Apprendimento e memoria nella storia della psicologia
Apprendimento e memoria sono processi cognitivi fondamentali e interconnessi. La psicologia se ne è interessata fin dai suoi inizi, indagandone caratteristiche e funzionamento. Vediamo come li concepiscono tre dei più famosi paradigmi psicologici: associazionismo, comportamentismo e cognitivismo
L’apprendimento e la memoria sono tra i meccanismi cognitivi più studiati in psicologia generale e storicamente hanno un passato ‘sperimentale’ più solido e longevo. In entrambi i casi, la ritenzione e la gestione delle informazioni costituiscono dei passaggi fondamentali: ecco perché i più importanti paradigmi e scuole psicologiche le hanno trattate spesso in forma congiunta.
Apprendimento e memoria secondo l’associazionismo
Hermann Ebbinghaus, massimo esponente dell’associazionismo, decise di dedicarsi ai meccanismi della memoria attraverso una serie di rigorosi esercizi di ritenzione e recupero di gruppi di sillabe senza senso.
Le prove utilizzate erano quelle di riapprendimento: a distanza di tempo si impara la stessa sequenza di simboli e la memoria viene ‘misurata’ attraverso il risparmio di tempo che si ha durante la seconda sessione. Ebbinghaus arrivò ad alcune conclusioni sul funzionamento della memoria:
- la ripetizione ha un effetto positivo sulla memoria fino a una certa soglia;
- la memoria dei dati appresi tende a decrescere in modo marcato nelle prime ore; i dati che restano in memoria dopo un primo periodo diventano tenaci e resistenti;
- la suddivisione del materiale da ricordare in gruppi meno numerosi facilita il processo;
- la memoria ritiene più facilmente le prime e le ultime parole di una lista, mentre il ricordo degli elementi centrali è più disturbato.
Apprendimento e memoria secondo il comportamentismo
Il comportamentismo si interessò in modo particolare ai meccanismi dell’apprendimento, associandovi una concezione specifica della memoria.
l condizionamento classico è uno dei contributi più preziosi di questo paradigma, secondo il quale esistono dei comportamenti innati che possono essere associati a stimoli nuovi attraverso una serie di associazioni ripetute.
Lo schema di Pavlov venne poi ripreso da Walter Skinner che con il suo condizionamento operante sottolineò il ruolo dei rinforzi positivi e negativi nell’apprendimento di comportamenti nuovi.
Albert Bandura segna una svolta studiando l’apprendimento per imitazione che richiede capacità ulteriori da quelle finora segnalate: attenzione selettiva, ritenzione dell’informazione ed esecuzione ritardata.
In questo momento il ruolo della memoria nell’apprendimento diventa centrale, anche se l’immagine è quella di un magazzino di informazioni che vengono codificate, stoccate e poi recuperate attraverso rievocazione o riconoscimento.
Apprendimento e memoria secondo il cognitivismo
Con il cognitivismo l’immagine della memoria cambia e diventa un insieme di sottosistemi che gestisce informazioni diverse (percezioni sensoriali, stimoli, episodi, informazioni,ecc.) e che le manipola/elabora prima di organizzarle e ritenerle in modo ordinato.
Questa nuova immagine sottende la convinzione (centrale nel cognitivismo) che l’essere umano agisca in modo attivo nell’elaborazione della realtà che lo circonda. In questo senso anche gli schemi del condizionamento risultano eccessivamente poveri e con la memoria, anche l’apprendimento diventa un meccanismo più articolato. Secondo George Miller, l’apprendimento è una versione più raffinata del generale meccanismo di elaborazione della realtà, detta unità TOTE:
- Test: verifica che l’ambiente sia in linea con i propri obiettivi;
- Operate: modifica dell’ambiente affinchè sia adeguato ai propri scopi;
- Test: confronto dei risultati con le aspettative;
- Exit: se il risultato è soddisfacente si termina l’operazione altrimenti si ritorna ad Operate.
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