Due regole per essere maggiormente efficaci

La forza delle 7 regole sta nella loro interdipendenza, nella connessione che esiste tra loro e sebbene esse siano sequenziali migliorare in una di esse aumenta la capacità di vivere le altre. Di queste 7 regole ne evidenzio così o due che trovo di utile approfondimento ed applicabili in qualsiasi momento e contesto di riferimento:

La regola n. 1 : SII PROATTIVO
La regola n.5 : PRIMA CERCA DI CAPIRE...POI DI FARTI CAPIRE

Due regole per essere maggiormente efficaci

Due regole per essere maggiormente efficaci

Recentemente ho ripercorso parte della letteratura che negli ultimi anni ha maggiormente influenzato i miei argomenti formativi, alcune mie convinzioni sui processi di cambiamento e miei approcci come life e executive coaching. Mi sono soffermato su un famoso formatore ed esperto di Leadership (scomparso recentemente lasciando un vuoto personale e clulturale non da poco) che ha influenzato la vita di milioni di persone: Stephen Covey.

Ho ripercorso una sintesi delle sue sette regole riportate nel suo best seller : “Le sette regole per avere successo” (The seven habits of highly effective people).

In questo libro Covey definisce che le regole sono come l'incrocio tra: la conoscenza, la capacità e il desiderio.

Tre aspetti fondamentali da sviluppare se si vuole creare una regola, declinando :

la conoscenza in cosa fare e perché,

la capacità nel come fare,

il desiderio nel voler fare.

La forza delle 7 regole sta nella loro interdipendenza, nella connessione che esiste tra loro e sebbene esse siano sequenziali migliorare in una di esse aumenta la capacità di vivere le altre.

Di queste 7 regole ne evidenzio così o due che trovo di utile approfondimento ed applicabili in qualsiasi momento e contesto di riferimento.

La regola n. 1 : SII PROATTIVO

La regola n.5 : PRIMA CERCA DI CAPIRE...POI DI FARTI CAPIRE

 

Regola n.1

L'Essere proattivi secondo Covey è essenzialmente l'essere responsabili; operando come una sorta di programmatore che fonda sull'immaginazione, sulla coscienza, sulla volontà autonoma e sull'autoconsapevolezza il suo agire.

Essere proattivi significa riconoscere ed essere responsabili delle proprie scelte, basandole su principi e valori piuttosto che su umori e situazioni contingenti.

Le persone proattive sono influenzate da stimoli esterni (fisici, sociali e psicologici) e la loro risposta a tali stimoli si basa su un valore, ed è questa la molla che li spinge nel prendere iniziativa.

Sono persone che adottano un comportamento in funzione di decisioni, scelte consapevoli, con la conseguente capacità di subordinare impulsi a valori scelti ed interiorizzati.

Si tratta di tre valori cardini che sono in grado di creare una linea guida comportamentale:

il valore esperienziale (quel che ci succede)

il valore creativo (quel che creiamo nella nostra vita)

il valore attitudinale (come rispondiamo a quanto ci accade nella vita)

L'approccio proattivo è incentrato sull'essere e utilizza il paradigma che stabilisce che per avere effetto un cambiamento deve prima avvenire all'interno per poi passare all'esterno.

Essere diverso per effettuare un concreto e positivo cambio all'esterno, dall'interiorità per trasformare la realtà esterna (quello che Covey definisce il paradigma dell 'INSIDE-OUT).

La sfera d'influenza è l'azione che scaturisce da questo paradigma che richiede una messa a fuoco sul proprio essere prima di richiedere che questa messa a fuoco venga fatta sul mondo al di “fuori” del nostro.

La sfera d'influenza è una tipica capacità della Leadership; ed è una sfera operativa che consiste nella capacità di prendere impegni, di fare promesse e di mantenerli entrambi.

Questa capacità è la più chiara manifestazione della proattività , ed è l'essenza della nostra crescita interiore diventando un potente strumento all'interno di ogni processo conflittuale.

Attraverso questa risorsa costruiamo una coerenza interiore che ci infonde la consapevolezza dell'autocontrollo, il coraggio di accettare le responsabilità della nostra vita, la forza di carattere per procedere in modo equlibrato verso una costante e maggiore efficacia, quello che il nostro autore definisce essere una parte del “continuum della maturità”.

L'approfondimento che rende questa esplorazione davvero interessante è la contrapposizione che evidenzia l'essere PROATTIVI e l'essere REATTIVI., dando la possibilità di scegliere come poter essere.

 

Essere reattivi

Se il concetto di responsabilità nella persona proattiva è una competenza indispensabile per ottenere il meglio per sé e per gli altri Covey definisce una persona, o un comportamento, reattivo come una modalità che “assolve “ la persona da ogni responsabilità, quella che dichiara di non essere in grado di scegliere la propria reazione. utilizzando un paradigma deterministico.

Il comportamento si muove quindi in funzione delle condizioni in cui si vive:; è un prodotto casuale di situazioni frutto di sensazioni.

I soggetti reattivi costruiscono la loro vita emotiva intorno al comportamento degli altri, sono spinti dai sentimenti, dalle circostanze, dall'ambiente sociale e dal “tempo sociale”.

Il linguaggio dei soggetti reattivi li assolve da ogni responsabilità e diventa quello che viene crudamente definito come una “predizione che tende ad autorealizzarsi”.

La loro sfera d'azione si sposta da quella d'influenza alla sfera di coinvolgimento dove tutti gli sforzi vengono focalizzati su elementi su cui non possono esercitare un vero controllo e questo genera l'esacerbarsi del loro senso di frustrazione e d'impotenza.

La natura della loro energia è negativa e produce una contrazione, una diminuzione della loro sfera d'influenza.

Se nel mondo proattivo l'approccio è basato sull'essere in quello reattivo è incentrato sull'”avere” è il paradigma diventa “Outside in”: quello che è all'esterno deve cambiare prima che noi possiamo cambiare.

Possono sembrare sfumature ma in realtà sono sostanziali differenze attitudinali che modificano il nostro fare e sopratutto il nostro essere è possono cambiare il corso di tante situazioni e sopratutto il nostro modo di viverle.

La seconda regola di Covey che voglio collegare alla prima con cui chiuderò l'argomento è la 5 regola.

 

Regola n.5 prima cerca di capire e poi ti farti capire

Per me che svolgo professione di coach e che ho fatto dell'ascolto, della relazione e della comunicazione, la triade formativa di riferimento è una regola che mi sta particolarmente a cuore.

È la regola alla base della comunicazione empatica:

l'efficacia di tale comunicazione si ottiene solo dall'equilibrio e dall'integrazione fra:

  • il prendere in considerazione chi si ha davanti

  • il farsi coraggio per cercare di farsi capire

 

Prima cerca di capire...

implica un radicale cambio d paradigma che necessità uno sforzo per evitare:

Ascoltare con l'intenzione di rispondere

Filtrare qualsiasi cosa attraverso i propri paradigmi

Leggere la propria autobiografia nella vita altrui

Cercare prima di capire in ambiente medico equivale a diagnosticare prima di prescrivere.

Significa in pratica fare precedere il comprendere riservando la propria opinione alla fine.

Questo è l'anima dell'ascolto empatico: un ascolto che si muove con l'intento di capire e comprendere prima d'ogni altra cosa.

Poterlo fare con efficacia significa entrare nel quadro di riferimento dell'altra persona osservando il mondo in cui gli altri lo osservano per capire i paradigmi altrui.

L'essenza dell'ascolto empatico è comprendere l'altro da due fondamentali punti vista :

quello intellettuale (capire cosa pensa), quello emotivo (capire cosa prova).

In genere nella prassi d'ascolto il recettore che è maggiormente attivo è stimolato da ciò che verbalmente sentiamo anche se nel frattempo si adottano quattro distinti livelli d'ascolto:

  1. ignorare, non ascoltare veramente

  2. fingere

  3. ascolto selettivo, solo una certa parte della conversazione

  4. ascolto attento

Quello empatico di fatto è una forma superiore di ascolto, si pone al livello più alto rispetto ai quattro livelli cui siamo soliti “ascoltare”.

Ci costringe ad abbandonare il paradigma centrato sull'ascolto autobiografico che tende a dare risposte basate sulla valutazione dell'essere d'accordo o in disaccordo.

Quello che si basa sulla propria storia per capire quella degli altri utilizza nel comunicare interrogativi posti in modalità inquisitoria, (piuttosto che domande d'esplorazione aperte), che nascono dal proprio modo di vedere le cose e fornisce consigli basati esclusivamente sulle proprie esperienze.

Il risultato finale è una chiusura e le energie si dispiegano nelle spiegare le motivazioni e il comportamento altrui basandole sulle proprie motivazioni e comportamenti. (frutto d'interpretazione)

L'ascolto empatico è una capacità che come tutte l nostre altre risorse può essere migliorata e potenziata per rendere sempre più efficace la nostra interazione.

Covey qui fornisce quattro possibili stadi di sviluppo dell'ascolto empatico:

  1. Imitare il contenuto.

    È la capacità dell'”ascolto attivo”, induce ad ascoltare quanto viene detto e ripeterlo

  2. Riformulare il contenuto.

    Riformulare quanto viiene dette con parole proprie. È uno stadio ancora limitato alla comunicazione verbale.

  3. Riflettere un sentimento.

    Prestare attenzione a come si sente, agli stati d'animo di colui che parla, rispetto a ciò che si sta dicendo

  4. Riformulare il contenuto e riflettere un sentimento.

    Aiutare l'altro a elaborare i suoi sentimenti e pensieri

(Sono passi da compiere e da approfondire presenti come esperienze e come tecniche sia nel coaching che in diverse forme di psicoterapia, in particolare quella che oggi viene definita “terapia breve strategica”)

La fase finale di questo processo che è pienamente involucrato nell'ascolto, nella relazione e nella comunicazione è quello del..."poi cercare di farsi capire”

Occorre presentare le proprie idee in modo contestualizzato, ossia in una profonda comprensione dei paradigmi e degli interessi degli altri sino a giungere a comprendere veramente e profondamente gli altri

Quasi in una sorta di paradosso occorre capire se di fatto l'altro sia nella sua propria sfera d'influenza, e se stia agendo per modificare cose che sono sotto il suo controllo.

In realtà la nostra vera influenza ,la capacità di convincere, inizia quando gi altri percepiscono che siete influenzati da loro, che li avete ascoltato sinceramente, attentamente e che in ultima analisi siete aperti alle loro idee.

Ritenersi influenzabili dilata lo spazio per una possibile fuoriscita da un conflitto, e una nuova opportunità di interazione e collaborazione.

Ci sposta dal terreno minato del ”giusto e sbagliato “, di quello spinoso del “torto e ragione”, per entrare in una dimensione di sinergia che contiene un livello alto di fiducia e di cooperazione, ingredienti entrambi indispensabili per approdare in ogni caso su terreni più salutari di quelli conflittuali.