Come cambiare la propria vita e realizzare i propri sogni
Credere in se stessi, motivarsi, cambiare le proprie convizioni, puntare verso i propri sogni, può cambiarci la vita. Lo conferma la Scienza!
Nel prosieguo della lettura sono citati alcuni esperimenti scientifici e i loro risultati, ma espressi in maniera il più semplice possibile. Anche se non apparirà subito chiara la correlazione del titolo dell’articolo con gli esperimenti stessi, non datevi per vinti e completate la lettura, soltanto alla fine si comprenderà una possibile strada su “Come cambiare la propria vita e realizzare i propri sogni”.
L’etere
Gli scienziati hanno analizzato la quantità di materia visibile presente nell’universo, è ipotizzabile che soltanto il 10% rispetto al totale esistente sia consistente. Di primo acchito sembra strano quindi che il restante 90% occupi uno spazio corrispondente al vuoto. Gli scienziati, comunque, definiscono questo spazio etere. È probabile dunque ipotizzare che l’etere, vista la sua estensione, abbia una qualsiasi funzione all’interno dell’esistente, del mondo. Durante il XVII secolo Isaac Newton usava la parola etere per riferirsi ad una sostanza invisibile che permeava l’intero universo, ritenendola responsabile della gravità e delle sensazioni corporee. Soltanto nel XIX secolo J. Maxwell descrisse in maniera più scientifica l’etere come una “sostanza materiale di tipo più sottile rispetto ai corpi visibili, che si suppone esista nelle aree di spazio che appaiono vuoti”. Nei primi del Novecento Lorentz, premio Nobel per la fisica, affermò: “non posso fare a meno di considerare l’etere, che può essere sede di un campo elettromagnetico con la sua energia le sue vibrazioni, come dotato di un certo grado di consistenza, quantunque diversa possa essere da quella della comune materia”. Lo stesso A. Einstein riteneva: lo spazio senza etere è impensabile. Nel dettaglio affermava: “in un siffatto spazio, senza etere, non solo non potrebbe venire la diffusione della luce ma non sarebbe nemmeno possibile l’esistenza di standard riferiti allo spazio e al tempo”.
Un esperimento per provare l’esistenza dell’etere è stato effettuato nel 1887 da Albert Michelson e Edward Morley. L’ipotesi di partenza era che l’etere esiste realmente come entità a se stante e che il movimento della terra attraverso lo spazio avrebbe dovuto creare un movimento analogo nello stesso. I due scienziati ipotizzarono che sarebbe stato possibile evidenziare il movimento dell’etere e, dunque la sua esistenza, attraverso un esperimento, ovvero sparando contemporaneamente due elettroni in direzioni opposte, fissando dei rilevatori alla medesima distanza in uno spazio lineare e misurando il tempo di percorrenza. Il risultato sarebbe dovuto essere che uno degli elettroni, quello che si muoveva nella direzione dell’etere, sarebbe dovuto arrivare prima dell’altro, così come accade per le navi che viaggiano a favore di corrente. L’esperimento fu condotto ma l’esito non avvalorava la tesi sull’esistenza dell’etere, questo non significava però che l’etere non esistesse e un’ulteriore interpretazione del risultato sarebbe potuto essere che non si fosse colto il movimento dello stesso. Nel 1986 la rivista Nature ha pubblicato una ricerca dal titolo: “relatività speciale”, condotto per conto dell’aviazione degli Usa da E. W. Silvertooth. Durante questo esperimento si riutilizzò l’ipotesi delle teorie dei primi due sperimentatori ma essendo trascorsi più di 100 anni si utilizzarono strumenti molto più sensibili alle misurazioni ed in effetti i rilevamenti effettuati in questo nuovo esperimento confermarono l’ipotesi di partenza, ovvero che dei due fotoni sparati uno raggiungeva prima dell’altro la destinazione proprio perché a favore di etere.
A questo punto è lecito chiedersi: a cosa serve l’etere? Senza dubbio poiché l’etere rappresenta il 90% dell’esistente non visibile ha sicuramente una sua utilità, una sua funzione. Vedremo più avanti che l’etere permette la comunicazione tra le parti di materia visibile, ma la domanda successiva è: come viaggiano le informazione attraverso esso? Un’altra considerazione fondamentale che sorge da questo discorso è che l’etere avvolgendo tutto l’esistente in un certo qual modo ci tiene in comunicazione con tutto l’esistente perché tutto ciò che esiste è immerso nella medesima sostanza che qualora risultasse conduttrice di qualsiasi forma di energia ci permetterebbe di affermare che tutto è in relazione con tutto di una forma di visione panica cara ai filosofi greci.
Pensiero rivoluzionario
Nel 1997 sono stati divulgati alcuni risultati scientifici riguardanti un esperimento di fisica quantistica condotto presso l’Università di Ginevra. Quest’ultimo consisteva nel dividere un fotone in due singoli come se fossero gemelli, in seguito sono poi stati sparati in direzioni opposte attraverso i cavi in fibra ottica per decine di kilometri. Tale distanza per un fotone è veramente tanto se pensiamo a quanto possa essere grande, possiamo quindi parlare di spazio tendente all’ infinito. All’interno del percorso in un determinato punto simmetrico e equidistante rispetto al tratto opposto ad entrambi era posta una deviazione che il fotone poteva scegliere in maniera totalmente indipendente, ebbene i due fotoni sceglievano sempre lo stesso percorso in maniera simmetrica. Da questo esperimento appare come se i fotoni fossero collegati e avessero la possibilità di scambiarsi l’informazione su quale percorso scegliere e la condividessero. Tra gli esperimenti sconvolgenti da annoverare vi è quello dell’influenza del DNA umano sui fotoni condotto da Poponin e Garaiev. Per concretizzare questo esperimento è stato realizzato quello che si definisce il vuoto all’interno di un contenitore, nel medesimo sono stati inseriti dei fotoni che si sono disposti in maniera casuale. In un secondo tempo è stato inserito del DNA umano, a questo punto la distribuzione dei fotoni è variata. Annotate le caratteristiche della variazione è stato rimosso il DNA dal contenitore lasciando soltanto gli elettroni. Ebbene, pur avendo rimosso la materia organica, i fotoni sono rimasti disposti nello stesso modo in cui lo erano quando nel contenitore vi era il DNA. Il risultato dell’esperimento evidenzia come in un certo qual modo il “campo” all’interno del contenitore è stato modificato dal materiale organico, ma dobbiamo ricordare che all’interno del contenitore non vi era nulla se non vuoto, DNA, fotoni… di cosa è allora composto questo campo invisibile? Cos’è?
In una ulteriore ricerca pubblicata nel 1993 sul periodico Advances l’esercito americano afferma di aver condotto degli esperimenti per trovare il legame tra emozione e di DNA. A tal proposito è stato isolato tramite dei tamponi del Dna prelevato dalla lingua di un soldato, quest’ultimo è stato messo in una stanza nella quale erano progettati filmati video registrati con immagini di forte impatto emotivo: vi erano scene erotiche, di guerra, comiche. In un’altra stanza nello stesso edificio era stato portato il suo Dna ed esaminato tramite apparecchi che ne misuravano le variazioni elettriche, mentre contemporaneamente dall’altra parte il soldato visionavi i film. L’esperimento ha mostrato che il DNA produceva scariche elettriche o quantomeno vi erano delle alterazioni dello stesso in concomitanza delle variazioni emotive del soggetto che guardava il film nell’altra stanza. Tale risultato fa pensare che il DNA è come se fosse ancora collegato con il corpo del soldato cui apparteneva, cosa che invece non è assolutamente vera. Sono stati condotti altri esperimenti dello stesso tipo tenendo anche il DNA a diversi kilometri di distanza e il risultato non è cambiato. Questi risultati non fanno altro che confermare il fatto che ci sia qualcosa nello spazio che permetta la comunicazione tra due parti/soggetti che, seppure lontani fisicamente, essendo stati in contatto, anzi in questo caso essendo un tutt’uno, mantengono allo stesso modo una relazione al di fuori dello spazio.
Tra il 1992 e il 1995 l’Institute of HeartMath attraverso delle indagini scientifiche ha evidenziato come il pensiero umano e le emozioni modificassero quantità di DNA posto in un baker e, a seconda del tipo di focalizzazione del pensiero stesso, cambiava anche la tipologia di mutazione del DNA. Il fisico Max Planck nel XXI secolo affermava: “avendo dedicato tutta la mia vita alla scienza più lucida, lo studio della materia, posso affermare questo sui risultati della mia ricerca sulla materia in quanto tale non esiste tutta la materia ha origine di esiste solo in virtù di una forza che fa vibrare le particelle atomiche che insieme quel minuscolo sistema solare che è l’atomo… dobbiamo presumere che dietro questa forza esiste una mente cosciente e intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia.
Tra gli esperimenti più sconvolgenti, anche se quelli appena citati a mio avviso già lo sono, vi è quello condotto nel 1909 da G. I. Taylor che è stato denominato “della doppia fenditura”. Durante questa sperimentazione viene sparato un elettrone in uno spazio in cui vi è una fenditura e oltre la fenditura vi sono dei rilevatori che verificano lo stato d’arrivo del fotone. In questa prima tipologia di esperimento si parla dell’elettrone come un corpuscolo (oggetto) che attraversa un “foro”, giusto per semplificare la spiegazione. E’ stato effettuato il medesimo esperimento ponendo due fenditure anziché una. Il buon senso ci dice che l’elettrone avrebbe dovuto attraversare una delle due e giungere sui rilevatori come accaduto nel primo esperimento, invece, ciò non è accaduto. L’elettrone, pur essendo partito in condizioni di corpuscolo, si è comportato come un’onda e ha attraversato contemporaneamente le due fenditure, ma la particolarità sta nel fatto che l’elettrone non poteva sapere che vi fossero due fenditure. Ogniqualvolta questo esperimento viene condotto il risultato è sempre lo stesso. Guardando dall’esterno all’esperimento, gli unici a conoscere il fatto che le fenditure fossero due erano gli scienziati (osservatori), si è portati naturalmente a pensare che in un certo qual modo sia stato l’osservatore a modificare lo stato della materia e il risultato dell’esperimento.
Esistono tre teorie che cercano di spiegare scientificamente il fenomeno, le riassumo:
1. Interpretazione di Copenhagen
2. Interpretazione degli universi paralleli
3. Ipotesi Penrose
1. L’interpretazione di Copenhagen è stata sviluppata da N. Bohr e W. Heisenberg nel 1927. Secondo i due scienziati tutte le ipotesi quantistiche su un evento esistono tutte in forma caotica, ovvero tutto è possibile nelle sue infinite manifestazioni, ma nel momento in cui interviene l’osservatore con il suo focalizzarsi sul fenomeno lo rende attivo, reale, lo trasforma da probabile a certo, come nell’esperimento della doppia fenditura. Se pensiamo anche al principio di indeterminazione di Heisenberg... lo stesso afferma che non si possono conoscere contemporaneamente velocità e posizione di un elettrone in un atomo, se riflettiamo in effetti i due elementi sono due realtà quantistiche diverse e l’attenzione dell’osservatore può rendere reale una soltanto, a seconda di quella su cui si focalizza.
2. L’interpretazione degli universi paralleli è stata formulata nel 1957 all’Università di Princeton da Hugh Everett III. Lo scienziato ha affermato che tutte le possibilità quantistiche esistono e accadono ciascuna in un universo diverso, ma l’osservatore segue una sola linea temporale, un solo universo, quindi può solo saltare da uno all’altro, ma non può vivere contemporaneamente in due distinti. Così facendo, come nella prima interpretazione, è l’osservatore che rende possibile il fenomeno. In entrambe le teorie è tenuta fuori la legge di gravità, ovvero l’esistenza del fenomeno in senso materiale, mentre si è sempre parlato di energia, per completezza teoretica cercare di avere un’interpretazione che unisca materia ed energia così come postulato da Einstein fornirebbe una lettura più completa.
3. L’ipotesi di Penrose ha cercato di fare proprio questo. Lo scienziato ha esposto la propria idea in questi termini: la materia (l’elettrone che si comporta come onda e l’elettrone che si comporta come corpuscolo) esiste e crea gravità attorno a sé. Affinché il campo gravitazionale e l’esistenza stessa siano mantenuti sono necessari grandi energie che tengano vive una o l’altra ipotesi, non possono coesistere entrambe. Nel momento in cui l’osservatore focalizza l’attenzione su una piuttosto che sull’altra, la prima prende forma e diventa reale ed è proprio quella che ha bisogno di minor energia per esistere, mentre la seconda collassa.
Dalla lettura di questo excursus fra diversi esperimenti di fisica quantistica sono emerse due cose importantissime:
1. È l’uomo che in quanto osservatore crea la realtà, diventa quindi “partecipatore”.
2. Che ciò che l’uomo crede e le convinzioni che possiede trasformano la realtà.
Questo binomio è ciò che restituisce la divinità, l’Eden all’uomo. Alla luce di questi dati comprendiamo come qualsiasi metodo (scientifico e non) che lavori sulle convinzioni dell’uomo, sulle sue credenze, possa essere uno strumento d’aiuto e di trasformazione. Dalla psicologia, all’astrologia, alla PNL, alla religione, ecc… Se queste discipline vengono utilizzate con lo scopo di lavorare su questi piani possono davvero trasformare la vita e la realtà di ognuno di noi. Per quanto concerne gli esperimenti citati si può fare riferimento all’esaustivo volume di Gregg Braden – La Matrix Divina – Macro Edizioni 2007