Gestione emozioni e autocontrollo
Nell’ambito della crescita personale il tema della gestione delle emozioni ricopre un ruolo centrale. Questo perché da sempre l’essere umano cerca di migliorarsi per vivere meglio ed in maniera più soddisfacente. Tuttavia non sempre ci riesce, anzi a volte le soluzioni che si mettono in atto possono complicare le cose
Nell’ambito della crescita personale il tema della gestione delle emozioni ricopre un ruolo centrale. Questo perché da sempre l’essere umano cerca di migliorarsi per vivere meglio ed in maniera più soddisfacente. Tuttavia non sempre ci riesce, anzi a volte le soluzioni che si mettono in atto possono complicare le cose. Descriverò in questo articolo alcune considerazioni generali che possono dare una mano per districarsi in questo campo.
Le persone tentano in vari modi di gestire le proprie emozioni: un modo frequentemente utilizzato, ma certamente sbagliato, è quello di non riconoscerle, ed agire unicamente sotto i dettami della razionalità. Non voglio con questo annunciare delle soluzioni “irrazionali”, ma mettere in guardia dalla tentazione di voler vivere la propria vita “a metà” non utilizzando appieno o peggio ancora ignorando le enormi risorse che provengono dal nostro mondo emozionale.
Il modo stesso con cui intendiamo la parola autocontrollo può dare adito a fraintendimenti ed essere fuorviante. Frasi del tipo: "esprimersi autenticamente", “essere nel flusso”, “essere centrati” si avvicinano maggiormente all’idea che voglio esprimere. Succede a volte che per perseguire l'autocontrollo si cerchi rigidamente di tenere duro e di non mollare la presa, quasi come se questo potesse far crollare la sensazione di sicurezza, illusoria direi. È chiaro che prima o poi questo atteggiamento porta all’esaurimento delle energie e ad una bella mole di stress.
Certamente raggiungere il totale autocontrollo è desiderabile, ma è il modo in cui si mette in pratica questa intenzione che fa la differenza. Faccio alcuni esempi per spiegarmi meglio. Pensiamo a una persona che sta guidando una macchina la quale improvvisamente slitta sul ghiaccio: istintivamente sarà portata a controsterzare con l'intenzione di rimettersi in carreggiata, ma facendo questo perderà invece il controllo della macchina perché sterzare di scatto favorisce la direzione centrifuga e la fuoriuscita dalla carreggiata.
Emozioni, sentimenti e stati d'animo: quali sono le differenze?
Il trucco consisterà nell’assecondare inizialmente la sbandata per poi recuperare piano la traiettoria desiderata. A questo punto se la velocità non è eccessiva potrà riuscirci! Questo per dire che a volte le soluzioni (giuste?) sembrano paradossali. In realtà è paradossale continuare ad usare sistemi che non funzionano! Ognuno può mentalmente fare riferimento a situazioni simili nella propria vita che hanno a che fare con la gestione delle emozioni. A proposto di autocontrollo tutti noi possiamo decidere qualche volta consapevolmente di perdere il controllo.
Ad esempio posso arrabbiarmi perché ho deciso che una certa situazione non mi sta più bene e decido di sfogarmi per far valere finalmente le mie ragioni. Sappiamo che ci sono modi migliori di altri per fare questo (vedi l’esercizio “come fare una critica” che dimostro nel videocorso Autostima e Assertività”). Oppure nella peggiore delle ipotesi possiamo rivalutare in alcune situazioni il detto romanesco “quanno ce vò, ce vò!” ( quando ci vuole, ci vuole! ).
Avere il controllo della mia vita può anche voler dire decidere di perdere deliberatamente il controllo per uno spazio di tempo determinato. Per fortuna nella maggior parte dei casi le cose fluiscono naturalmente senza troppi calcoli, ma è noto come all'inizio gli apprendimenti passano attraverso la consapevolezza razionale.
Se pensiamo per esempio a quando abbiamo imparato a guidare la macchina, all'inizio dell'apprendimento cercavamo di controllare con fatica ogni nostro minimo movimento, ma questo creava inevitabilmente un certo impaccio e una certa rigidità nella guida, fino a quando l'apprendimento non si è consolidato ad un livello inconsapevole. A questo punto finalmente i nostri movimenti hanno potuto divenire fluidi e spontanei.
Qualcosa del genere accade quando, pur avendo già una certa abilità, ma “auto appresa” in maniera non proprio ortodossa, si voglia perfezionare prendendo delle lezioni da un maestro, (prendere delle lezioni di tennis ad esempio). Nella fase iniziale del “ri-apprendimento” è necessario ri-prestare un’attenzione cosciente a qualcosa che era divenuto ormai naturale, e questo ritorno alla "competenza conscia" corrisponde in genere ad un peggioramento delle prestazioni.
Questo avviene perché la Mente Cosciente non è in grado di tenere sotto controllo la complessa e rapida successione di movimenti che comporta una certa abilità ed è quasi sempre necessario acquisire certe abilità ad un livello inconscio, per non doverci più prestare attenzione cosciente. Questo comporta (il possedere) da parte dell’Io cosciente la capacità e la volontà di “farsi da parte” e “lasciar accadere” le cose, unita alla fiducia di avere dentro di sé tutte le risorse necessarie per svolgere un certo compito correttamente.
Rispetto a questo concetto, ho trovato illuminante il testo di Tim Gallway’s "The inner game of tennis” a cui rimando per un approfondimento gli appassionati tennisti.
Sappiamo bene che la capacità di fidarsi delle proprie risorse inconsce viene messa a dura prova quando la posta in palio è significativa dal punto si vista emotivo. È allora che subentra la voglia di controllare! Questo però quasi invariabilmente introduce uno squilibrio nel meccanismo automatico e qualcosa si inceppa.
Gli sportivi lo sperimentano tutte le volte che non riescono ad essere fluidi nei movimenti, vuoi per stanchezza, vuoi per voglia di strafare, vuoi per “ansia da prestazione”. Ciò si verifica in alcuni momenti esemplari noti in ambito sportivo quali: il calcio di rigore nelle partite di calcio; il tiro a canestro in un momento topico della partita o i punti decisivi nel tennis. Per alcune persone l’esigenza di “avere il controllo” si giustifica razionalmente con l’esigenza di stabilità e di sicurezza, esse guardano pertanto con un po' di sospetto le emozioni perché percepite come de-stabilizzatrici e fonte di ansia piuttosto che come fonte di piacere e coinvolgimento.
La soluzione? Imparare a fidarsi del proprio inconscio e bilanciare con equilibrio razionalità ed emotività. Se paragoniamo la razionalità al fantino e l’emotività al cavallo, in una personalità integrata un fantino in armonia con il suo cavallo fa cose che nessuno dei due separatamente potrebbe fare separatamente.
Credo che un vero equilibrio corrisponda, in una personalità sana, all’integrazione di parti diverse. Il mio augurio è quello di considerare la crescita personale come una magnifica occasione per imparare a vivere meglio e perché no, essere felici, senza dimenticare di essere tolleranti nei confronti della naturale imperfezione umana e di godersi il percorso!
Elvino Miali, psicoterapeuta a Padova e a Mestre
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