Beata ignoranza! È veramente così?

Vivere ignoranti e felici si può… anzi si deve! Questa la tesi di un professore dell’Australian National University. L’ignoranza è veramente la chiave per la felicità?

Beata ignoranza! È veramente così?

Michael Smithson, professore della Research School of Psychology dell’Australian National University propone una tesi decisamente anticonformista: meno sappiamo su noi stessi e quello che avverrà nella nostra vita e più saremmo creativamente aperti all’esperienza e liberi di vivere secondo il nostro più alto potenziale.

L’ignoranza sembrerebbe dunque la chiave della felicità. Ma sarà proprio così?

 

Ignoranza vuol dire felicità?

Meno sai meglio vivrai dice il professor Smithson alludendo, in buona sostanza, al fatto che ricercare un numero sempre maggiore di informazioni su noi stessi e la nostra vita potrebbe creare una sorta di effetto paradosso: diventare un ostacolo invece che un aiuto al vivere bene.

La tesi del professore sostiene che, questa continua corsa a sapere sempre di più, non farebbe altro che imbrigliarci nell’attesa di un futuro sempre più preorganizzato e predeterminato annichilendo la nostra capacità creativa che proviene solo dal confrontarci con l’ignoto.

Una tesi che vorrebbe rivalutare il ruolo dell’ignoranza nella felicità sovvertendo quei giudizi sociali stereotipati che denigrano l’ignoranza nelle persone anche se, afferma Smithson, degli effetti negativi possono comunque esserci, basti pensare a fenomeni sociali come il razzismo.

Ma intanto il professore lancia sul web il corso il online gratuito "Ignorance!": per aiutare a riscoprire l’ignoranza che è in ognuno di noi!

 

L’ignoranza di Socrate…

Che dire, decisamente il professor Smithson non può definirsi un socratico, chi più sa, sa che non sa diceva il filosofo greco sottolineando come, al contrario, aumentando il nostro sapere aumentino gli aspetti che possiamo cogliere della realtà e i punti di vista da cui possiamo essere in grado di osservarla interrogandoci sempre di più su di essa. In sostanza Smithson sembra proporre un’ignoranza che proviene dal non sapere, Socrate un’ignoranza che si nutre del sapere e dell’acquisizione di conoscenza.

Chi ha ragione dei due? Beh, non fosse altro che per criterio di “anzianità” ci sentiamo di strizzare un occhio di simpatia in più a Socrate e a guardare alle tesi di Smithson con qualche perplessità. Tuttavia, anche se in modo provocatorio, il professore sollecita alcune questioni interessanti da ricordare.

 

L’ignoranza della scienza moderna

Di ignoranza non ce n’è una sola, perché, ad esempio, un conto è l’ignoranza letteralmente intesa nel senso di chi di un qualche cosa non ne sa nulla e non ha quindi categorie mentali per comprenderne il senso; un’altra cosa è, socraticamente parlando, l’ignoranza che deriva dall’acquisizione di conoscenza: più conosciamo e più siamo in grado di contemplare altri livelli di realtà di fronte ai quali possiamo avere ancora tanto da scoprire.

Pensate, per rimanere in tema, proprio agli antichi greci che osservavano le costellazioni assegnando significati relativi alle divinità da loro venerate: l’antropomorfizzazione dei fenomeni naturali, il ricondurli al capriccio o alla benevolenza di qualche dio o dea forniva una spiegazione di senso compiuto di fronte alla quale rimanevano poche domande.

Pensate invece a quanto oggi la scienza astronomica conosce del cielo e delle stelle e a quante domande ancora non si sappia dare completamente risposta (i buchi neri, gli universi paralleli etc), domande che né a Socrate né ad alcun uomo del suo tempo potevano mai venire in mente, semplicemente non avevano le conoscenze per porsi simili interrogativi!

 

L’ignoranza fa o non fa la felicità?

È’ vero dunque, che il nostro sapere contiene sempre una certa dose di ignoranza ed è bene che sia così, guai se usassimo le teorie scientifiche, che altro non sono che una modellizzazione della realtà, scambiandole per la realtà in sé, pensando di conoscere tutto di essa.

La scienza, in ogni campo del sapere, deve far nascere sempre nuovi interrogativi, la curiosità può e deve nutrirsi del sapere, se questo è utilizzato al meglio sarà la strada anche per la felicità.

 

Ma allora: come essere felici?