Mariti violenti: la relazione nella violenza domestica
Le donne maltrattate ancora non denunciano le violenze di cui sono vittime. Il vero problema non sono le strutture mancanti, ma le vie di fuga da una relazione che induce dipendenza e abbatte l’autostima
I mariti violenti sono la princiale causa della violenza domestica: secondo uno studio dell’ISTAT questo fenomeno è ancora molto diffuso e interessa nella maggior parte dei casi le mogli.
L’indagine segnala che 6 milioni e 743mila donne avrebbero subito almeno una volta una qualche forma di violenza nel corso della vita. Purtroppo nonostante oggi si parli molto di più di queste realtà, non aumenta il numero delle denunce.
Queste difficoltà sono legate alla relazione con i mariti violenti che segnano la psiche delle vittime, a volte in modo irreparabile.
Il circolo della relazione violenta
L’inizio della relazione violenta coincide con una brutta sorpresa. Il partner all’inizio di presenta come un vero e proprio principe azzurro, premuroso e affettuoso.
Gli episodi violenti cominciano in un momento imprecisato: poco dopo la conoscenza, dopo la nascita di un figlio, ma anche a molti anni di distanza dal matrimonio. Da un punto di vista relazionale a poco a poco si crea il ‘circolo della violenza’: dopo ogni episodio il marito violento si scusa e segue un nuovo momento romantico fino al successivo scoppio.
La situazione evolve con un aumento della frequenza e dell’intensità degli scoppi d’ira e si viene a creare un clima di tensione e di isolamento. Il marito violento non sente più il bisogno di mascherarsi e incolpa la donna delle proprie reazioni come se fosse lei a costringerlo a comportarsi in quel modo.
Le caratteristiche della relazione violenta
La relazione con il marito violento ha le seguenti caratteristiche:
1) Isolamento: l’abusante diventa l’unica figura di riferimento per la vittima. Inizialmente è lui a privare la compagna della rete sociale, ma può subentrare l’autoisolamento per timore del giudizio altrui.
2) Imprevedibilità: gli episodi di violenza si susseguono senza regolarità generando nelle donne un senso di impotenza appresa, perché non sono in grado di gestire la situazione ed evitare gli scoppi d’ira del compagno.
3) Accuse: l’abusante accusa la partner di essere responsabile di quanto le accade.
4) Umiliazioni: il partner umilia la vittima creando in lei la convinzione che nessun altro uomo potrà desiderarla.
5) Minacce: le vittime vivono in uno stato di paura anticipatoria di non riuscire a sopravvivere alla successiva aggressione.
Le donne e i mariti violenti
Le vittime di questa relazione vivono in costante clima di paura per sé e per i figli. La prima reazione è quella di adottare un comportamento passivo per evitare di peggiorare la situazione: mentalmente cercano di eliminare tutte le possibili fonti di litigio. La scelta di lasciare il partner è molto difficile.
Ciò deriva in parte dal lavoro psicologico dell’abusante che distrugge l’autostima della persona che finisce col credere di potercela fare da sola e quindi preferisce restare in una situazione nota sebbene difficile. Finché la donna non prende atto che il comportamento del compagno non è imputabile a se stessa, è difficile svincolarsi da un legame che rasenta la dipendenza.
Se la situazione perdura a lungo, le conseguenze negative di questa situazione si possono avvertire anche dopo la rottura definitiva, con il sopraggiungere di sintomi da stress post-traumatico.