Tristezza e depressione
Tristezza e depressione non sono affatto la stessa cosa benché nel linguaggio comune vengano spesso usati come sinonimi; la prima è una normale risposta emotiva, innata e comune a tutti gli individui della specie umana che costituisce, per questo, una risorsa adattiva per l’individuo. La depressione è invece un disturbo psicologico che blocca l’energia vitale della persona e le impedisce di entrare efficacemente in contatto con i propri bisogni e col mondo esterno
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A capire la differenza fra tristezza e depressione possono aiutarci innumerevoli contributi della psicologia, ne citiamo in particolare tre, ovvero le posizioni di Freud e Jung e la prospettiva cognitivo-evoluzionistica di Michael Lewis.
Tristezza e depressione: emozioni innate e psicopatologia
Secondo Michael Lewis (Il sé a nudo. Alle origini della vergogna, 1995) esistono alcune emozioni di base innate che fanno parte fin dal primo momento del repertorio emotivo, espressivo e comportamentale del neonato perché funzionali a richiamare le attenzioni e le cure del caregiver e, quindi, alla sopravvivenza. Queste sono felicità, tristezza, sorpresa, rabbia, paura, disgusto e interesse. La tristezza costituisce quindi una risposta innata e fisiologicamente normale a stadi di privazione o perdita e che, se all’inizio della vita, serve a segnalare agli altri e a sé stessi che qualcosa di essenziale manca al proprio benessere, in fasi successive, se usata con consapevolezza, può rivelarsi una preziosa risorsa. Tristezza e depressione non sono quindi affatto sovrapponibili.
La tristezza, afferma sempre Lewis, è una delle emozioni che portano la persona a rivolgersi verso l’interno di sé, in un atteggiamento mentale che con Jung potremmo definire introvertito perché rivolto alla propria interiorità e al contatto con i propri reali bisogni. Anche Freud osserva che tristezza e depressione non sono sovrapponibili poiché la prima, a differenza della seconda, è connessa alla perdita e al lutto ed è un normale e adattivo stato emotivo transitorio, reattivo ad un evento e non implicante disistima e svalutazione di sé.
Tristezza e depressione: la reazione agli eventi
Vari autori sostengono che tristezza e depressione possono sfociare l’una nell’altra nel momento in cui la persona si trovi a dover affrontare situazioni di abbandono o di umiliazione profonde e ripetute nel tempo allorché le normali e adattive risposte emotive, come la normale tristezza, non sono più sufficienti a proteggere l’integrità della propria psiche poiché ci si sente psicologicamente minacciati nella propria esistenza e non si percepiscono strumenti per affrontare tale minaccia. Tristezza e depressione distinguono allora, rispettivamente, la prima una reazione normale e temporanea, la seconda un’abnorme generalizzazione di un tono depresso dell’umore associato ad altre sintomatologie che porta gradualmente la persona a perdere un contatto autentico con se stessa e con la realtà: apatia, indifferenza e disperazione rivelano quanto non si sia in grado di ristabilire la propria connessione con l’esistenza.
Tristezza e depressione in artisti e poeti
Tristezza e depressione sono state più volte indicate come muse ispiratrici di artisti e poeti, in realtà la depressione come psicopatologia più spesso sottrae energie creative all’individuo che invece può efficacemente attingervi proprio accettando ed elaborando, attraverso l’espressione artistica, i propri stati di tristezza mettendoli in musica, versi o pittura che, saranno apprezzati dal pubblico perché consonanti con stati emotivi, appunto, universali.
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Fonte immagine: BetterThanYourLuckystar