La formazione post-laurea
Formazione post-laurea non significa ritornare nuovamente sui banchi dell’università ma intraprendere un percorso di crescita professionale: la formazione post-laurea avviene anche lavorando. Ecco con quali strumenti
Nel più ampio capitolo della formazione post-laurea, il tirocinio formativo (altrimenti detto stage) è il periodo che permette al tirocinante di conoscere più da vicino il funzionamento di un determinato ambiente di lavoro. L’occasione è inoltre utile per fare i conti con le proprie aspirazioni professionali, oltre che per comprendere se si hanno davvero le carte in regola per svolgere in futuro una certa occupazione. Da questo punto di vista, il tirocinio formativo si configura come una sorta di orientamento on the job, un momento di valutazione che coinvolge tanto i giovani quanto le aziende. Quest’ultime, infatti, possono essere altrettanto interessate a stabilire i termini di un rapporto di lavoro, e sempre nel caso in cui il tirocinante si sia dimostrato all’altezza.
Esiste poi un terzo soggetto: l’ente promotore, che può essere ad esempio l’università, il centro per l’impiego, il comune, etc. Non si tratta semplicemente di fare da ponte tra domanda e offerta di lavoro, ma di svolgere il ruolo di garante rispetto alla possibilità, per niente remota, che il tirocinio possa ad esempio disattendere i presupposti del progetto formativo, in merito agli obiettivi, alle attività da svolgere o alla durata e agli orari. Quello sulle finalità - è evidente - rappresenta l’elemento più importante. Trasgredirlo può significare l’impiego del tirocinante in altri tipi di mansioni non in linea con quanto stabilito e, con ogni probabilità, prive del necessario apporto formativo. Infine l’aspetto economico: non trattandosi di un rapporto di lavoro, il tirocinio formativo non prevede retribuzione, al massimo un rimborso spese che viene però accordato a discrezione dell’azienda ospitante.
Formazione post-laurea: il praticantato come gavetta per diventare professionista
Sempre in tema di formazione post-laurea c’è poi il praticantato. Anche qui il periodo di formazione è on the job, se non fosse che è finalizzato all’accesso all’Esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio di una professione. Pertanto si qualifica come tirocinio obbligatorio. La sua durata varia a seconda che si tratti di avvocati, commercialisti, notai, giornalisti, psicologi, architetti, ingegneri, etc. Bisogna dunque rifarsi ai singoli Ordini professionali e tenere conto che, oltre ad apprendere gli elementi più pratici, il praticantato serve anche per acquisire i fondamenti teorici e il codice deontologico della rispettiva categoria. Per la retribuzione, il discorso non cambia: tutt’al più un rimborso spese e, comunque, sempre a discrezione del professionista che accoglie il giovane nel suo studio.
Oltre la formazione post-laurea: l’opportunità di crescita offerta dal servizio civile
Con la formazione post-laurea sembrerebbe c’entrare davvero poco, eppure il servizio civile viene scelto anche dai laureati, ansiosi di muovere i primi passi nel mondo del lavoro. In una recente intervista, il capoufficio del Servizio Civile Nazionale Leonzio Borea parla del 10% dei giovani volontari che, al termine dell’anno, riesce a tradurre questa importante occasione di crescita in un lavoro. Il SCN si rivolge ai giovani dai 18 ai 28 anni, pronti a impegnarsi in settori come l’assistenza ai disabili, il patrimonio artistico e culturale, l’ambiente, la protezione civile e l’estero. La possibilità di donare il proprio aiuto agli altri, infatti, può estendersi anche al di fuori dei confini nazionali, e con un rimborso spese maggiorato (per via dei costi di trasferta, di vitto e alloggio) rispetto all’indennità mensile di 433 euro guadagnati dal volontario in Italia per un minimo di 30 ore settimanali. Il prossimo bando, atteso per il 15 di settembre, prevede l’assegnazione di 20 mila posti.
(30 giugno 2011)
Fonte immagine: cjnzja