L’ascolto attivo per gestire i conflitti: vogliono la guerra? E guerra non sia
L’assemblea di condominio, un divorzio, le manifestazioni, i conflitti sociali, i litigi sull’autobus… sono tutti casi in cui spesso si ha a che fare con una comunicazione distorta. La logica del “muro contro muro” segue uno schema comunicativo (quasi) fisso e via via che il conflitto si cronicizza l’obiettivo originario, trovare un accordo che soddisfi tutti gli interessi in campo, è schiacciato da un altro obiettivo: “salvare la faccia”. L’arte dell’ascolto attivo per gestire i conflitti permette di stabilire una comunicazione efficace e far trovare un accordo su regole condivise, vediamo in che modo.
Il giudice saggio, una volta ascoltate attentamente le motivazioni del primo litigante, commenta: “Hai ragione”, poi, sentito anche il secondo, anche a lui dichiara: “Hai ragione”. Si alza uno del pubblico: “Ma eccellenza, non possono avere ragione entrambi!”. Il giudice ci pensa sopra un attimo e poi, serafico: “Hai ragione anche tu!”. Come spiega perfettamente questo aneddoto di Gregory Bateson, tutti hanno delle ragioni: il problema è accordarsi su regole condivise ed efficaci per farle emergere, e l’ascolto attivo per gestire i conflitti sembra essere l’arma vincente.
L’ascolto attivo per gestire i conflitti: e lo scenario cambia!
Un contesto ampio di cui siamo parte è la cultura occidentale, governata da un’idea di fondo: azione e reazione. Questa logica si traduce in gesti e comportamenti automatizzati attraverso cui ciascuno di noi ripropone – senza accorgersene – ricorrenti “scenari di comunicazione”. Cosa sono questi ultimi? Sono le cornici all’interno delle quali avviene l’atto comunicativo, sono la griglia di lettura del “ring” che le persone costruiscono insieme, in cui il contenuto della disputa tra le parti è secondario rispetto alla relazione. Per esempio, se uno scenario configurato è “fammi da nemico”, ogni azione tesa a ferire l’altro è una collaborazione a tenere vivo quel sistema. Se uno mi dà intenzionalmente un pugno, sta proponendo uno scenario del tipo: “Sii antagonista”. L’unico modo dunque per non collaborare è quello di proporre uno scenario diverso in cui l’interlocutore può avere un’altra dignità e altre scelte.
Prescindere dalla “logica” in cui agisce l’altro è caratteristica essenziale dell’ascolto attivo per gestire i conflitti e la comunicazione in maniera efficace e creativa. Come nel judo, non offro al mio aggressore punti di appoggio per continuare la lotta, ma rispondo con una mossa contro-intuitiva, l’ascolto attivo appunto, che costringe l’altro ad uscire dalla precedente cornice e ad inventare soluzioni inedite, di mutuo gradimento.
L’ascolto attivo per gestire i conflitti: rilassati e prendi tempo
E’ chiaro che lasciare spazio ad un interlocutore che ci attacca non è facile, né spontaneo; ecco allora alcuni consigli:
- non prendersela personalmente: di fronte ad un attacco, rilassiamoci. Pensiamo a quanto fa bene all’altro sfogare tutta quell’acredine, le sue urla sono come dei tentativi maldestri di dirci qual è il suo problema, la sua aggressività come una debolezza;
- imparare a prendere tempo: è sempre possibile non dire niente, contare fino a 10 o fino a 100. Non offriamo al nostro interlocutore nessuna resistenza su cui far leva e col nostro silenzio lo aiuteremo a riacquistare la calma;
- usare molto la parafrasi: “provo a vedere se ho capito bene cosa mi stai dicendo …”, ripetere quello che si capisce, dal loro punto di vista, è efficace perché se siamo in grado di presentare il loro caso meglio di loro, quando poi ne mostreremo le debolezze, le accoglieranno meglio;
- ricorrere alla “tecnica del tenente Colombo”: ossia apparire leggermente ottusi, in che modo? Chiedendo chiarificazioni all’interlocutore (per esempio “Chiedo scusa, non ho ancora capito …”). In questo modo si fanno calare le difese dell’interlocutore;
- rimandare la risposta ad un altro momento;
- infine, ma non per ultimo, dare importanza alle emozioni dell’interlocutore: legittimare la sua posizione, non decidere cosa è importante e cosa marginale.
Insomma, utilizzare l’ascolto attivo per gestire i conflitti vuol dire non cercare di tenere sotto controllo il comportamento dell’interlocutore, ma il nostro. Prendiamoci tempo.
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