognitivi. I modelli psicologici che la descrivono passano dall’assunzione di una piena razionalità alla descrizione di un decisore imperfetto che affronta il problema solo da una prospettiva
Il processo decisionale è uno dei sistemi cognitivi più importanti per l’uomo e si basa sempre sulla necessità di perdere qualcosa di desiderabile. Prendere una decisione può essere interpretato come un giudizio che pone fine all’incertezza o come l’esito di un’analisi, ma in definitiva se dobbiamo effettuare una scelta tra due o più opzioni questo significa che ogni possibilità ha qualcosa che ci attrae. Ciò vuol dire che nella scelta c’è anche tanto di emotivo e che coincide sempre in parte con una rinuncia.
Prendere decisioni: i meccanismi cognitivi
Per prendere una decisione si utilizzano una serie di strategie e operazioni mentali che ci consentono di giungere ad uno stato finale. Questi processi garantiscono all’individuo la possibilità di esaminare di volta in volta la situazione di mettere in atto un comportamento flessibile e adattivo nei confronti dell’ambiente. Secondo gli psicologi si tratta di percorsi molto complessi. Sono stati ideati diversi modelli per spiegare come ciò avvenga anche se tutti si basano su degli obiettivi principali: minimizzare il conflitto emotivo, raggiungere decisioni socialmente accettabili, massimizzare i vantaggi e minimizzare lo sforzo cognitivo.
Prendere decisioni: i modelli psicologici
Se consideriamo le teorie che si sono occupate di descrivere come avvenga la presa di decisione, possiamo identificare due approcci principali:
1. Teorie normative che si fondano su un’idea di soggetto pienamente razionale
2. Teorie descrittive che identificano assiomi e criteri utilizzati effettivamente da utenti reali.
Vediamone alcune.
La teoria dell’utilità attesa
Le teorie normative sostengono che il decisore utilizzi degli assiomi razionali nel prendere una decisione. La teoria dell’utilità attesa crede che il soggetto posto in situazione di incertezza e rischio si rappresenti le alternative possibili in termini probabilistici: assegna a ciascuna un valore di buona riuscita. Questa è l’utilità attesa che il decisore razionale deve saper massimizzare, sceglie quindi l’opzione più probabile.
La teoria della razionalità limitata
La teoria della razionalità limitata (Simon) si fonda invece sulla necessità di considerare la discrepanza tra una logica perfetta e i modelli di ragionamento quotidiani. Questa differenza si basa oltre che sulla necessità di risparmiare le risorse anche sui limiti dell’attenzione e della memoria che non permetterebbero la raccolta e la ritenzione di tutte le informazioni necessarie ad un decisore razionale. Il soggetto quindi si focalizza solo su alcune possibilità e si accontenta di una soluzione sufficientemente buona.
La teoria del prospetto
Quest’ultima teoria degli anni 70 segnò una svolta (Khaneman & Twersky), poiché si propose di spiegare in che modo ci si distanzia dalla razionalità perfetta, osservando i comportamenti effettivi di scelta. Il momento fondamentale sarebbe il processo di rappresentazione mentale delle opzioni. Il frame che viene costruito è necessariamente limitato e "osservato" da una singola prospettiva; in questo modo viene influenzata la stima delle perdite e dei guadagni e quindi in ultima analisi, la scelta.
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